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mercoledì 9 novembre 2022

L'albero genealogico della famiglia PAPERONE (GANDER)

Quando — ormai quasi due anni fa — ho deciso di tornare a scrivere sul blog, ho subito recuperato tutti i vari alberi genealogici della famiglia dei paperi che avevo compilato per mio uso una decina di anni prima, li ho corretti (proseguendo le ricerche da dove erano state interrotte e ragionando un po' meglio su alcuni collegamenti) e aggiornati (andando ad aggiungere tutti quei personaggi che intorno al 2010 non erano ancora stati introdotti). In particolare, il progetto che propongo oggi (probabilmente il più completo e curato tra quelli pubblicati nell'ultimo biennio) mi ha tenuto occupato parecchio tempo e mi considero soddisfatto del risultato, apprezzato pure dal fondatore dell'organizzazione tedesca D.O.N.A.L.D. (nonché della storica fanzine Der Hamburger Donaldist), Hans Von Storch.

    INTRODUZIONE
C'è un personaggio all'interno della famiglia dei Paperi che si può amare o odiare, ma di certo non si può ignorare, e sto parlando del cugino Gastone Paperone. Introdotto dall'Uomo dei Paperi, Carl Barks, in Paperino lingualunga (Barks, 1948), Gastone non è da subito la persona fastidiosamente fortunata che conosciamo oggi, piuttosto era pigro e più simile a Paperino di quanto si possa credere. Durante i suoi primi anni di apparizioni, il personaggio si è evoluto e la fortuna è stata aggiunta alla pigrizia. Si noti qui che: nonostante la sua fortuna sia formidabile per quanto riguarda vantaggi a breve termine (ad esempio: trofei, premi, riconoscimenti, ecc.), alla fine delle storie di Barks, Gastone è raramente un vincitore al 100%, come riportato da John Nichols nel suo studio intitolato “GLADSTONE GANDER IN THE MAGIC LAND. OR: ‘Winning IS a form of work!’”, pubblicato sul numero 30 del The Barks Collector.

Gastone Paperone in Paperino e la caccia al tacchino (Barks, 1960)

The Barks Collector (1976-1990) è stata una delle prime fanzine americane dedicate ai fumetti dei Paperi (e soprattutto a quelli di Barks) e conteneva interessanti studi e ricerche che andavano a leggere l'opera di Barks in modi differenti, applicandovi un approccio accademico e osservandola attraverso diverse branche. È stata fondata e pubblicata da John Nichols (attraverso la sua Bear Mountain Enterprises) e conteneva articoli scritti da studiosi americani e internazionali, ognuno dei quali era specializzato nei suoi specifici temi e aree di competenza.

    LE BASI
Il grado di parentela che intercorre tra Gastone e Paperino è semplice, sono cugini. La sua relazione con Paperone è un po' più complessa, ma ci viene fornita dallo stesso Barks in Paperino e l'isola misteriosa (Barks, 1949). Qui, Paperone viene detto essere il cognato del fratello della madre di Gastone. Stando all'albero genealogico che Barks aveva abbozzato per uso personale negli anni Cinquanta, Gastone sarebbe stato il figlio di Luke the Goose e Daphne Duck, zia di Paperino e quindi sorella del cognato di Paperone, come dichiarato nella storia citata poco sopra. Sempre secondo questo primo albero, i genitori di Gastone sarebbero però morti quando lui era un bambino e sarebbe quindi stato adottato da Goosetave Gander e dalla sorella di Paperone, Matilda. Questo retroscena macabro serviva a Barks solamente per instaurare una connessione più solida tra i due personaggi (simile a quella tra Paperone e Paperino), ma è stato poi scartato in una bozza successiva del 1991, che ha portato all'albero genealogico di Don Rosa che tutti conosciamo (in cui Daphne e Goosetave sono i genitori naturali di Gastone).

    IN BARKS
Ma chi sono gli altri parenti di Gastone? Barks ne cita solamente uno in Paperino contro l'uomo d'oro (Barks, 1952): Miss Susiebelle Swan. Barks la descrive soltanto come una parente lontana e, stando al titolo “Miss” e al fatto che Gastone viene nominato suo unico erede, possiamo dedurre che non sia mai stata sposata. In questo modo, potrebbe essere la pro-prozia di Gastone, come Don Rosa aveva suggerito nella prima bozza del suo albero. Altri parenti sono stati introdotti da altri autori, perciò vediamo di seguito quelli posizionati sul lato paterno della famiglia.

Miss Susiebelle Swan in Paperino contro l'uomo d'oro (Barks, 1952)

    I NIPOTI
Innanzitutto, ci sono il nipotino fortunato Shamrock Gander e le cuginette fortunate senza nome, che appaiono in Paperino e il festival dei paperi (?/Strobl, 1955), suggerendo che la fortuna in qualche modo appartenga alla famiglia Gander (“Luck sorta runs in the family!”). Solo Shamrock (dei tre) apparirà nuovamente, in una storia brasiliana intitolata O Trevinho da Sorte (Saidenberg/Miyaura, 1978). 

