venerdì 25 febbraio 2022

Una chiacchierata con... Evert Geradts

Oggi vi propongo una chiacchierata che ho avuto occasione di fare assieme al prolifico autore olandese Evert Geradts, fumettista da sempre e sceneggiatore di storie Disney da quarant’anni, a proposito della sua carriera (che si estende da oltre mezzo secolo), del suo rapporto con il medium e dei suoi progetti futuri.
 
SC: Simone Cavazzuti
EG: Evert Geradts
 
SC: Quando hai capito di voler diventare un cartoonist e quali sono stati i tuoi primi passi in questo mondo?
 
EG: A quanto pare, è iniziata all’asilo. Ho ancora un piccolo quaderno di bozzetti risalente a quel periodo, contenente miei disegni drammatici di bombe atomiche che piovono su persone amichevoli come Babbo Natale (era appena dopo la Seconda Guerra Mondiale, quindi le persone erano impressionate e spaventate mortalmente dalle bombe atomiche).
 
In ogni scuola che ho frequentato successivamente, ero conosciuto come il ragazzo a cui piaceva disegnare e/o che era bravo a farlo. Ho provato a cercare lavoro come cartoonist persino durante il college, ma non possedevo ancora uno stile o una visione personale, così, come capitava a molti altri ragazzi che amavano i fumetti, nessuno mi assunse. Ho quindi studiato fisica e matematica, dato che sembrava una buona scommessa sul futuro. Solo che non lo era, perché mi avrebbe condotto a una carriera come insegnante di fisica e chimica, e scoprii di non essere portato per insegnare, non avendo alcuna idea di disciplina o autorità. Ho passato alcuni anni a insegnare in una scuola femminile in cui le ragazze avevano quasi la mia età ed è stato il periodo più brutto della mia vita.
 
Dall’altro lato, svolgere professioni “normali” (come fece Carl Barks) mi ha aiutato molto a inventare storie, successivamente nella mia carriera.
 
Ho mosso i miei primi passi importanti nel mondo dei fumetti alla fine degli anni Sessanta e nei primi Settanta, sulle pagine del settimanale olandese Hitweek (successivamente chiamato Aloha), un progetto dell’artista del collettivo Fluxus Willem de Ridder. Lì, ho trovato il mio stile e le mie tematiche. Successivamente, con altri artisti della stessa rivista, abbiamo creato il fumetto underground Tante Leny e siamo diventati un movimento di avanguardia serio nel fumetto olandese.

De Diertjes, fumetto d'esordio di Geradts, pubblicato sul settimanale Hitweek a partire dalla fine degli anni Sessanta

SC: Hai frequentato qualche scuola artistica o di scrittura oppure ti ritieni autodidatta?
 
EG: Completamente autodidatta. Quando ero un ragazzo, negli anni Cinquanta, non esistevano scuole o accademie che insegnassero l’arte dei fumetti. Gli insegnanti accademici la consideravano una forma di arte popolare, molto al di sotto dell’arte alta che interessava a loro. Invece, leggevo molto ed ero un avido frequentatore di teatro, specialmente per vedere gli spettacoli comici. Ero affascinato dalla costruzione delle opere teatrali, come quelle inventate da Feydeau, Labiche e altri. Ovviamente, guardavo anche film comici, ma la maggior parte delle volte rimanevo deluso, tranne quando il film era basato su un’opera teatrale. Amo il teatro perché trovo che abbia molto in comune con i fumetti!
 
SCTi andrebbe di parlare del primo periodo della tua carriera all'interno di riviste underground e di come questa esperienza ha influenzato le successive? 
 
EG: In generale, questo periodo underground mi è servito come l’accademia di arte che non ho mai potuto frequentare, dal momento che non ne esistevano ancora, ed è stato lo stesso per gli altri artisti. Abbiamo lavorato assieme, ammirato i lavori gli uni degli altri, inventando una nuova forma d’arte. Il famoso Art Spiegelman lo paragona al periodo rivoluzionario dei pittori impressionisti.
 
Ho avuto la grande opportunità di incontrare molte persone interessanti e creative, come Willem De Ridder, le cui riviste hanno pubblicato i miei primi fumetti, dandomi una piattaforma per svilupparmi e crescere; Marc Smeets, che è stato un artista brillante che ha vissuto solo per la sua arte, riempiendo quaderni su quaderni di disegni, con fumetti magicamente affascinanti; Aart Clerkx, che analizzava le storie di Carl Barks, mentre io fino ad allora le avevo solamente lette e apprezzate; Joost Swarte, che aveva sviluppato un suo stile molto personale che lo ha reso poi famoso in tutto il mondo; Ever Meulen, che ci ha mostrato una maniera molto stilizzata di disegnare che scosse il nostro universo fumettistico; Peter Pontiac; Harry Buckinx…
 
E, ovviamente, amici americani, come Glenn Bray, collezionista di fumetti di Los Angeles che aveva il gusto per i fumetti più personale e sorprendente e che ha una collezione di fumetti enorme. Tra le altre sue gesta, spinse Carl Barks a iniziare i suoi dipinti di paperi. Dunque, anche a quel tempo, Carl Barks non è mai stato lontano dal mio universo!
 
In questo periodo underground, potevo fare esattamente quello che mi veniva in mente e pubblicarlo da solo, senza dover convincere redattori o editori che ciò fosse abbastanza geniale da assumersi rischi finanziari. Più tardi, lavorando per riviste per giovani, come quelle della Disney, questa libertà assoluta venne in qualche modo a mancare, solo che nel frattempo il mondo dei fumetti era cambiato e perciò c’era più libertà ovunque rispetto che in passato.

Una serie di cartoline realizzate da Geradts per la casa editrice olandese Magic Friends negli anni Settanta

Dimenticavo di dire che, in quel periodo underground, abbiamo anche scoperto per la prima volta la storia dei fumetti: venivano pubblicati libri su Little Nemo, Krazy Kat, Gasoline Alley, The Kin-der-Kids e altri. Non avevamo mai avuto modo di vedere questi lavori prima di allora ed eravamo stupiti dalla quantità di libertà artistica che era concessa ai loro artisti.

SC: Come sei finito a scrivere storie coi personaggi Disney? Si trattava di un mondo che ti era già familiare o era qualcosa di completamente nuovo per te?
 
EG: Ho un legame mistico con Paperino ed è iniziato proprio il primo giorno della mia vita, anche se ovviamente non me ne accorsi in quel momento.
 
Sono nato il 9 giugno 1943, che era, come scoprii anni e anni dopo e con mia totale sorpresa, il nono anniversario del compleanno di Paperino.
 
Come è possibile che un personaggio dei cartoni animati abbia un compleanno? In realtà, il compleanno di Paperino, come riconosciuto ufficialmente dalla Walt Disney Company, è il 9 giugno 1934, la data di distribuzione di The Wise Little Hen, primo cortometraggio in cui apparve.
 
Nel 1952, io avevo solo 9 anni, una casa editrice olandese iniziò a pubblicare il settimanale Donald Duck. Il primo numero fu distribuito gratuitamente per incuriosire tutti i ragazzini e funzionò molto bene, grazie al genio di Barks e dell’artista che realizzò le storie del Lupo Cattivo presenti in esso. Ad ogni modo, non c’era molto per intrattenere i bambini nei primi anni Cinquanta: nessuna televisione, nessun computer, nessun giro in automobile e quasi neppure alcun fumetto. Successivamente, ai tempi delle mie scuole superiori, ho comprato fumetti americani come Walt Disney's Comics and Stories e i fumetti di Walter Lantz, in modo da imparare l’inglese in maniera divertente. Quindi, ho un legame con il lavoro di Carl Barks che dura da quasi tutta la vita.

SC: Avendo a che fare con questi personaggi da decenni, e immagino sotto diverse redazioni, è cambiato il tuo approccio nello scrivere le loro storie? Stai notando (o, forse, è richiesta) una sensibilità differente nell'utilizzo di questi personaggi?

