martedì 31 ottobre 2023

"Amelia made in Italy" (di Giuseppe Benincasa)

Oggi è Halloween, la Notte delle Streghe. E, nei fumetti dei Paperi Disney, ne abbiamo viste parecchie, di streghe. Basti pensare a storie classiche come Paperino e l'albero di Natale (Barks, 1948) o Paperino e le forze occulte (Barks, 1952), per poi arrivare a Zio Paperone e la fattucchiera (Barks, 1961). Ed è proprio su questo personaggio (e sulla sua successiva caratterizzazione all'interno delle storie dei fratelli Barosso) che verte l'articolo di oggi, scritto da Giuseppe Benincasa. Buona Lettura!

AMELIA MADE IN ITALY
di Giuseppe Benincasa

Amelia la fattucchiera che ammalia (in originale: Magica De Spell) è uno dei personaggi più iconici creati da Carl Barks, l’Uomo dei Paperi, e, anche grazie alle sue origini partenopee, ha presto fatto colpo sui lettori (e sugli autori) italiani. Infatti, la prima storia nostrana con Amelia risale al 1962, cioè un anno dopo il suo debutto americano e sei mesi dopo l'avvento sulle pagine di Topolino.

Si tratta di Zio Paperone e la strega antistrega (Barosso, Barosso/Perego, 1962), che detiene anche i primati di prima storia non barksiana col personaggio e di primo incontro con la strega Nocciola (Witch Hazel), nata in animazione e fatta debuttare nei fumetti proprio da Barks, in Paperino e le forze occulte (Barks, 1952). I fratelli Abramo e Giampaolo Barosso sono gli autori dei testi e si può dire che, da questo momento in poi, abbiano “adottato” il personaggio, stabilendone col tempo alcune caratteristiche che si sono poi imposte nella sua versione italiana. La trama è presto detta: Zio Paperone si allea con Nocciola per difendersi da Amelia, intenzionata — come al solito — a rubare il primo decino guadagnato dal miliardario per trarne un amuleto che la renda ricca. È degno di nota l'aspirapolvere volante utilizzato dalla fattucchiera campana (in contrapposizione alla classica scopa volante, usata dalla più anziana Nocciola), elemento che ritornerà in alcune storie successive.


Nelle storie americane, la prima volta in cui si vede Amelia a cavallo di una scopa risale alla breve Paperina fattucchiera per un giorno (Gregory?/Strobl, 1964), mentre, nelle storie di Barks, la papera napoletana utilizza abitualmente un più prosaico aeroplano, con l’unica eccezione di I tre nipotini e la battaglia in bottiglia (Barks/Strobl, 1971). La scelta dell'aereo è in linea con l'iniziale visione più realistica del personaggio, che, nelle prime avventure, sembra quasi più un’illusionista che una vera strega, dal momento che si serve di bombe al fosforo e meccanismi elettrici nascosti per sparare raggi ipnotizzanti. È a partire da Zio Paperone novello Ulisse (Barks, 1962) che Amelia comincia a mostrare caratteristiche più prettamente magiche, con il ritrovamento della bacchetta magica e delle pozioni della Maga Circe. Comunque, questa prima caratterizzazione più terrena ha echi nella già citata Zio Paperone e la strega antistrega: nonostante Amelia sia indubbiamente una vera e propria strega (tanto da essere accostata a Nocciola e alla strega di Biancaneve), la si vede utilizzare un microfono nascosto per spiare Paperone.


All’epoca, il potenziale del personaggio era ancora da esplorare e i Barosso continuano a farlo nel 1963 in Zio Paperone e la duplice alleanza (Barosso, Barosso/Gatto, 1963), dove Amelia e i Bassotti si alleano per la prima volta in assoluto con lo scopo di derubare il ricco papero. Qui e in Zio Paperone e la sorpresa pasquale (Barosso, Barosso/Carpi, 1963), i fratelli torinesi si divertono a inserire delle parole in napoletano nelle formule magiche pronunciate: “Funicolì, funicolà! Foto! Su, dite immantinente: dove si trova tutta ‘sta gente?”; “Iamme… iamme… è mio volere che si spalanchi tosto il forziere!”


Giocare sulla napoletanità della fattucchiera viene naturale agli autori italiani e un altro esempio viene sempre da Zio Paperone e la sorpresa pasquale: Amelia accende un razzo su cui volare, esclamando: “Volevo lanciarlo a Piedigrotta, questo bel petardone, ma pazienza!”


Zio Paperone e l’orribile ossessione (Barosso, Barosso/Carpi, 1964) segna un altro passaggio importante: il debutto del corvo di Amelia in una storia italiana. Qui, per la prima volta, viene usato il nome Gennarino (Ratface). Da notare che, nelle prime traduzioni delle storie barksiane, il nome era omesso e la prima volta che “Gennarino” compare in una traduzione di una storia americana è in Amelia e l’iceberg-pepita (?/Strobl, 1965). I Barosso non si limitano, però, soltanto al nome: infatti, diversamente dalla versione americana, il corvo non parla, rispettando la propria natura animale, caratteristica rimasta nella tradizione italiana.