Shamrock Gander in Paperino e il festival dei paperi (?/Strobl, 1955)

Un altro nipote, chiamato Clyde (nessun cognome viene fornito), compare in Le GM e l'aspirante Marmotta (Gregory, 1981). Così come Shamrock, Clyde è molto fortunato (uno dei nipotini di Paperino commenta: “It must run in the family!”), viene da un altro luogo (entrambi i nipoti si trovano in visita dallo zio Gastone) e indossa un cappello simile, ma è visibilmente più grande di età. 

Clyde in Le GM e l'aspirante Marmotta (Gregory, 1981) 

In ogni caso, la sensazione di déjà-vu non termina qui. Infatti, un terzo quasi identico nipote, chiamato Gastoncino, visita lo zio in Qui, Quo, Qua e il cugino Gastoncino (Russo/Comicup Studio, 1992), dove viene esplicitato il fatto che si tratti (come il titolo suggerisce) di un cugino di Qui, Quo e Qua. A causa delle somiglianze tra i tre personaggi (sia nel design sia nella fortuna) e del fatto che essi appaiano soltanto in una storia ciascuno (tranne Shamrock), i lettori tendono a considerarli come un unico personaggio. Una incongruenza riguardante questa teoria è che, nella storia italiana, Gastone si ricorda di avere visto suo nipote l'ultima volta quando era uscito dall'uovo.

Gastoncino in Qui, Quo, Qua e il cugino Gastoncino (Russo/Comicup Studio, 1992)

    I CUGINI
Gastone ha tre cugini dal lato paterno (a parte le cuginette, che probabilmente sono figlie di un primo cugino) che sono apparsi o menzionati in storie pubblicate: Disraeli Duck, Sadstone Gander e Badluck Gander. Disraeli fa la sua unica apparizione in Gladstone and Disraeli (Jensen/Rodriguez, 2013) e si trova in visita a Paperopoli dopo non aver visto Gastone dai tempi della loro infanzia. Disraeli è piuttosto irritante e manipolativo e Gastone non apprezza la sua compagnia; inoltre, nonostante il suo cognome sia Duck, viene esplicitamente dichiarato che non vi è alcun grado di parentela con Paperino.

Disraeli Duck in Gladstone and Disraeli (Jensen/Rodriguez, 2013)

Sadstone Gander appare in The Dark Side of the Luck (Klein/Gulbransson, 2014) come il cugino sfortunato di Gastone da tempo sperduto. Nell'intenzione dell'autore, questo personaggio avrebbe dovuto essere il fratello gemello di Gastone, ma i redattori della Egmont hanno rifiutato questa parentela a causa della sua assenza in storie precedenti, assenza apparentemente ingiustificabile per un parente così prossimo di uno dei personaggi principali. 

Sadstone Gander in The Dark Side of the Luck (Klein/Gulbransson, 2014)

Badluck viene menzionato nella striscia giornaliera del 28 ottobre 1992, a cura dell'artista americano Larry Knighton, e viene descritto come “the black sheep of [Gander] family” perché “he only won the state lottery twice”.

 Badluck Gander nella striscia del 28 ottobre (Knighton, 1992)

    I GENITORI
Menzionati nell'albero abbozzato da Barks negli anni Cinquanta e disegnati da Mark Worden nel 1976?, la zia di Paperino Daphne Duck e Goosetave Gander (conosciuto anche come Goostave, Goosetale e Goosetail) sono resi “ufficialmente” genitori di Gastone da Don Rosa nel suo ben noto albero genealogico dei Paperi. Rosa ha anche usato Daphne in due storie a fumetti (1994; 1998), ma non ha invece mai mostrato Goosetave, recentemente comparso in De komst van oom Fortunus (du Mosch/Ferioli, 2022).

Goosetave Gander in De komst van oom Fortunus (du Mosch/Ferioli, 2022)

Un'altra coppia di genitori senza nome è stata data a Gastone in un editoriale pubblicato sul numero 46 del settimanale olandese Donald Duck nel 1993, disegnata da un artista non accreditato. Inoltre, la mamma di Gastone (o almeno la sua parte inferiore) viene mostrata in un flashback nella già menzionata Gladstone and Disraeli, apparendo piuttosto differente dalla Daphne di Rosa.

 I genitori di Gastone nell'illustrazione olandese (1993)

    LE ZIE
Gastone ne ha almeno due dal lato paterno. Zia Gastolinda è mostrata in un flashback in Gastone Paperone in: Rivoglio il quadrifoglio! (Michelini/Barbucci, 1995) e zia Esmeralda è menzionata da Gastone e Sadstone nella storia in cui appare il cugino sfortunato. Secondo corrispondenza privata con l'autore, Rob Klein, quest'ultima sarebbe una sorella del padre di Gastone.

Gastolinda in Gastone Paperone in: Rivoglio il quadrifoglio! (Michelini/Barbucci, 1995)

    ALTRI PARENTI
Nonostante non si tratti di una pubblicazione Disney ufficiale, The Barks Collector introduce anche un personaggio importante per la genealogia di Gastone. Un articolo del barksista John Nichols, pubblicato nel numero doppio 31-32 della fanzine e intitolato “FINE FEATHERED FRIENDS: THE DISNEY DUCKS. Part two: Gyro Gearloose, aninterview”, suggerisce che la fortuna dei Gander provenga dal nonno di Gastone, Gemstone Gander (“Gemstone’s the reason Gladstone’s family wound up here. He won the Irish Sweepstakes five times, and finally had to come over here to find a lottery they’d let him enter. Got to the point he wasn’t allowed to buy a ticket for the Irish one”). Dal momento che questo sarebbe attualmente uno spazio vuoto nella continuity ufficiale e, dato che l'articolo in questione di fatto prova a spiegare la caratteristica principale della famiglia Gander, lo considero degno di nota.