EG: Per quanto mi riguarda, relativamente ai paperi e altri personaggi Disney, ho sempre scritto quello che mi veniva in mente. Amavo l’universo dei paperi e, siccome sapevo di scrivere per bambini, raccontavo storie come le avrei raccontate a mio figlio o alle mie nipoti. Un paio di volte ho superato i limiti agli occhi dei redattori, ad esempio utilizzando personaggi che non appartenevano alla Disney (come i famosi Transformers degli anni Ottanta), oppure raffigurando zio Paperone troppo malvagio nei suoi piani economici. Ricordavo lo zio Paperone di Barks come un avaro molto meschino e senza scrupoli, ma dovetti cambiarlo. I redattori volevano che fosse un personaggio duro, ma onesto al 100%. Mi dispiacque, ma mi rimaneva ancora il Lupo Cattivo per scrivere un personaggio disonesto.  
 
Ho sempre raffinato le mie storie finché non ne fossi io stesso orgoglioso e divertito. Perciò, all’inizio, quando qualche volta i redattori richiedevano delle modifiche, facevo fatica ad accettarlo: diventavo leggermente isterico e gettavo le mie pagine in un angolo del mio spazio di lavoro; ma poi, più calmo, le cambiavo in qualche modo e spesso ho dovuto ammettere che diventavano anche un po’ migliori. Più tardi, ho dato consigli ai colleghi su come gestire le critiche e come stare calmi e felici!

Recentemente, la Disney ha introdotto qualche nuovo divieto, come fare storie con pesci in vita, e addirittura abbandonando completamente le storie con Fratel Coniglietto.

Idea per copertina del settimanale Donald Duck (inedita) realizzata da Geradts

SC: L'ultima volta che abbiamo parlato, mi hai spiegato il modo in cui vedi i personaggi Disney come maschere sempre in cambiamento, a seconda delle necessità dello sceneggiatore. Ti andrebbe di approfondire questo concetto?
 
EG: Ai tempi di Tante Leny, Aart Clerckx mi disse che per lui i fumetti erano come il teatro. All’inizio mi ci volle un po’ per assorbirlo, ma con gli anni condivido il suo punto di vista probabilmente anche più di quanto non faccia lui stesso. Aart realizza strisce di fumetti basate letteralmente su opere teatrali; ha fatto Amleto sotto forma di fumetto, mentre io sono più interessato alle cose che i due media, teatro e fumetto, hanno in comune.
 
Sono entrambi basati sul dialogo. Ad eccezione delle graphic novel, difficilmente ci sono descrizioni nei fumetti. Tutto è raccontato nei disegni e nelle nuvolette, come gli attori che parlano sul palco, di fronte a un décor. Il termine francese décor descrive tutto ciò che si trova in scena che non siano gli attori. La maggior parte delle volte nelle opere si tratterà dell’interno di una casa, ma possono anche esserci alberi finti che indicano che la scena si svolge all’aperto. Nei fumetti è lo stesso. Io preferisco disegnare i personaggi e mostrare le loro emozioni, ma deve essere sempre chiaro dove si trovano, così fornisco delle indicazioni per l’ambientazione, come una strada, il deposito di zio Paperone, una montagna, o qualsiasi altro luogo.
 
Per me, i fumetti come il Paperino di Barks ricordano molto il teatro della Commedia dell’Arte. La Commedia dell’Arte funzionava con maschere molto conosciute, come anziani avidi o sciocchi, servi astuti e non troppo onesti e/o cittadini pomposi. Gli interpreti avevano maschere sui propri volti, cosicché il pubblico potesse immediatamente riconoscere il personaggio che rappresentavano appena entravano in scena. Ciò ricorda esattamente l’universo dei paperi, dove io non devo introdurre o spiegare la personalità di Paperon de’ Paperoni, siccome tutti conoscono la sua faccia e la sua reputazione. Lo stesso per Paperino, Archimede Pitagorico, il Lupo Cattivo e molti altri.

L’idea di lavorare nella stessa forma d’arte del teatro mi ha dato una bella spinta culturale, dato che ora potevo incontrare Molière, Feydeau e Seneca!

Persino il termine “scenario” ha le sue origini nella Commedia dell’Arte, dove indicava lo sviluppo complessivo della storia, nei confini del quale gli attori avevano molta libertà di improvvisare.

Puoi immaginare la mia grande meraviglia quando, prima dell’avvento di internet, scoprii, in un’enciclopedia molto pesante e seria, che l’interprete di Arlecchino, nonché autore di una collezione di opere della Commedia dell’Arte del diciassettesimo secolo, si chiamava Evaristo Gherardi!

Ovviamente, ora credo di essere una sorta di reincarnazione spirituale o “reale” di Evaristo. È troppo bello per non essere vero.

SC: Quali sono i personaggi che preferisci utilizzare?

EG: I miei personaggi preferiti sono la famiglia dei paperi e padre e figlio Lupo e altri che non sono proprio perfetti. Perciò ho realizzato poche storie con Topolino: è fastidiosamente perfetto.

SC: Hai scritto alcune storie commemorative per eventi e anniversari, tra queste 80 is prachtig! (Geradts/Tortajada Aguilar, 2014), che mostra la sorella di Paperino, Della (anticipando, e in qualche modo prevedendo, il suo ruolo nel reboot di DuckTales). Di chi è stata l'idea di utilizzare questo personaggio che mai era apparso in versione adulta?
 
EG: È stata una mia idea. I redattori volevano una storia sul tema “Paperino ricorda” per il numero commemorativo degli ottant’anni, così scrissi una storia con Della, sperando che l’avrebbero accettata. Avevo qualche dubbio, siccome la storia utilizza il concetto einsteniano di accorciamento del tempo presente nella sua teoria della relatività, il quale poteva essere un po’ difficile per i giovani lettori. Ma, con mia sorpresa, tutti lo compresero; il che mostra come il mio pubblico fosse diventato intelligente, dopo aver letto tutte le mie storie istruttive!
 
In realtà, rileggendo la storia per intero, mi accorgo che il tema principale è “come rimanere giovani”, siccome la rivista celebrava l’ottantesimo anniversario di Paperino e noi non lo percepiamo come una persona di ottant’anni. I personaggi dei fumetti rimangono giovani a vita e lo sappiamo molto bene. Ho preso questa indicazione alla lettera come un punto di partenza e l’ho sviluppata fino alla sua logica conclusione, in cui persone normali si recano a vivere coi personaggi dei fumetti per rimanere giovani; e ciò si conclude con l’idea che rimanere giovani è di fatto possibile, e Della ne è la prova esistente.

Della porta i suoi figli a Paperino

SC: Pensi che ci sia qualche possibilità di vederla tornare in futuro (al di fuori di storie speciali o dell'universo DuckTales)?

EG: Penso che potrebbe apparire in altre storie, ma non spetta a me decidere. Io potrei ovviamente proporre una storia con lei, semmai dovessi trovare un’idea interessante.

SC: A proposito, hai anche scritto diverse pagine (Geradts/Pérez, 2017-2019) che mostrano Della e Paperino da piccoli, attualmente pubblicate in Italia su Almanacco Topolino. Da dove è venuta l'idea per questa serie?
 
EG: Erano parte di una serie annuale di 52 gag rappresentanti i paperi da bambini, che era un’idea dei redattori. Volevano che una di queste gag spiegasse l’uso delle due varianti del nome della sorella: Della e Dumbella.
 
SC: Ci sono autori o artisti con i quali negli anni hai sviluppato un rapporto di amicizia oltre che di semplice collaborazione?
 
EG: Quasi tutte le persone che conosco sono artisti, o hanno legami con il mondo dell’arte. O sono parte della famiglia. O entrambe. Oppure sono diventate come una famiglia.
 
SC: C'è qualcosa che hai scritto che, se dovessi leggere ora, diresti: “questa cosa non funziona”?
 