Si gioca ancora sulla napoletanità, questa volta con citazioni a brani classici della canzone napoletana: Gennarino, grazie a un incantesimo, canta ‘O sole mio e Funiculì funiculà; sul finale, Amelia, finita vittima dello stesso incantesimo, intona Marechiaro. È da citare, inoltre, l’ironico impiego dei turisti intorno al Vesuvio, presenti in questa e altre storie, spesso spaesati e interessati alla fattucchiera (per esempio, una turista teutonica, vedendo Amelia cantare, afferma: “Oh, Italien! Ke terra ti marafiliose canzona!”)


Nel 1965, i Barosso introducono un'ulteriore novità in Zio Paperone e l’ampolla di Alabastro (Barosso, Barosso/Bordini, 1965): l’aglio come arma difensiva contro le streghe; da allora, elemento immancabile nella produzione italiana. Come dice qui Amelia, l’aglio è “l’unica cosa che streghe, vampiri e fattucchiere non possono sopportare!” Non deve essere un caso che, secondo una nota formula scaramantica napoletana (portata all'attenzione nazionale dalla televisione e il cinema), basterebbe l’aglio a non “far quagliare le fatture” (“Aglio, fravaglio, fattura ca nun quaglio, corna, bicorna, capa r’alice e capa r’aglio”).


È, quindi, proprio grazie a due autori spesso poco ricordati che la fattucchiera che ammalia ha cominciato a muovere i primi passi in Italia, sviluppando caratteristiche e stilemi che continuano a essere utilizzati tutt’ora, a decenni di distanza.


© Disney per le immagini pubblicate.

venerdì 27 ottobre 2023

Il nome del Gran Mogol

Ah, le Giovani Marmotte... l'organizzazione scoutistica per eccellenza dei fumetti Disney. In questo articolo, andavo a elencare i vari fondatori delle GM presentati nella testata statunitense Huey, Dewey and Louie Junior Woodchucks (pubblicata tra il 1966 e il 1984), a cui — allargando il perimetro di ricerca — potremmo aggiungere il trisnonno del Gran Mogol, mostrato in Paperino e il tesoro delle GM (Pesce/Panaro, 2018). Sospetto, inoltre, che Alessandro Sisti ci svelerà altri retroscena nei prossimi episodi del suo Cornelius, ma rimaniamo focalizzati sul tema del giorno.

Il Gran Mogol è una figura fondamentale: organizza e coordina le attività dei gruppi, li accompagna nelle trasferte e segue i ragazzi durante le loro varie prove, occupandosi nel contempo di salvaguardare la flora e la fauna. Negli anni, ha cambiato diversi design (essendo raffigurato anche come un canide o, talvolta, un porcello), ma oggi mi occuperei solamente della sua versione anatrina, che — stando a INDUCKS — dovrebbe essere stata introdotta in Let Sleeping Bones Lie (Barks, 1970). Ordunque, quale è il nome di questo personaggio?

Nell'itinerario 2.7 della TopoGuida 2.0 pubblicato sul numero di Topolino attualmente in edicola, Blasco Pisapia (il curatore del progetto) riporta il nome Lucius Anserinus "Cuordipennuto" McGoose, ricordando il suo ruolo di Senatore e il titolo di Sommo S.C.O.C.C.I.A.T.O.R.E., ma da dove provengono queste informazioni?

Ebbene, S.C.O.C.C.I.A.T.O.R.E. (T.A.I.L.C.R.A.N.K.E.R. nell'originale) è solamente uno dei tantissimi e fantasiosissimi acronimi proposti da Barks nelle sue storie con le GM e, così come il nome Senatore Cuordipennuto (Senator Birdfriend), proviene da Eagle Savers (Barks, 1970), più precisamente dalla traduzione italiana della versione disegnata dall'artista olandese Daan Jippes, ovvero Le Giovani Marmotte e il salvataggio delle aquile (Barks/Jippes, 2001). Nella traduzione di Le Giovani Marmotte e il rifugio delle aquile calve (Barks/Carey, 1971), invece, non viene riportato alcun nome e il "Senatore" diventa "Presidente".


Va, comunque, tenuto in considerazione che lo stesso Uomo dei Paperi aveva assegnato un nome differente al Gran Mogol proprio alla sua prima apparizione: Philodemus Gentlefogg, reso come Filodemo Paperacqua nella traduzione di Le Giovani Marmotte e il Colossosaurus Paperopolensis (Barks/Carey, 1971) e Filodemo Fendinebbia in Le Giovani Marmotte e il Colossosaurus Paperopolensis (Barks/Jippes, 2005). Ci si potrebbe chiedere come mai Pisapia abbia deciso di non riportare questo nome, ma la risposta ha radici nella produzione italiana di storie con i giovani esploratori.