Gastone ha anche due prozii: il prozio Guberto, dal quale ha ereditato la casa in cui vive, menzionato in Gastone e l’eclissi di fortuna (Barosso/Scarpa, 1962), e il prozio Coodle O'Luck, che appare in carne e ossa in Gastone e il cugino dimenticato (Faccini, 2005). Inoltre, in Zio Paperone e l'incentivo dell'eredità (Chendi/Bottaro, 1971), Gastone riceve un'eredità dal suo “lontanissimo parente” Jellat De' Scalognati; il loro grado di parentela è, tuttavia, ignoto.

Coodle O'Luck in Gastone e il cugino dimenticato (Faccini, 2005)

Altri parenti sparsi (probabilmente antenati) sono mostrati in Gastone e la luna storta (Faccini, 2014), rispettivamente: Gappo Buonasorte, Paperella De Quadrifoglis, Fortunio ?Paperunio? (il cognome non è completamente leggibile) e Felice Cornucopia. Nella stessa storia, Gastone incontra anche il suo sfortunato bis-bis-bisnonno Badstone Badluck in un luogo onirico in cui il tempo pare essersi fermato. Tale incontro riporterà Badstone alla sua epoca e lo renderà fortunato, cambiando perciò il suo destino.

 Badstone Badluck in Gastone e la luna storta (Faccini, 2014)

Ancora altri parenti vengono mostrati da Marco Gervasio nel capitolo Dolly Paprika (Gervasio, 2017) della sua recente saga su Fantomius: Samantha Gander, prozia di Gastone, suo marito Clement Duck e le loro figlie Margaret e Dolly Duck (vera identità di Dolly Paprika), partner dello stesso Fantomius.

    PARENTELE CONTROVERSE
In Qui Quo Qua esattori (Barks, 1946), Paperino afferma di aver prestato un libro a sua cugina Mehitabel Mudhen per evitare di saldare un conto in sospeso. Nella storia, non è specificato se tale personaggio esista realmente o se il nome sia inventato da Paperino (come nel caso del “Marmaduke Mallard” menzionato in questo post), ma suppongo che avrebbe poco senso inventarsi il nome di un parente di fronte ai propri nipoti. Si tratta comunque della sua unica menzione e, siccome non si conoscono altri Mudhen e siccome lo spazio per la madre dei nipoti di Gastone è tuttora vacante, suggerirei che potrebbe ricoprirne il ruolo. Ciò la renderebbe una cugina acquisita di Paperino.

 Mehitabel Mudhen in Qui Quo Qua esattori (Barks, 1946)

In Paperino e il papero preistorico (Fallberg/Strobl, 1960), Nonna Papera mostra un albero genealogico della famiglia dei Paperi e, come Paperino commenta, Gastone si trova sullo stesso ramo di Blackduck, il pirata. Oltre a questa citazione, nulla è detto riguardo al personaggio, se sia ancora in vita e che grado di parentela abbia esattamente con Gastone.

Blackduck in Paperino e il papero preistorico (Fallberg/Strobl, 1960)

Oscar Paperone fa il suo debutto in Zio Paperone e l'amuleto su misura (Chendi/Scarpa, 1962) come nipote di Paperon de' Paperoni. Vive lontano da Paperopoli e non è né fortunato (come Gastone e praticamente il resto della sua famiglia) né sfortunato (come Sadstone), ma è uno iettatore che porta accidentalmente sfortuna a Paperone (facendogli perdere “venti miliardi per ogni minuto secondo”) e fortuna a Rockerduck (raddoppiandone la ricchezza). Oltre a essere nipote di Paperone, apprendiamo che è anche cugino di Paperino e, siccome il suo cognome è lo stesso di Gastone, si potrebbe pensare a una qualche connessione tra i due personaggi. Purtroppo, non sono mai apparsi insieme.

Oscar Paperone in Zio Paperone e il nipote portasfortuna (Chendi/Scarpa, 1966) 

Nel 1975, il redattore del settimanale olandese Donald Duck Thom Roep vuole pubblicare il classico barksiano Paperino contro l'uomo d'oro, ma, non avendo ricevuto tutte le pagine della storia dalla Danimarca, decide di riscrivere i dialoghi per dare un senso alle poche tavole di cui è in possesso. In questa nuova versione, viene menzionato che un cugino di secondo grado di Gastone, Snek Snavel, è recentemente deceduto.

    I PARENTI INEDITI
Esistono alcuni parenti tuttora inediti, ma che potrebbero essere introdotti in future storie Disney: si tratta di Wayward D. e Luckstone Gander, ideati dall'autore Rob Klein e comunicatimi personalmente dallo sceneggiatore una volta appreso dell'esistenza di questo progetto. Secondo Klein, questi personaggi sarebbero rispettivamente il padre e il fratello gemello di Sadstone (“The backstory is that as soon as they came out of their mother, or the egg, Sadstone started having bad luck, and his twin had only good things happen to him”).