EG: Fammici pensare… Ci sono un paio di storie del periodo di Tante Leny che non trovo di qualità adeguata al giorno d’oggi. Ci sono altre storie che non “funzionavano”, ma che sono begli esperimenti con disegni interessanti. In generale, sono orgoglioso di ciò che ho fatto, dato che metto sempre molto tempo e attenzione nel mio lavoro. Una cosa divertente è che ho scritto così tante storie che ho dimenticato la metà di esse e probabilmente anche di più. Spesso, quando le rileggo, non ho idea di come finiranno e in genere mi fanno ridere, siccome contengono l’esatto tipo di umorismo che mi piace.
 
Una pagina di Alsjemaar Bekend Band realizzata da Geradts per la rivista olandese EPPO negli anni Ottanta

SC: Quale è il tuo consiglio ai giovani scrittori di fumetti?
 
EG: Il mio consiglio ai giovani scrittori di fumetti è: leggete molto, realizzate storie che avreste voluto leggere quando eravate bambini e insegnate anche un paio di anni in una scuola femminile. Dopo la scuola femminile, la vostra vita diventerà una splendida vacanza!
 
Il mio consiglio professionale più importante è: non spiegate mai a parole nelle vostre storie quello che potete mostrare con le immagini. Iniziate le vostre storie con una situazione interessante che renda curiosi i lettori; non iniziate mai con nuvolette piene di testo che spiegano quale sarà l’argomento della vostra storia, ma lanciatevi subito nell’azione.
 
SC: C'è qualcosa che hai scritto che invece ancora ricordi come efficace?
 
EG: La mia storia di Paperino sull’inflazione è stata lodata e usata da insegnanti di economia in Olanda (e forse anche da qualche altra parte…)
 
Una tavola dello storyboard di Een broodje aap (Geradts/Gulien, 2007)

SC: A cosa stai lavorando al momento e che progetti hai per il futuro? (Disney e non)
 
EG: L’anno scorso ho lavorato su un fumetto personale che parla della vita di un artista di storie Disney. Lo chiamo scherzosamente le mie “memorie”, ma è perlopiù inventato, o comunque spudoratamente esagerato.
 
Ho realizzato una serie di grandi e intricati disegni per mio piacere personale e ho anche iniziato a muovermi per la pubblicazione della mia biografia; quindi, con tutte queste attività, non mi annoio ancora.
 
Vignette dall'ancora inedito progetto personale di Geradts, le sue "memorie"

SC: L'attuale pandemia globale ha avuto delle ripercussioni sul tuo lavoro?
 
EG: La pandemia mi ha quasi ucciso. Prima ho avuto il Covid, che non è stato troppo serio: febbre per una settimana, poi un po’ tremolante e basta. Ma la vaccinazione obbligatoria l’anno successivo ha avuto strani effetti su di me, nelle zone del cuore e dei polmoni. Sono stato portato d’urgenza in ospedale per due volte, dove ho subito alcuni esami e trattamenti piuttosto dolorosi. Ciò era nuovo per me, siccome avevo sempre avuto una salute affidabile. Sfortunatamente, non mi ha nemmeno ispirato alcuna storia sui paperi, dal momento che i paperi non sono mai in ospedale…
 
Ad ogni modo, non c’è da preoccuparsi. Ciò è accaduto lo scorso luglio e agosto e ora mi sento di nuovo bene. Mi è servita come una vacanza dal lavoro sui paperi e mi ha dato tempo per lavorare al mio progetto personale.

Illustrazione curiosa e dettagliata, realizzata nel 2017 per progetto personale 

I © delle immagini pubblicate sono degli aventi diritto.

venerdì 11 febbraio 2022

L'albero genealogico dei paperi secondo MAROVELLI, PAOLINI E SACCOMANO (1974)

Sono finalmente riuscito a leggere una copia del saggio di Marovelli, Paolini e Saccomano intitolato Introduzione a Paperino (1974), una delle prime analisi approfondite dell'opera di Carl Barks. Ovviamente, contiene alcuni errori giustificati dal loro essere pionieri e dalla possibile difficoltà di recuperare informazioni accurate (ad esempio, considerano Cuordipietra e Rockerduck come un unico personaggio), ma allo stesso tempo fanno un ottimo lavoro, prendendo in considerazione quasi tutte le storie e i personaggi (anche minori) di Barks in profondità e da un punto di vista psicologico e sociologico. Si potrebbe sostenere che essi di fatto leggano un po' troppo tra le righe (e potrebbe essere vero perché probabilmente Barks non considerava tutte le questioni analizzate mentre scriveva le storie) e gli autori sono di ciò consapevoli (“le storie possono essere state da noi intese al di là della coscienza che Barks ne aveva realizzandole”; p. 184), ma essi riconoscono precedenti ricerche come Die Ducks (1970) di Grobian Gans o Para leer al Pato Donald (1971) di Dorfman e Mattelart, mostrando le criticità di questi testi e gli errori dovuti alle loro visioni soggettive. Per queste ragioni, trovo che gli autori italiani abbiano davvero avuto un approccio interessante e completo (ad esempio, credo si tratti dell'unica occasione in cui ho letto che il villaggio di Amelia si chiama Sulfuria, oltre che nella storia d'esordio della fattucchiera). Inoltre, hanno realizzato una mappa dettagliata di Paperopoli basandosi sui luoghi presenti nelle storie dell'autore dell'Oregon e persino un albero genealogico della famiglia dei paperi, che non ho mai visto prima d'ora online e che è la ragione per cui sto scrivendo questo post.


Come è possibile vedere, gli autori teorizzano un'origine comune, che suggerisco debba trattarsi del McTavish Duck menzionato in Paperino e il castello stregato (Lockman/DeLara, 1955), appunto antenato sia di Paperino sia di Paperone sia di Gastone; le sorelle di Paperone sono pari al primo albero di Barks (non sono sicuro che ne fossero a conoscenza, ma la connessione Matilda-Goosetave è identicamente riportata); Qui Quo e Qua vengono considerati figli di un fratello di Paperino e della cugina Anitra (primo nome italiano di Della), mantenendo quindi la parentela proposta nelle tavole domenicali e supponendo inoltre il padre dei paperini morto in ospedale in seguito all'esplosione (p. 228); non capisco bene il motivo per cui Nonna Papera sia vista dagli autori come una donna nubile e senza figli (in questo modo, viene a mancare il significato del suo nome), mostrandola invece come la sorella dei nonni di Paperino e Paperina, suggerendo così una parentela tra i due. Oltre a queste considerazioni, l'albero non è poi tanto dissimile da quello di Rosa: Clairwater (sic!) è nipote del padre di Paperino e così pure Ciccio (come nelle intenzioni originali di Barks e Rosa); gli autori prendono anche in considerazione le zie di Paperina e gli zii di Paperone (purtroppo il cugino Pistacchio si perde nel processo) e trovo questo progetto piuttosto piacevole e ragionato (lodevole il fatto che, diversamente dalla precedente interpretazione proposta da Gans, gli autori non tentino di incastrarci Cornelius Coot, il fondatore della città, del quale comunque trattano). Inoltre, suggeriscono una possibile parentela tra Paperone e Archimede: "Probabilmente egli [Archimede] è il frutto di una qualche relazione illecita di una delle sorelle o cugine di zio Paperone, dal quale di tanto in tanto è foraggiato con il pretesto di acquistare le sue invenzioni" (p. 16).

Non so se il libro sia mai stato ristampato fuori dall'Italia. Comunque, viene menzionato sulle pagine della fanzine americana The Barks Collector e, nel 2003, Donald Ault ha riferito che il dottor John Van Hook dell'Università della Florida lo stava traducendo in inglese, con il titolo provvisorio Social Phenomenology in the Comics of Carl Barks, ma nessuna ulteriore informazione è riscontrabile in rete. A ogni modo, merita sicuramente (almeno) una lettura.

© Sansoni per l’immagine pubblicata.

giovedì 13 gennaio 2022

Una chiacchierata con... Cèsar Ferioli

La nostra ultima chiacchierata risale al 2011, undici anni fa, e si era conclusa con la sua frase “irreparabile tempus fugit”. Vediamo cosa è successo nel frattempo...
 