    TENTARE UNA RAPPRESENTAZIONE
Unire Shamrock e Clyde in un unico personaggio potrebbe non sembrare un problema inizialmente. Dal momento che Il festival dei paperi è narrata da Paperino mentre commenta vecchie diapositive, potremmo presupporre che la vicenda sia accaduta in un passato in cui Shamrock era ancora bambino; l'assenza dei nipotini di Paperino potrebbe avallare questa tesi senza contraddizioni e il piccolo potrebbe essere poi cresciuto e diventato il ragazzo che vediamo ne L'aspirante Marmotta, quando incontra i tre paperini per la prima volta. Questa teoria sarebbe però in contraddizione con la storia brasiliana in cui appaiono sia Shamrock che i nipoti di Paperino, perché lì si vede chiaramente che non hanno la stessa età. Il problema con Gastoncino riguarda – come dicevo sopra – la frase pronunciata da Gastone a proposito del loro ultimo incontro, perciò si tratta con molta probabilità di un ulteriore nipote.

Anche le due cuginette di Gastone sembrano molto piccole, perciò preferirei considerarle come le figlie di qualche cugino di Gastone; dopotutto, anche Qui, Quo e Qua chiamano Gastone “cugino” invece che “zio” nelle storie di Barks (ad esempio: qui o qui). Per questi due personaggi femminili, ho utilizzato i loro nomi francesi (Rose e Elise), siccome nella versione originale rimangono anonime. Per quanto riguarda il padre delle cuginette, la mia scelta è ricaduta sul cugino Luckstone, secondo indicazione di Klein (“And that very lucky Gander – Sadstone's twin – should be the father of the very lucky girl twins – Elise and Rose –, who were shown – or, at least assumed, and needed – to be very lucky in the Shamrock story”).

Elise e Rose nella traduzione francese di Paperino e il festival dei paperi

A proposito di Oscar: inizialmente, lo avevo pensato come un ulteriore fratello di Sadstone (credevo avrebbe avuto senso), ma ciò non lo avrebbe reso né nipote di Paperone né cugino di Paperino, perciò ho ritenuto che l'unico modo per rispettare queste parentele fosse collocarlo come fratello di Gastone. Alcuni teorici (come Gilles Maurice) lo vorrebbero figlio di Matilda (in seguito a una eventuale separazione tra Daphne e Goosetave), ma non lo considero necessario. È vero che non sarebbe tecnicamente nipote di Paperone senza la parentela con Matilda, ma ciò vale anche per Gastone.

Per quanto riguarda il prozio Guberto, ho deciso di utilizzare il nome presente nella versione francese (Gilbert) poiché suona più internazionale. Mehitabel Mudhen è stata collocata – come anticipato – come cognata di Gastone, Blackduck il pirata come padre di Badstone (poiché entrambi hanno a che fare con il mare) e Disraeli come figlio di zia Esmeralda (siccome entrambi vengono ricordati come parte dell'infanzia di Gastone nelle rispettive storie). Ancora una volta, dopo vari scambi di e-mail, Rob Klein ha suggerito il nome “Boffo Beakface” come anglicizzazione di Snek Snavel, e l'ho accettato.

Gilbert nella traduzione francese di Gastone e l’eclissi di fortuna (Barosso/Scarpa, 1962)

Ho anche accettato l'idea iniziale di Rosa di avere Susiebelle Swan come prozia di Gustavo. Ero in realtà perplesso all'inizio poiché nella storia viene detto che ha nominato Gastone come suo unico erede, perciò non avrebbe potuto morire prima della sua nascita e anzi avrebbe dovuto conoscerlo. Quindi, il fatto di essere più anziana di ben tre generazioni mi sembrava strano e ho dovuto pensarci un po', ma poi mi sono ricordato delle zie di mia nonna che erano ancora in vita durante i miei vent'anni, perciò ho reputato che non fosse impossibile. Come Susiebelle Swan, anche Jellat De' Scalognati ha nominato Gastone suo unico erede, perciò non dovrebbe essere troppo lontano cronologicamente; l'ho collocato come una specie di zio/cugino alla lontana e l'ho agglomerato nel ramo “Badluck”, siccome mi sembra la traduzione ideale per il cognome che ha nella versione italiana.

L'unico personaggio presente nella seguente rappresentazione che non ho ancora menzionato è Lochbert Gander, un antenato di Gastone citato in Paperino e il castello stregato (Lockman/DeLara, 1955), come il marito della figlia di McTavish Duck (antenato, seppure in maniera differente, sia di Paperino che di Paperone).


© Disney per le immagini pubblicate.
Si ringraziano Rob Klein per la preziosa e costante consulenza e l'utente farmspirit del forum The Feathery Society per la rappresentazione grafica finale (cliccare sull'immagine per ingrandirla).

venerdì 17 giugno 2022

L'evoluzione di Rockerduck

Questo è un post che avrei voluto scrivere da un po' di tempo ma che, per un motivo o per l'altro, è stato rimandato fino a oggi. Come già riferivo qui, Rockerduck appare negli States soltanto in tre storie pubblicate tra gli anni Settanta e gli anni Duemila (oltre, chiaramente, all'esordio sancito da Carl Barks), mentre diventa presto un personaggio molto popolare in Europa grazie soprattutto alla produzione italiana e a quella del Disney Studio Program, che sviluppa storie complete e soggetti per i mercati non-statunitensi. Ciò che andrò a fare oggi è delineare l'evoluzione caratteriale e grafica di questo rivale attraverso le quattro storie pubblicate in America, senza infine tralasciare qualche riferimento alla produzione nostrana.

In Zio Paperone e la superbenzina (Barks, 1961), John D. Rockerduck (questo il nome con cui viene presentato fin dalla seconda vignetta della prima tavola) è solamente un "concorrente" di Zio Paperone ("one of his business rivals" nella versione originale) e sfoggia una insolita (almeno per come è stato caratterizzato in seguito) folta chioma castana (sbiancata nelle successive ristampe). In questa storia, i due miliardari competono per dimostrare quale delle rispettive benzine sia la più efficiente e, strano ma vero, Rockerduck primeggia e l'avventura si conclude con un adirato Paperone che insegue il nipote (fautore della sua sconfitta).

La prima apparizione di John D. Rockerduck (Barks, 1961)

La seconda apparizione americana del personaggio risale a esattamente dieci anni dopo questo primo racconto e si tratta di Paperon de' Paperoni e l'inghippo elettorale (?/Wright, 1971). In questa storia, Rockerduck (che compare solamente in cinque vignette più una in cui se ne vede la silhouette) presenta un look differente (si vedano occhiali, abbigliamento, capelli e sopracciglia) e non è un rivale di Scrooge, ma solamente un candidato alla presidenza del Club dei Miliardari che ha un fare bonario e amichevole. Il nuovo aspetto grafico sembrerebbe essere ispirato a Wormsley Bookdust, travestimento di Paperino in Paperino e le lettere galanti (Barks, 1949), e a Scuylor Vanderbandit, criminale apparso in I Bassotti alla deriva con l'idraulica (Lockman/Strobl, 1966). Da notare che Wright aveva già disegnato Rockerduck in due storie dello Studio Disney negli anni Sessanta utilizzando invece il look internazionale più convenzionale.

Rockerduck alla sua seconda apparizione americana (?/Wright, 1971)


Wormsley Bookdust (Barks, 1949)

Scuylor Vanderbandit (Lockman/Strobl, 1966)

La terza apparizione tutta americana di Rockerduck avviene in I Bassotti e la carica degli 800 e rotti (Evanier/Wright, 1974). Nella versione originale della storia, a differenza delle due precedenti, Rockerduck non è un semplice miliardario, bensì il secondo papero più ricco del mondo (viene infatti presentato come il "second richest duck in the world", titolo assente nella traduzione italiana). Wright cambia ancora una volta l'aspetto del personaggio, rendendolo più somigliante alla matrice barksiana (ristampata in America giusto sei mesi prima) e restituendogli perciò la folta chioma bianca. Curiosamente, la redazione di Topolino fa ridisegnare da qualche artista interno i capelli di Rockerduck per far sì che sia riconoscibile agli occhi dei lettori italiani, nel frattempo abituatisi alla versione ancora oggi presente nei fumetti.

Rockerduck è il secondo papero più ricco del mondo (Evanier/Wright, 1974)

... ma non in Italia

Confronto tra il Rockerduck di Wright pubblicato in America (stile barksiano) e in Italia (adattamento allo stile internazionale prevalente)

La quarta e ultima storia con Rockerduck pubblicata negli Stati Uniti prima degli anni Duemila è Il re di Copper Hill (Rosa, 1993), quarto capitolo della Saga di Paperon de' Paperoni, in cui Scrooge incontra brevemente un piccolo "Johnny" ancora bambino.

Un piccolo "Johnny" Rockerduck (Rosa, 1993)

Queste quattro pubblicazioni (tre delle quali prodotte in America tra gli anni Sessanta e Settanta e una realizzata per il mercato danese negli anni Novanta) rappresentano un personaggio mutevole: miliardario rivale di Paperone, bonario aspirante presidente del Club dei Miliardari, secondo papero più ricco del mondo e, infine, bambino viziato. Come già accennato, fuori dagli States, Rockerduck è un personaggio ricorrente ben definito che possiede un po' di tutte queste caratteristiche e che riassumerei con una bella descrizione fornitami l'anno scorso dall'autore Carlo Chendi: "Rockerduck è solo un miliardario con pochi scrupoli, come lo sono i miliardari 'reali'". Questo suo essere "con pochi scrupoli", al contrario di Paperone, che invece conosce il valore del lavoro e della fatica e ha degli ideali da difendere, ha fatto sì che fosse possibile in passato rappresentarlo in combutta con veri e propri gangster, come nelle storie scritte da Guido Martina.

Per quanto riguarda l'evoluzione del suo aspetto grafico, è interessante notare come, nella sua seconda apparizione assoluta, Zio Paperone e il kiwi volante (Barosso, Barosso/Bordini, 1963), l'artista segua pedissequamente il look proposto da Barks, ricopiandone pure alcune pose. Sarà, poco più tardi, il duo veneto Scarpa-Cavazzano a sfoltirne gradualmente (e nemmeno continuativamente) la pettinatura nelle storie appena successive, Il giro del mondo in 80 stati d'animo (Kinney/Scarpa, 1964) e Zio Paperone e il coniglio ranista (Barosso, Barosso/Scarpa, 1964). Negli anni seguenti, i vari artisti (italiani e internazionali) proseguono quindi a rappresentarlo in questa versione aggiornata, spostando leggermente i capelli di storia in storia (dalle tempie alle guance), a seconda del modello di riferimento del personaggio, fino ad arrivare al look definitivo che oggi tutti conosciamo. Non deve perciò sorprendere più di tanto il cambiamento operato durante l'importazione de La carica degli 800 e rotti, siccome, solo tra la pubblicazione de Il kiwi volante e quella storia, in Italia era già apparso in ben più di cento storie portando la nuova acconciatura!