SC: Simone Cavazzuti
CF: Cèsar Ferioli

SC: È stata per me una piacevole sorpresa trovare il tuo nome all’interno del volume collettivo Mickey All Stars, edito dalla casa editrice francese Glénat. Come è stato realizzare una tavola che si dovesse incastrare narrativamente all’interno del lavoro di altri artisti, ognuno con uno stile personale e differente? Quando hai scritto la tua gag, avevi già modo di sapere come si sarebbe sviluppata la storia o si trattava di un continuo work in progress?
 
CF: A dire il vero, l’incarico era libero. L’unica condizione era che Topolino nella prima vignetta dovesse entrare da una porta, e nell’ultima uscire per un’altra. Quel che succedesse lungo la pagina era affare nostro, e nessuno aveva modo di sapere quale fosse l’autore precedente o quello che veniva dopo (se ben ricordo), in modo che loro, nel montaggio finale, immagino che abbiano deciso l’ordine.

La tavola di Ferioli per il volume francese Mickey All Stars

SC: L’anno scorso [2020], in Francia, è stata ristampata una tua storia che non conoscevo, Twice Upon a Time (Åstrup/Ferioli, 2011) e, leggendola, mi sono davvero commosso per la sua intensità e per la riflessione su quanto un singolo istante possa effettivamente cambiare il corso della vita. Ovviamente, questo tema era già presente nel film a cui la sceneggiatrice della storia si è ispirata (Sliding Doors), ma come ti sei sentito a trasformare quel testo in disegni? Graficamente, le tavole sono suddivise in due parti quasi simmetriche che dimostrano come potrebbero andare le cose in entrambe le direzioni; quanto ti ha messo alla prova a livello creativo/artistico questo tipo di rappresentazione?
 
CF: Era una sceneggiatura di Maya Åstrup, e la ricordo bene per la sua particolarità. Conoscevo anche il film. Ricordo una certa difficoltà nel risolvere gli shot per mostrare le storie parallele, ma in complesso la storia filò liscia. Questo genere di discorsi nuovi nelle sceneggiature è sempre molto interessante. Se i fumetti sono stati sempre una fonte di contenuti per il cinema, è bello che ogni tanto ci restituiscano qualche idea innovativa.
 
Esempio di narrazione parallela in Twice Upon a Time (Åstrup/Ferioli, 2011)

SC: Al di fuori di questa storia in particolare, pensi che Donald e Daisy potrebbero mai sposarsi o preferisci immaginarli nel loro eterno limbo immutabile?
 
CF: Preferisco che il loro rapporto rimanga lo stesso. Spesso tutto crolla quando si cade nella consuetudine familiare: le storie sarebbero diverse e sempre condizionate dal legame. Il fatto che i personaggi tra di loro non abbiano dei legami ben definiti permette una più grande libertà creativa.
 
SC: Da INDUCKS, vedo che stai attualmente lavorando a una storia in cui, stando alla descrizione fornita sul sito, appare il padre di Gastone (!). Se questa informazione fosse corretta, sarebbe un’ottima notizia per chi come me si occupa di genealogia papera, trattandosi di un personaggio che (fuori dall’albero genealogico di Don Rosa) non era mai apparso in storie a fumetti prima d’ora.
 
CF: È vero, e questa storia la sto proprio inchiostrando in questi giorni. La sceneggiatura era schizzata, e ho fatto una ricerca per sapere se questo personaggio esistesse in precedenza, trovando il famoso albero genealogico creato da Don Rosa. Comunque, in questa storia, il padre di Gastone è un militare non troppo orgoglioso di suo figlio. Ho cercato di combinare il disegno di Rosa con l’idea di un sergente un po’ alla “britannica”.

Il severo padre di Gastone raffigurato da Ferioli

SC: Che rapporto hai con il personaggio di Gastone? Ricordo ancora la tua storia realizzata come tributo a Barks e non mi era sembrato troppo simpatico e, nel finale, non si poteva dire che avesse avuto la meglio.
 
CF: La storia del tributo a Barks è stata la mia unica sceneggiatura. Come omaggio mi sono mantenuto stretto al cliché del personaggio, il finale non buono per Gastone è il desiderio che molti di noi hanno sempre avuto.
 
SC: Trovi che in Olanda (e forse in generale nel Nord Europa) ci sia più libertà su certi temi nelle storie a fumetti Disney?
 
CF: Libertà? Non saprei dirti… forse negli ’80, specialmente in Olanda. Adesso siamo tutti sotto controllo della Disney e il politicamente corretto, perciò i criteri, in sostanza, sono più o meno gli stessi dappertutto.

SC: Mi sembra di ricordare un amico di Qui, Quo e Qua sulla sedia a rotelle...
 
CF: Sì, ricordo quel papero in sedia a rotelle. Forse una creazione degli autori olandesi. L’ho disegnato in una sola storia e ho adoperato i modelli di storie precedenti che mi sono state fornite dagli editori.

Un bellissimo Paperino di Ferioli

SC: Al momento su cosa stai lavorando? Ti ho chiesto solamente di progetti Disney, ma hai avuto modo di realizzare qualcosa al difuori di questo universo?
 
CF: Siccome i prezzi non sono variati dal 2007! (anzi in qualche caso pagano anche meno!), sono costretto a lavorare per più editoriali, sempre sul piano dei Main Standard Characters della Disney (Danimarca, Olanda, Italia…), ma sto anche facendo qualche altro personaggio, come Bamse, ogni tanto per l’Egmont svedese.
 
Qualche tempo fa ho iniziato un progetto con Jukka Heiskanen, creando dei personaggi propri per una sua storia che si è concretizzata finalmente in un racconto illustrato, colorato dalla superba Cris Alencar. Comunque, non è ancora stato pubblicato ed è da un po’ che non ne parlo con Jukka.
 
SC: Come i recenti accadimenti mondiali hanno condizionato il tuo lavoro o il tuo modo di rapportarti a esso (se l’hanno fatto)? E a cosa ti piacerebbe dedicarti in futuro?
 
CF: Gli ultimi sono stati degli anni difficili, e ancora non ne vedo la fine: la crisi economica iniziata nel 2008 che ci ha resi “quasi” tutti più poveri (ci sono quei pochi che diventano sempre più ricchi sulle spalle degli altri), la pandemia del Covid-19 e la minaccia climatica che incombe sul pianeta e della quale non saremo capaci di fare un granché per evitarla… 

Sul piano personale si invecchia (un fatto biologico normale), ma non lo si può fare in pace nel vedere come va tutto e come questo ti arriva e ti genera dei grossi problemi e continui motivi per preoccuparti. Avere cura degli anziani 24 ore su 24 (la suocera che vive con noi che ha dei grossi problemi di salute), vedere che i figli lavorano tantissimo e sono mal pagati (l’unica soluzione è andare via dal paese), ecc. Niente che non possa vedere da te stesso nella tua propria realtà, penso…
 
Cèsar Ferioli nel 2009

SC: Quanto tempo, in media, impieghi a lavorare su una tavola nelle varie fasi? (bozze preparatorie, matita, inchiostro…)
 
CF: Questa è forse la domanda che mi è stata posta più volte lungo la mia carriera. Non potrei dirti… molte sono le variabili da considerare: la voglia con cui prendi la storia, il tuo “momentum” personale, la difficoltà della sceneggiatura e la quantità di personaggi o cose che vi appaiono, il fatto che sia l’inizio della storia o la fine (quando ormai tutto quanto è in testa)… Prima controllavo di più, adesso vado avanti quando “si puote, ciò che si vuole…”
 
SC: Quale è il tuo approccio quando ricevi una nuova sceneggiatura? come inizi a pensare alla resa grafica?
 
CF: Leggerla, innanzitutto. E visualizzarla. Se ambedue le azioni sono concordanti nel tempo, vuol dire che la sceneggiatura è buona e ben spiegata. Se non riesco a visualizzarla in modo immediato, so che avrò dei problemi.
 