Paragone tra due vignette di Barks (1961) e Bordini (1963), evidentemente ricopiate

Una via di mezzo tra la versione barksiana e quella attuale (Kinney/Scarpa, 1964)

La trasformazione è quasi completata (Barosso, Barosso/Scarpa, 1964) 

Di seguito, vorrei riportare una breve carrellata di aspetti curiosi che il miliardario ha sfoggiato nel corso dei decenni.

Zio Paperone e la caccia alle bottiglie (Kinney/Bradbury, 1965)

Zio Paperone e la giostra delle battaglie (?/Wright, 1966)

Hannibals Elefant (Gulbransson, 2013) e In den wilden Bergen (Gulbransson/Gulbransson, Rodriguez, 2013)

De tre milliardærer (Korhonen, 2015)

© Disney per le immagini pubblicate.

martedì 21 dicembre 2021

Una chiacchierata con... Carlo Chendi (2014)

La mia corrispondenza elettronica con Carlo Chendi iniziò, credo, nel 2010. All’epoca, gli scrivevo chiedendo informazioni riguardanti sue vecchie storie, dettagli, ispirazioni, e lui mi rispondeva sempre rapidamente, raccontandomi tutti i retroscena e parlando con grande passione dei suoi lavori. Ricordo che, discorrendo della storia Topolino contro il “magnifico snello” (Chendi/Rebuffi, 1976), che io avevo letto su un numero de I Grandi Classici Disney, Chendi aveva memoria solo di alcuni dettagli (come i nomi dei pianeti, che giocavano su luoghi reali di sua conoscenza) e non della storia nella sua interezza, e mi manifestò il desiderio di rileggerla. Così, quando ci incontrammo nell’aprile dell’anno seguente, durante una cena nella sua Rapallo in occasione della consegna a Don Rosa del Premio Papersera, regalai a Carlo la mia copia de I Grandi Classici (con la copertina mancante) e lui ne sembrava veramente entusiasta; nella fotografia, lo si può vedere mentre sfoglia l’albo raccontando ai commensali quella storia misteriosa. Nella stessa occasione, Chendi mi fece dono di un libretto da lui edito su Carl Barks in occasione dell'edizione della Mostra Internazionale dei Cartoonists dedicatagli a Rapallo nel 2005, e di una copia di tutte le lettere inviategli da Barks tra il 1967 e la fine degli anni ’90; un omaggio molto apprezzato da cui traspare tutto il suo amore per il mondo dei comics.

Carlo sfoglia le pagine de Il magnifico snello e io alle sue spalle (Rapallo, aprile 2011)

Incontrai nuovamente Carlo due volte: nel 2014 e nel 2017, e in entrambe le occasioni mi accolse molto amichevolmente nella sua casa/studio a Rapallo. Fu proprio nell’estate del 2014 che ebbi modo di fargli questa intervista (mai pubblicata*) per il mio blog Eco del Mondo (all’epoca Daily War Drum). Mi presentai a casa sua con due confezioni di lamponi, che gli regalai; spero non ne fosse allergico, a me piacciono molto!

SC = Simone Cavazzuti
CH = Carlo Chendi

SC: Lei ha lavorato con alcuni dei più grandi artisti italiani, come Bottaro, Scarpa, Cavazzano, Carpi… In alcuni casi, si è sviluppato un rapporto di amicizia oltre a quello di natura prettamente collaborativa?

CH: Sì, in particolare con Bottaro, con il quale ho iniziato questa professione. Abbiamo cominciato praticamente insieme: le mie prime storie le disegnava Bottaro, poi Bottaro aveva anche tanto da fare... poi il direttore gli passava storie anche di altri, allora io facevo altre storie per la Mondadori che il direttore passava ad altri disegnatori: a Scarpa, a Carpi, poi a Cavazzano quando ha cominciato a lavorare. Tra l’altro, delle prime cinque storie di Cavazzano quando ha iniziato a lavorare per la Disney, quattro sono sceneggiature mie. E con Cavazzano siamo rimasti molto molto amici, ci siamo visti la settimana scorsa. Anche con Bottaro, Scarpa e Carpi c’era un ottimo rapporto, un rapporto di collaborazione, ma anche di stima.

SC: Negli anni, ha preferito scrivere per qualche disegnatore piuttosto che altri?

CH: I primi tempi scrivevo per Bottaro perché abitava a Rapallo, al quinto piano sopra di me. Dopo Bottaro, ho lavorato con Cavazzano, assieme al quale ho creato i personaggi di OK Quack e Umperio Bogarto.

SC: Se non sbaglio, su I Grandi Classici, stanno ristampando alcune storie di OK Quack.