Molti anni fa mi servivo di libri per cercare gli oggetti o certi personaggi da disegnare. Adesso, con la ricerca delle immagini sul Mac, si fa tutto. Però i vecchi libri ancora non mi decido a buttarli via… non li adopero, ma non mi piace distruggere i libri. Forse finirò per farlo, so quanto duro sia ereditare delle case piene zeppe di roba inutile… non si finisce di svuotarle mai.
 
SC: C’è qualche storia che ancora, a distanza di anni, ricordi a causa di qualche particolare nel corso della sua lavorazione?
 
CF: Molte. Quelle più popolari come la saga di Mythos Island o quella di Shambor, ma anche, come dici, storie che hanno segnato qualcosa sul mio percorso professionale o fatti accaduti nella mia vita personale. Anche se è un fatto che si è mitigato lungo gli anni, è un po’ come se adesso fossi in grado di dissociare meglio quel che disegno e quello che mi capita lungo la vita. Comunque, ancora me ne ricordo, ogni tanto… come la storia che dovetti interrompere più di un mese mentre ero ricoverato all’ospedale per il Covid-19 e quanto mi costò essere in grado di ricuperare la capacità di lavorare.

Topolino e Paperino in Mythos Island

© Disney per le immagini pubblicate.

mercoledì 5 gennaio 2022

Buon anno! Ricapitolando e progetti futuri

Da qualche giorno è iniziato il 2022 e sto ufficialmente scrivendo su questo blog da dodici lunghi anni. Nonostante la mia duratura assenza e la necessaria migrazione al nuovo indirizzo mi abbiano giocoforza fatto perdere la maggior parte dei lettori, sono contento di avere ripreso questa attività e di condurre ricerche in modo più "serio" e organizzato. L'anno scorso, ho anche ripreso a collaborare con alcune fanzine (ho pubblicato tre pezzi sulla francese Picsou-Soir e uno sulla tedesca Bertel-Express) e ho scritto il mio primo articolo su una rivista Disney ufficiale, un omaggio a Carlo Chendi, pubblicato sul numero invernale del trimestrale francese Les Trésors de Picsou.

Che cosa riserverà questo nuovo anno per l'Eco del Mondo? Un paio di articoli sono già pronti e verranno pubblicati prossimamente: una chiacchierata con l'artista spagnolo Cèsar Ferioli (già intervistato per questo blog nel 2011), un albero genealogico ragionato della famiglia Famedoro (Glomgold) e della famiglia Paperone (Gander). La chiacchierata con Ferioli verrà pubblicata la settimana prossima, ma, risalendo a un paio di mesi fa, ogni riferimento temporale si rifarà al 2021; l'albero della famiglia Famedoro è quasi concluso, ma sto cercando di mettermi in contatto con un autore Egmont per chiarire un ramo che è al momento incompleto e frutto di fanfiction; l'albero dei Paperone è invece una collaborazione di cui vado particolarmente fiero perché è stato ragionato assieme a un autore Egmont che ha più volte incontrato e avuto modo di parlare con Barks in persona e, inoltre, ogni personaggio incluso verrà reinterpretato graficamente dallo stesso autore per raggiungere uno stile più coeso e uniforme.

Oltre a questi progetti già avviati, non so cosa altro avrò modo di pubblicare perché in realtà sono un po' indaffarato con altre questioni, ma la mia passione per i fumetti Disney non verrà messa da parte e continuerete a trovare contenuti esclusivi e di qualità.

martedì 21 dicembre 2021

Una chiacchierata con... Carlo Chendi (2014)

La mia corrispondenza elettronica con Carlo Chendi iniziò, credo, nel 2010. All’epoca, gli scrivevo chiedendo informazioni riguardanti sue vecchie storie, dettagli, ispirazioni, e lui mi rispondeva sempre rapidamente, raccontandomi tutti i retroscena e parlando con grande passione dei suoi lavori. Ricordo che, discorrendo della storia Topolino contro il “magnifico snello” (Chendi/Rebuffi, 1976), che io avevo letto su un numero de I Grandi Classici Disney, Chendi aveva memoria solo di alcuni dettagli (come i nomi dei pianeti, che giocavano su luoghi reali di sua conoscenza) e non della storia nella sua interezza, e mi manifestò il desiderio di rileggerla. Così, quando ci incontrammo nell’aprile dell’anno seguente, durante una cena nella sua Rapallo in occasione della consegna a Don Rosa del Premio Papersera, regalai a Carlo la mia copia de I Grandi Classici (con la copertina mancante) e lui ne sembrava veramente entusiasta; nella fotografia, lo si può vedere mentre sfoglia l’albo raccontando ai commensali quella storia misteriosa. Nella stessa occasione, Chendi mi fece dono di un libretto da lui edito su Carl Barks in occasione dell'edizione della Mostra Internazionale dei Cartoonists dedicatagli a Rapallo nel 2005, e di una copia di tutte le lettere inviategli da Barks tra il 1967 e la fine degli anni ’90; un omaggio molto apprezzato da cui traspare tutto il suo amore per il mondo dei comics.

Carlo sfoglia le pagine de Il magnifico snello e io alle sue spalle (Rapallo, aprile 2011)

Incontrai nuovamente Carlo due volte: nel 2014 e nel 2017, e in entrambe le occasioni mi accolse molto amichevolmente nella sua casa/studio a Rapallo. Fu proprio nell’estate del 2014 che ebbi modo di fargli questa intervista (mai pubblicata*) per il mio blog Eco del Mondo (all’epoca Daily War Drum). Mi presentai a casa sua con due confezioni di lamponi, che gli regalai; spero non ne fosse allergico, a me piacciono molto!

SC = Simone Cavazzuti
CH = Carlo Chendi

SC: Lei ha lavorato con alcuni dei più grandi artisti italiani, come Bottaro, Scarpa, Cavazzano, Carpi… In alcuni casi, si è sviluppato un rapporto di amicizia oltre a quello di natura prettamente collaborativa?

CH: Sì, in particolare con Bottaro, con il quale ho iniziato questa professione. Abbiamo cominciato praticamente insieme: le mie prime storie le disegnava Bottaro, poi Bottaro aveva anche tanto da fare... poi il direttore gli passava storie anche di altri, allora io facevo altre storie per la Mondadori che il direttore passava ad altri disegnatori: a Scarpa, a Carpi, poi a Cavazzano quando ha cominciato a lavorare. Tra l’altro, delle prime cinque storie di Cavazzano quando ha iniziato a lavorare per la Disney, quattro sono sceneggiature mie. E con Cavazzano siamo rimasti molto molto amici, ci siamo visti la settimana scorsa. Anche con Bottaro, Scarpa e Carpi c’era un ottimo rapporto, un rapporto di collaborazione, ma anche di stima.

SC: Negli anni, ha preferito scrivere per qualche disegnatore piuttosto che altri?

CH: I primi tempi scrivevo per Bottaro perché abitava a Rapallo, al quinto piano sopra di me. Dopo Bottaro, ho lavorato con Cavazzano, assieme al quale ho creato i personaggi di OK Quack e Umperio Bogarto.

SC: Se non sbaglio, su I Grandi Classici, stanno ristampando alcune storie di OK Quack.

CH: Non lo so, perché non ho modo di vedere le ristampe. Da un po’ di anni non compro più niente; di solito me le mandano, ma non so più dove metterle. La Disney mi ha spedito i primi ventidue libri di Scarpa [ndr. L’Opera omnia di Romano Scarpa] e sono appoggiati lì per terra, non mi ci sta più niente da nessuna parte. Qualche volta mi dicono: “ti mandiamo questo”, e io dico: “no, perché non so dove metterli” [ride]. Uno che cura la composizione delle ristampe è Luca Boschi e ogni tanto mi comunica che ha scelto delle storie mie. Poi sono in contatto con Marcelo Alencar, che è il traduttore delle storie Disney per la Abril in Brasile, e anche lui mi ha mandato le mie storie pubblicate in Brasile... poi mi ha fatto un’intervista. Le storie mie Disney sono state pubblicate in ventiquattro paesi: negli Stati Uniti, la Russia, tutta l’Europa, e adesso anche in Cina.

Premio Copertina d'Argento (The Walt Disney Company Italia, 1994)

SC: Le è mai capitato che l’editore le modificasse i testi o le chiedesse di cambiare qualcosa all’interno delle sue storie?

CH: Direi di no. La redazione qualche volta poteva tagliare una frase se non ci stava materialmente nel fumetto. Io, poi, non mandavo mai le storie all’approvazione perché c’era un rapporto fiduciario con i direttori. Pensa che ho fatto una storia che per l’epoca, il 1960, era una novità, che è stata Paperino il paladino, dove tutti parlano in un italiano antico maccheronico. Era una cosa che non era concordata con il direttore. Quando Bottaro l’ha disegnata, abitualmente me la ridava che controllavo i dialoghi e nel vederla così mi è venuto in mente di studiare il linguaggio. Mi sono fatto una specie di dizionario, cercando di fare la caricatura dell’italiano antico ma che fosse capito dalla generazione dell’epoca. L’ho mandata al direttore senza dirgli niente e lui l’ha pubblicata senza dirmi niente, senza cambiare nulla. Quel tipo di linguaggio che avevo inventato, poi, Monicelli l’ha copiato per L’armata Brancaleone, uguale identico. Gentilini e Capelli, che sono stati i direttori per i quali ho lavorato di più, non mi hanno mai controllato o censurato niente, perché evidentemente c’era un rapporto di fiducia. Io penso che il vero editore, una volta che ha testato un autore e si rende conto che sa fare il proprio lavoro e lo sa fare bene, non abbia bisogno ogni volta di controllarlo o cambiare le cose che fa, altrimenti sarebbe meglio non farlo lavorare. Uno dei motivi, a mio avviso, della crisi del Topolino da quando è andato via Capelli è che i direttori che sono arrivati dopo hanno voluto intervenire nella creatività e l’hanno smorzata; Casty mi dice, ad esempio, delle difficoltà che ha qualche volta con questa redazione [ndr. la direttrice era Valentina De Poli] nel fargli approvare alcune storie, perché probabilmente non le capiscono. Il compito del redattore, a mio avviso, è quello di controllare che non ci siano sbagli di grammatica, di sintassi, coordinare le cose, ma non intervenire nella creatività.

SC: Una volta, lo stile di disegno era più eterogeneo: pensi a De Vita padre, Scala e altri artisti con uno stile particolare; mentre i nuovi disegnatori hanno uno stile più omologato e simile. Cosa ne pensa?

CH: Un po’ è dovuto alla redazione, che vuole un prodotto omogeneo, e un po’ è dovuto anche al fatto che gli artisti tendono ad accodarsi a stili già esistenti. Una volta, non era così: per esempio, Gentilini non è mai intervenuto sulle storie di De Vita padre, che aveva uno stile totalmente non disneyano, non è mai intervenuto sulle storie di Scala o di Perego. Li ha lasciati disegnare con il loro stile. E quando il Topolino usciva, tu lo sfogliavi e li conoscevi: questa storia è di Perego, questa è di Scarpa, questa è di De Vita padre. Adesso, il Topolino è tutto uguale. C’è una omogeneità che da un certo punto di vista può funzionare per la redazione, ma secondo me i lettori preferirebbero ancora trovare lo stile e la personalità degli artisti. L’omogeneità viene accettata mediamente da tutti, la differenza no. Ad alcuni magari non piacevano le storie di Perego, ma secondo me quello era un punto positivo proprio per sottolineare la creatività e la diversità che c’era nella produzione di questi fumetti.

Chendi nel suo studio (Rapallo, agosto 2014)

SC: Al momento sta lavorando a qualcosa?

CH: No [ride]. Sto facendo qualche altra sceneggiatura, ma non per la Disney. Perché io ero abituato con i vecchi direttori che si fidavano di me e ora confesso che mandare delle mie storie in redazione e poi sentirmi dire: “questo non va, cambia perché…”, preferisco di no. Sono stato abituato a lavorare per tutti gli editori senza mandare storie all’approvazione: ho lavorato per vent’anni per il Giornalino, ho lavorato per il Corriere dei Piccoli, il Corriere dei Ragazzi. Sia il direttore dell’uno che dell’altro non mi hanno mai chiesto di mandare delle storie all’approvazione, tutt’al più mi dicevano: “manda una storia di sei pagine, dieci, ma arrangiati”, invece con la Disney adesso… Poi, è una questione anche di rincoglionimento dovuto all’età [ride]: io credo che un redattore di venticinque/ventisei anni ne sappia meno di me e quindi non credo di avere niente da imparare da loro, forse loro avrebbero qualcosa da imparare da me.

SC: Si è affezionato a qualche personaggio?

CH: Soprattutto alla famiglia dei paperi, che sono quelli che ho usato di più... di Topolino ho fatto poche storie; gli altri personaggi a cui ero e sono molto affezionato sono Pippo e Nocciola. Tra l’altro, con Pippo ho fatto anche delle storie diverse con il corvetto che ha usato anche Scarpa [ndr. Gancio], Pippo lo sento come un mio personaggio. E poi Umperio Bogarto e OK Quack.

SC: Vuole dire qualcosa sul suo rapporto con Barks?

CH: Io ho imparato a fare le storie da Barks. Aveva una qualità innovativa nell’impostare le storie per i comics. La sua tecnica, l’umorismo e il modo in cui faceva recitare i personaggi erano veramente grandi e io ho imparato di lì. Non sapevo chi fosse, cercavo di conoscere il suo nome, ma praticamente non lo sapevano neanche alla Disney; perché Barks non lavorava per la Disney, lavorava per la Western Printing, che era tipo una Mondadori, cioè un editore licenziatario Disney. Poi, nel ’65, Alfredo Castelli, che si occupava di fumetti da appassionato prima di diventare un professionista, su una fanzine americana ha trovato l’indirizzo di Barks. Io gli ho scritto dicendo che ero un suo allievo, l’ho chiamato “Maestro”, e dal ’65 [ndr. in realtà dal ‘67] in avanti ci siamo scritti per più di vent’anni. Poi, nel ’93 mi pare [ndr. era il ‘94], lui è venuto in Europa, mi ha scritto dicendo: “passo dai vari paesi europei e vengo anche in Italia”, allora l’ho invitato a Rapallo e lui ha detto: “vengo volentieri”. Infatti, è venuto a Rapallo, siamo andati a mangiare al ristorante dei fumetti di U Giancu. È venuto perché eravamo amici.

SC: Era una persona amichevole?

CH: Era la persona più umile che abbia conosciuto. Si meravigliava ancora che tanti apprezzassero le sue storie. Quando gli ho detto: “hai fatto delle storie meravigliose”, mi ha risposto: “mi venivano così”.

L'allievo e il Maestro (Chendi e Barks)

SC: Ancora oggi è ristampato ovunque.

CH: Barks è eterno, ha fatto delle storie che sono dei classici. Alcuni personaggi non dei fumetti sono cresciuti leggendo le storie di Barks, due in particolare: Steven Spielberg e George Lucas. Tra l’altro, Spielberg da giovane è andato a trovare Barks perché era un suo ammiratore, Lucas uguale. Quando ho fatto la mostra dedicata a Barks, sapevo che Lucas aveva scritto un articolo su Barks e allora volevo pubblicarlo, però ovviamente con il suo permesso. Sono riuscito a trovare fortunosamente il suo indirizzo a Los Angeles, gli ho scritto, sono passati due mesi e non mi ha risposto. Poi, dopo due mesi, ricevo la sua lettera, non avevo quasi il coraggio di toccarla, il quale mi si scusa dicendo che non mi ha risposto prima perché era in vacanza, tornato dalla vacanza ha trovato la mia lettera; l’articolo di Barks lo potevo pubblicare gratis, senza nessun problema!

SC: Pensa che oggi ci sia qualche autore in grado di scrivere storie che durino?