CH: Non lo so, perché non ho modo di vedere le ristampe. Da un po’ di anni non compro più niente; di solito me le mandano, ma non so più dove metterle. La Disney mi ha spedito i primi ventidue libri di Scarpa [ndr. L’Opera omnia di Romano Scarpa] e sono appoggiati lì per terra, non mi ci sta più niente da nessuna parte. Qualche volta mi dicono: “ti mandiamo questo”, e io dico: “no, perché non so dove metterli” [ride]. Uno che cura la composizione delle ristampe è Luca Boschi e ogni tanto mi comunica che ha scelto delle storie mie. Poi sono in contatto con Marcelo Alencar, che è il traduttore delle storie Disney per la Abril in Brasile, e anche lui mi ha mandato le mie storie pubblicate in Brasile... poi mi ha fatto un’intervista. Le storie mie Disney sono state pubblicate in ventiquattro paesi: negli Stati Uniti, la Russia, tutta l’Europa, e adesso anche in Cina.

Premio Copertina d'Argento (The Walt Disney Company Italia, 1994)

SC: Le è mai capitato che l’editore le modificasse i testi o le chiedesse di cambiare qualcosa all’interno delle sue storie?

CH: Direi di no. La redazione qualche volta poteva tagliare una frase se non ci stava materialmente nel fumetto. Io, poi, non mandavo mai le storie all’approvazione perché c’era un rapporto fiduciario con i direttori. Pensa che ho fatto una storia che per l’epoca, il 1960, era una novità, che è stata Paperino il paladino, dove tutti parlano in un italiano antico maccheronico. Era una cosa che non era concordata con il direttore. Quando Bottaro l’ha disegnata, abitualmente me la ridava che controllavo i dialoghi e nel vederla così mi è venuto in mente di studiare il linguaggio. Mi sono fatto una specie di dizionario, cercando di fare la caricatura dell’italiano antico ma che fosse capito dalla generazione dell’epoca. L’ho mandata al direttore senza dirgli niente e lui l’ha pubblicata senza dirmi niente, senza cambiare nulla. Quel tipo di linguaggio che avevo inventato, poi, Monicelli l’ha copiato per L’armata Brancaleone, uguale identico. Gentilini e Capelli, che sono stati i direttori per i quali ho lavorato di più, non mi hanno mai controllato o censurato niente, perché evidentemente c’era un rapporto di fiducia. Io penso che il vero editore, una volta che ha testato un autore e si rende conto che sa fare il proprio lavoro e lo sa fare bene, non abbia bisogno ogni volta di controllarlo o cambiare le cose che fa, altrimenti sarebbe meglio non farlo lavorare. Uno dei motivi, a mio avviso, della crisi del Topolino da quando è andato via Capelli è che i direttori che sono arrivati dopo hanno voluto intervenire nella creatività e l’hanno smorzata; Casty mi dice, ad esempio, delle difficoltà che ha qualche volta con questa redazione [ndr. la direttrice era Valentina De Poli] nel fargli approvare alcune storie, perché probabilmente non le capiscono. Il compito del redattore, a mio avviso, è quello di controllare che non ci siano sbagli di grammatica, di sintassi, coordinare le cose, ma non intervenire nella creatività.

SC: Una volta, lo stile di disegno era più eterogeneo: pensi a De Vita padre, Scala e altri artisti con uno stile particolare; mentre i nuovi disegnatori hanno uno stile più omologato e simile. Cosa ne pensa?

CH: Un po’ è dovuto alla redazione, che vuole un prodotto omogeneo, e un po’ è dovuto anche al fatto che gli artisti tendono ad accodarsi a stili già esistenti. Una volta, non era così: per esempio, Gentilini non è mai intervenuto sulle storie di De Vita padre, che aveva uno stile totalmente non disneyano, non è mai intervenuto sulle storie di Scala o di Perego. Li ha lasciati disegnare con il loro stile. E quando il Topolino usciva, tu lo sfogliavi e li conoscevi: questa storia è di Perego, questa è di Scarpa, questa è di De Vita padre. Adesso, il Topolino è tutto uguale. C’è una omogeneità che da un certo punto di vista può funzionare per la redazione, ma secondo me i lettori preferirebbero ancora trovare lo stile e la personalità degli artisti. L’omogeneità viene accettata mediamente da tutti, la differenza no. Ad alcuni magari non piacevano le storie di Perego, ma secondo me quello era un punto positivo proprio per sottolineare la creatività e la diversità che c’era nella produzione di questi fumetti.

Chendi nel suo studio (Rapallo, agosto 2014)

SC: Al momento sta lavorando a qualcosa?

CH: No [ride]. Sto facendo qualche altra sceneggiatura, ma non per la Disney. Perché io ero abituato con i vecchi direttori che si fidavano di me e ora confesso che mandare delle mie storie in redazione e poi sentirmi dire: “questo non va, cambia perché…”, preferisco di no. Sono stato abituato a lavorare per tutti gli editori senza mandare storie all’approvazione: ho lavorato per vent’anni per il Giornalino, ho lavorato per il Corriere dei Piccoli, il Corriere dei Ragazzi. Sia il direttore dell’uno che dell’altro non mi hanno mai chiesto di mandare delle storie all’approvazione, tutt’al più mi dicevano: “manda una storia di sei pagine, dieci, ma arrangiati”, invece con la Disney adesso… Poi, è una questione anche di rincoglionimento dovuto all’età [ride]: io credo che un redattore di venticinque/ventisei anni ne sappia meno di me e quindi non credo di avere niente da imparare da loro, forse loro avrebbero qualcosa da imparare da me.