CH: Non lo so perché lo seguo poco. Due autori che conosco meglio, a parte Cavazzano che è uno dei “vecchi”, e che secondo me hanno un grande talento sono Casty e Artibani. Artibani lo conosco bene, la sua prima storia di Paperino era il rifacimento di una storia mia [ride]. Un altro molto bravo che fa delle belle cose è Celoni, anche Mottura. Però oramai loro tendono a fare anche storie per altri editori: Celoni fa Dylan Dog, Mottura ha fatto adesso una storia per Bonelli. Invece, uno che si dedica solo a quello è Casty. Anche Artibani ha fatto le Winx e un sacco di altre cose, però è molto bravo, pieno di talento.

SC: Cosa ne pensa dei nuovi metodi di disegnare in maniera digitale?

CH: Il cellulare, il tablet, il computer sono macchine. Ho fatto una conferenza assieme a Freccero, uno bravo, che lavora prevalentemente per la Danimarca. Lui usa tantissimo il computer, ma è una macchina che serve a chi ha creatività per non perdere tempo a cancellare e ripassare con la china. Oramai, non c’è più nessuno che colora a mano. È cambiato anche il sistema di stampa. Se tu dai l’originale, non sanno più come riprodurlo: Freccero, che manda le copertine in Danimarca, le colora al computer e in tempo reale le manda là; là, quando gli arriva sul computer il disegno, lo passano direttamente alla rotativa. Sono saltati tutti i passaggi. Il computer è una macchina indispensabile, ma non crea.

*al momento della pubblicazione del post, l'intervista è disponibile digitalmente anche sul numero di questo dicembre della fanzine online tedesca Bertel-Express.

martedì 2 novembre 2021

L'albero genealogico (aggiornato) della famiglia ROCKERDUCK

Il bello dell'universo dei fumetti Disney, al netto delle sue innumerevoli e inevitabili contraddizioni, è che si trova continuamente in uno stato di espansione. Dalle strisce di Taliaferro ai fumetti di Barks, ai suoi diretti successori (Fallberg, Lockman, Gregory...), le storie scritte per lo Studio Disney, l'infinita produzione italiana, quella brasiliana, quella danese e quella olandese, solo per citare le più vaste. In ogni decennio si è aggiunto, partendo da ambientazioni e personaggi introdotte da autori precedenti, andando a costituire un ecosistema sempre più articolato e appunto difficile da conciliare.

Il post di oggi si è fatto necessario in seguito alla recentissima pubblicazione sul settimanale Topolino della storia in due puntate La ballata di John D. Rockerduck (Nucci/Cavazzano, 2021), ideata dal direttore della testata Alex Bertani. Senza fare spoiler riguardanti l'intreccio e i suoi sviluppi, questo racconto ha attirato la mia attenzione per una serie di motivi:

  • per la prima volta, apprendiamo che proprio Davison era il cognome della madre del miliardario;
  • dal punto di vista genealogico, ci vengono rivelate le identità del nonno, del bisnonno e del trisnonno paterno: Harold, Seamus e Jedediah Rockerduck.

A causa di queste informazioni, ho ritenuto doveroso aggiornare il mio personale albero genealogico della famiglia Rockerduck, già pubblicato su questo blog giusto qualche mese fa. Ho quindi corretto il cognome della famiglia materna in "Davison" e aggiunto gli antenati paterni fino ad arrivare al Jonas von Rockerduck di Korhonen e Cavazzano, che si incastra qui perfettamente, essendo vissuto come Jedediah nel 1700; la mia idea è che Jedediah, visibilmente più giovane, sia emigrato dall'Europa all'America, inglesizzando il proprio cognome, per rinnegare le attività criminali del padre. Infine, per completezza, ho aggiunto sul ramo materno una zia che viene menzionata in Zio Paperone e la sfida da 50$ (Salati/Urbano, 2015) e della quale purtroppo non si hanno al momento ulteriori informazioni, nonché lo zio Ebenezer J. Rockerduck dalla storia Il re dei taccagni (Stabile/Rota, Rota, 2023).

L'albero genealogico della famiglia Rockerduck (aggiornato a luglio 2023)

© Disney per le immagini pubblicate.

lunedì 18 ottobre 2021

Che fine hanno fatto i genitori di Ciccio?

Per poter rispondere a questa domanda dovremmo innanzitutto tornare alle origini di questo pigro personaggio che tutti conosciamo come l'aiutante fannullone di Nonna Papera. Infatti, Ciccio (Gus Goose) non ha sempre vissuto alla fattoria, e un primo riferimento alla sua famiglia è presente già al suo esordio sulle strisce quotidiane.

La prima apparizione di Ciccio nella striscia del 9 maggio (Karp/Taliaferro, 1938)

Come possiamo vedere dalla prima striscia in cui compare, basata sul corto animato Donald's Cousin Gus (1939), il parente (qui cugino) viene introdotto a Paperino da una lettera della zia Fanny. Di lei non ci è dato sapere molto, serve semplicemente a presentare il cugino e ha una funzione comica in quanto chiede a Paperino di "controllare la sua dieta", mentre in realtà il parente affamato svuoterà la dispensa di Donald per ben due settimane. Sarà infatti il 24 maggio la data in cui Ciccio scomparirà (provvisoriamente) dalle strips per ritornare nel villaggio di Honking-on-the-Hudson dove, stando al titolo di un quotidiano, è previsto il più grande raccolto della storia. Peccato che il giornale sia datato 1912.

Striscia quotidiana del 24 maggio (Karp/Taliaferro, 1938)

Questo invadente parente farà nuovamente capolino prima nel novembre dello stesso anno (si badi che in queste strisce vive invece in una località chiamata Pumpkin Center) e poi nel novembre del 1941, quando Paperino e nipoti lo andranno a trovare alla sua fattoria, situata nuovamente a Honking-on-the-Hudson. In queste quindici apparizioni (sedici se si considera la tavola domenicale del 4 gennaio 1942), Ciccio sembra vivere da solo e gestire una fattoria per conto suo. Curioso come, in questi tre anni di comparse sui quotidiani, il cugino goloso non pronunci mai una singola parola.

Paperino e nipoti raggiungono Honking-on-the-Hudson nella striscia del 12 novembre (Karp/Taliaferro, 1941)

Per vedere finalmente Ciccio vivere e "lavorare" presso Nonna Papera dovremo attendere qualche anno. Infatti questa insolita coppia viene introdotta in due storie datate 1950: I tre paperini e Nonna Papera (Craig?/Barks, 1950) e Nonna Papera e il campionato delle frittelle (?/Thomson, 1950). A quanto pare, l'idea di mettere in scena assieme questi parenti (entrambi introdotti nelle strisce sui quotidiani e quindi non particolarmente conosciuti dai lettori degli albi a fumetti del periodo) proverrebbe dall'allora editor della Western Publishing (la casa editrice per cui lavorava Barks) Carl Buettner. Da qui in poi vedremo dunque l'oca risiedere alla fattoria di Nonna Papera e molto raramente sentiremo parlare di altri suoi parenti (prevalentemente in storie italiane).

Ciccio e Nonna Papera per la prima volta assieme (Barks, 1950)

Ma, se la zia Fanny è la madre di Ciccio, chi ne è il padre? La risposta proviene dall'albero genealogico dei paperi disegnato da Don Rosa (1993) che già tante volte ho citato. Qui infatti il padre di Ciccio risulta essere tale Luke Goose. Questo nome e il look del personaggio sono presi a prestito dal precedente albero genealogico disegnato da Mark Worden (1976), in cui Luke appariva però come il padre di Gastone, secondo quella prima bozza di parentela delineata da Barks e già riportata in questo post. Da notare che il look definitivo del personaggio a cura di Rosa, basandosi su quello datogli da Worden, è in realtà ricopiato da quello di un personaggio secondario presente tra la folla in Paperino e la strega a reazione (Barks, 1961).

A confronto: il personaggio senza nome di Barks (a sinistra), il Luke Goose di Worden (al centro) e il Luke Goose di Rosa (a destra)

La singolarità dei genitori di Ciccio (rispetto ad altri personaggi più oscuri presentati nell'albero genealogico di Rosa) sta nel fatto che, al di fuori di queste produzioni extra-fumettistiche, essi compiono effettivamente una breve apparizione in ben due storie, entrambe prodotte in Olanda nel 2019 per un numero speciale spedito in omaggio agli abbonati del settimanale Donald Duck.

Nella storia di apertura di questo albo speciale, Het verjaardagsfeest (deel 1) (Moe/Pérez, 2019), tutta la famiglia dei paperi è riunita alla fattoria di Nonna Papera per il compleanno di Ciccio. Qui, l'anziana papera estrae un album di fotografie contenenti l'intera vita del parente dormiglione e questi inizia a commentarne una per una, cominciando dalla singolare foto di un uovo. Ciccio racconta infatti del momento in cui la cicogna lasciò il suo uovo a casa dei suoi genitori ("mia madre mi ha raccontato questa storia una volta", esclama con ingenuità). All'interno del flashback, la madre ci appare gioiosa ed esuberante, mentre il padre è visibilmente sbigottito e ha bisogno di tempo per elaborare la notizia.

La prima apparizione assoluta dei genitori di Ciccio in una storia a fumetti (Moe/Pérez, 2019)

Più avanti nella storia vediamo Ciccio alle prese con i suoi primi mestieri (pompiere, addestratore di animali al circo, maratoneta), tutti falliti a causa della sua sonnolenza. Arrivato all'età adulta, Ciccio diventa un peso per la famiglia a causa delle ingenti spese per il cibo, così i genitori decidono di mandarlo da Paperino. Interessante notare come la sequenza sia ripresa pari pari dalle strisce di Taliaferro. Anche quando, tornando ai giorni nostri, Qui Quo e Qua chiedono allo zio dove fosse andato Ciccio dopo aver lasciato casa sua, questi risponde loro che si era spostato in campagna dopo aver sentito che c'era stato un record di raccolto (proprio come raccontato nelle strisce).

I genitori decidono di mandare Ciccio da Paperino

Oltre a essere una storia ricca di riferimenti e molto interessante e fedele dal punto di vista della continuity, quella scritta da Moe ci fa sapere che i genitori di Ciccio erano entrambi in vita al momento dei fatti narrati di Taliaferro. Inoltre: i nomi (Archibald Gans e Annie Prul), oltre al design, sono proprio gli stessi usati nella versione olandese dell'albero di Don Rosa.

L'altro titolo in cui abbiamo un accenno della famiglia dell'Oca è Hoe Gijs bij oma Duck kwam (Geradts/Tortajada Aguilar, 2019). Qui però, a differenza della storia precedente, è presente solamente la madre. Schematizzando la trama (sono presenti alcuni spoiler, ma non credo che la storia verrà mai ristampata): 

  • gli avvenimenti hanno luogo qualche anno fa, la madre di Ciccio è preoccupata perché lui ha già finito la scuola da tre mesi e non ha ancora trovato un lavoro; 
  • il figlio prova a discolparsi ricordandole alcuni tentativi (falegname e postino), entrambi falliti a causa della sua perenne stanchezza; 
  • lei teme che lui sia un buon a nulla e si dispera; 
  • lui esce di casa e inizia a camminare seguendo un odore di cibo; 
  • viene notato da due talent scout che cercano un nuovo numero per il loro programma televisivo, i quali si accorgono di quanto sia bravo a riconoscere l'odore degli ingredienti presenti nei piatti; 
  • lo portano in televisione, dove ha un enorme successo e dove viene notato da due persone losche;
  • finisce nei guai; 
  • dopo alcune tensioni riesce a scappare; 
  • ferma sulla strada una macchina di passaggio, è la macchina di Nonna Papera;
  • le racconta quello che è successo, piangendo perché stava solamente cercando un lavoro;
  • lei lo accoglie a casa sua offrendogli un lavoro come aiutante/domestico;
  • di fronte a una bella torta, lui accetta.

La mamma di Ciccio si dispera perché lui non ha un lavoro (Geradts/Tortajada Aguilar, 2019)

A questo punto, vorrei fare alcune considerazioni sulla storia appena descritta:

- Nonna Papera non conosce Ciccio prima del loro fortuito incontro. Lei gli chiede letteralmente "chi sei?" ("wie ben je?"); anche da altre storie olandesi ho notato infatti che Elvira lo considera solamente un domestico e quindi i due non sembrerebbero essere imparentati, come invece ci mostra Barks al loro esordio come coppia.

Nonna Papera si riferisce a Ciccio come suo "nipote" (Craig?/Barks, 1950)

- Fanny potrebbe essere ancora viva. La storia è sì ambientata nel passato, ma non troppi anni fa; nella vignetta conclusiva possiamo infatti vedere un ritratto, raffigurante i neonati nipotini con tanto di ciuccio, appeso nella cucina della fattoria. Perciò, direi che gli eventi non possono essere accaduti più di dieci anni fa. Nulla ci è dato invece sapere su Luke, la mia supposizione è che sia semplicemente via per lavoro.

Il ritratto dei tre nipotini neonati ci potrebbe fornire un'indicazione temporale

- Non è chiaro se Ciccio abbia o meno mai fatto ritorno a casa (probabilmente Fanny dovrebbe essere preoccupata dal momento che non ha la più pallida idea di dove si trovi suo figlio!); in realtà non è nemmeno chiaro dove abiti Fanny (se si trovi nelle vicinanze della fattoria di Nonna Papera o in un'altra città), perciò Ciccio potrebbe semplicemente non sapere come fare a tornare, o essere talmente pigro da non provarci neppure.

Contattato per cercare un chiarimento a tali questioni, Evert Geradts (l'autore di questa seconda storia) mi ha così risposto:

Le origini di questa storia sono piuttosto prosaiche. Gli editori olandesi avevano programmato un numero speciale su Ciccio e mi hanno chiesto di immaginare come lui e Nonna Papera si fossero conosciuti. Per mantenere lo svolgimento semplice e logico, ovviamente ho dovuto iniziare dall'epoca "pre-Nonna", quando probabilmente Ciccio viveva ancora con i suoi genitori. 
 
[...]
 
Non sono uno storico rigoroso per quanto riguarda i personaggi Disney. Lo stesso Carl Barks ha affermato che non esiste un universo dei paperi coerente. Paragono i personaggi Disney agli attori della Commedia Dell'Arte, dove Arlecchino è un servitore in una commedia e un avvocato nell'altra. La stessa cosa potrebbe accadere a Paperino. I talenti di Paperino variano enormemente. Potrebbe essere un goffo pilota da corsa in una storia e il miglior pasticcere del mondo nell'altra.
 
Quindi ho la prospettiva della Commedia sulla narrazione. In questa storia non ho bisogno di un padre, quindi non lo presento. Non avrebbe motivo di essere lì. Sua moglie si sta preoccupando e tutto ciò che può fare è dire che ha ragione.
 
Il ritratto dei tre nipoti è stato probabilmente aggiunto dall'artista finale. [...]
 
E, in effetti, a giudicare dallo storyboard inviatomi molto gentilmente da Geradts, il ritratto dei nipotini non è presente nella stesura originale.

Il ritratto dei nipotini non è presente nello storyboard

Per quanto ci offrano un quadro interessante e un certo tipo di visione autoriale, le parole di Geradts non ci aiutano però a risolvere le questioni in-universe e a rispondere alla domanda che dà il titolo a questo post. Personalmente non escluderei che Luke e Fanny possano tuttora essere in vita (il sito ufficiale olandese del settimanale Donald Duck ci informa che Luke sarebbe il genealogista dietro all'albero di Don Rosa, ridisegnato per l'occasione da Michael Nadorp); probabilmente non vivono a Paperopoli, altrimenti li vedremmo comparire più spesso. Non saprei tuttavia dire se Ciccio sia o meno rimasto in contatto con loro, ma sicuramente non li ha dimenticati, come suggerisce il ritratto di Luke appeso nella stanza del figlio in Ciccio e il trattore dei sogni (Torstensen/Abella Bresco, 1995).

Ciccio e il ritratto del padre (Torstensen/Abella Bresco, 1995)

© Disney per le immagini pubblicate.