SC: Si è affezionato a qualche personaggio?

CH: Soprattutto alla famiglia dei paperi, che sono quelli che ho usato di più... di Topolino ho fatto poche storie; gli altri personaggi a cui ero e sono molto affezionato sono Pippo e Nocciola. Tra l’altro, con Pippo ho fatto anche delle storie diverse con il corvetto che ha usato anche Scarpa [ndr. Gancio], Pippo lo sento come un mio personaggio. E poi Umperio Bogarto e OK Quack.

SC: Vuole dire qualcosa sul suo rapporto con Barks?

CH: Io ho imparato a fare le storie da Barks. Aveva una qualità innovativa nell’impostare le storie per i comics. La sua tecnica, l’umorismo e il modo in cui faceva recitare i personaggi erano veramente grandi e io ho imparato di lì. Non sapevo chi fosse, cercavo di conoscere il suo nome, ma praticamente non lo sapevano neanche alla Disney; perché Barks non lavorava per la Disney, lavorava per la Western Printing, che era tipo una Mondadori, cioè un editore licenziatario Disney. Poi, nel ’65, Alfredo Castelli, che si occupava di fumetti da appassionato prima di diventare un professionista, su una fanzine americana ha trovato l’indirizzo di Barks. Io gli ho scritto dicendo che ero un suo allievo, l’ho chiamato “Maestro”, e dal ’65 [ndr. in realtà dal ‘67] in avanti ci siamo scritti per più di vent’anni. Poi, nel ’93 mi pare [ndr. era il ‘94], lui è venuto in Europa, mi ha scritto dicendo: “passo dai vari paesi europei e vengo anche in Italia”, allora l’ho invitato a Rapallo e lui ha detto: “vengo volentieri”. Infatti, è venuto a Rapallo, siamo andati a mangiare al ristorante dei fumetti di U Giancu. È venuto perché eravamo amici.

SC: Era una persona amichevole?

CH: Era la persona più umile che abbia conosciuto. Si meravigliava ancora che tanti apprezzassero le sue storie. Quando gli ho detto: “hai fatto delle storie meravigliose”, mi ha risposto: “mi venivano così”.

L'allievo e il Maestro (Chendi e Barks)

SC: Ancora oggi è ristampato ovunque.

CH: Barks è eterno, ha fatto delle storie che sono dei classici. Alcuni personaggi non dei fumetti sono cresciuti leggendo le storie di Barks, due in particolare: Steven Spielberg e George Lucas. Tra l’altro, Spielberg da giovane è andato a trovare Barks perché era un suo ammiratore, Lucas uguale. Quando ho fatto la mostra dedicata a Barks, sapevo che Lucas aveva scritto un articolo su Barks e allora volevo pubblicarlo, però ovviamente con il suo permesso. Sono riuscito a trovare fortunosamente il suo indirizzo a Los Angeles, gli ho scritto, sono passati due mesi e non mi ha risposto. Poi, dopo due mesi, ricevo la sua lettera, non avevo quasi il coraggio di toccarla, il quale mi si scusa dicendo che non mi ha risposto prima perché era in vacanza, tornato dalla vacanza ha trovato la mia lettera; l’articolo di Barks lo potevo pubblicare gratis, senza nessun problema!

SC: Pensa che oggi ci sia qualche autore in grado di scrivere storie che durino?

CH: Non lo so perché lo seguo poco. Due autori che conosco meglio, a parte Cavazzano che è uno dei “vecchi”, e che secondo me hanno un grande talento sono Casty e Artibani. Artibani lo conosco bene, la sua prima storia di Paperino era il rifacimento di una storia mia [ride]. Un altro molto bravo che fa delle belle cose è Celoni, anche Mottura. Però oramai loro tendono a fare anche storie per altri editori: Celoni fa Dylan Dog, Mottura ha fatto adesso una storia per Bonelli. Invece, uno che si dedica solo a quello è Casty. Anche Artibani ha fatto le Winx e un sacco di altre cose, però è molto bravo, pieno di talento.

SC: Cosa ne pensa dei nuovi metodi di disegnare in maniera digitale?

CH: Il cellulare, il tablet, il computer sono macchine. Ho fatto una conferenza assieme a Freccero, uno bravo, che lavora prevalentemente per la Danimarca. Lui usa tantissimo il computer, ma è una macchina che serve a chi ha creatività per non perdere tempo a cancellare e ripassare con la china. Oramai, non c’è più nessuno che colora a mano. È cambiato anche il sistema di stampa. Se tu dai l’originale, non sanno più come riprodurlo: Freccero, che manda le copertine in Danimarca, le colora al computer e in tempo reale le manda là; là, quando gli arriva sul computer il disegno, lo passano direttamente alla rotativa. Sono saltati tutti i passaggi. Il computer è una macchina indispensabile, ma non crea.

*al momento della pubblicazione del post, l'intervista è disponibile digitalmente anche sul numero di questo dicembre della fanzine online tedesca Bertel-Express.