Nel febbraio 1995, arriva nelle edicole del belpaese il mensile GM - Giovani Marmotte, destinato a rimanere attivo per ben 5 anni e 62 numeri. Si tratta di una pubblicazione contenente storie inedite che hanno come protagonisti un gruppetto di scout paperopolesi e il loro Gran Mogol, che, già dal primo numero della serie, ha un nome e un cognome. Infatti, a partire da 2 Mogol... 1 cuore (Russo/Forcelloni, 1995), l'alto papero-guida è chiamato Bertie McGoose. INDUCKS lo separa dal Gran Mogol classico, ma temo sia un approccio rischioso perché ci sono diversi casi limite in cui sono chiaramente intesi come lo stesso personaggio e, quindi, risulta difficile scegliere se indicizzare l'uno o l'altro (un esempio sono le ultime storie di produzione italiana, in cui il personaggio è sempre graficamente lo stesso, ma è identificato ora come "Gran Mogol" ora come "Bertie", a seconda dei casi). Inoltre, va notato che è totalmente assente ogni riferimento a qualsiasi Gran Mogol dagli indici delle produzioni dello Studio Disney, nonostante il personaggio vi appaia eccome.


A ogni modo, il testimone di questo mensile è stato raccolto dalla pubblicazione Panini Il Manuale delle Giovani Marmotte (26 numeri tra il maggio 2020 e l'ottobre 2022), nonché da nuove avventure e nuovi personaggi delle Giovani Marmotte sbarcati direttamente su Topolino. Non deve, perciò, sorprendere che il Gran Mogol visto tra le pagine del settimanale porti il nome proposto da questa fortunata serie piuttosto che da una singola storia "minore" di Barks. Ecco che, in Il Gran Mogol e l'inno delle Giovani Marmotte (Aicardi/La Torre, 2022), si può leggere il nome "McGoose" sulla sua cassetta delle lettere e, addirittura, Bertie McGoose e il torneo del Gran Mogol (Aicardi/Fecchi, 2023) vede per la prima volta il suo nome intero come titolare della storia.


In conclusione, il nome del Gran Mogol, almeno per quanto riguarda la produzione italiana, è indubbiamente Bertie McGoose. Philodemus Gentlefogg e Senator Birdfriend sono alternative interessanti, ma hanno una eco nulla nei racconti successivi a quelli in cui vengono citate. Resta da chiarire da dove provenga il nome Lucius Anserinus, di cui, purtroppo, non ho trovato alcun riscontro.

Curiosità: The Tommy Moccasin Trail (Lockman, 1996), tuttora inedita all'infuori degli States, presenta un personaggio graficamente simile al Gran Mogol, chiamato prima Dufus e poi Doofus.


© Disney per le immagini pubblicate.

sabato 21 ottobre 2023

Il Paperone di Dollari e $piccioli


Spostando alcuni fumetti da una delle varie librerie, mi è capitato di sfogliare una collana che forse non è ricordata come invece dovrebbe: Disney Anni d'Oro (2009-2014), curata da Lidia Cannatella con la collaborazione dei super esperti Alberto Becattini e Luca Boschi. Si tratta, come si può immaginare dal team che ci lavorava, di una pubblicazione estremamente ricca e generosa, corredata da preziosi approfondimenti, interviste, storyboard e contenuti esclusivi. Lo strillo in copertina recitava, per i primi diciannove numeri, "Contenuti speciali inediti e interviste esclusive!", per poi diventare, per i restanti undici, "Contenuti speciali inediti e storie rare!"


Prendendo in mano il numero 14, pubblicato nel maggio 2011, c'è qualcosa che cattura subito la mia attenzione: cinque tavole domenicali degli anni Sessanta di Bob Karp e Al Taliaferro con protagonista Zio Paperone, introdotte da un articolo di Becattini, intitolato "L'altro Paperone". Lo studioso ripercorre la storia di Scrooge nelle strisce giornaliere e nelle tavole domenicali pubblicate sui newspapers d'oltreoceano, a partire da quella del 12 febbraio 1951, che lo vede esordire sotto forma di fotografia.

Becattini prosegue descrivendo Dollari e $piccioli (1972), cartonato distribuito in omaggio agli abbonati a Topolino. Scrive: "il volume di 224 pagine presenta 90 tavole settimanali apparse sui quotidiani statunitensi fra il 24 gennaio 1960 e il 3 maggio 1970". Incuriosito, ho drizzato subito le antenne e mi sono recato su un sito di compravendita di usato. Trovato l'annuncio, ho proceduto verso l'acquisto, ho ricevuto il libro, l'ho letto (con colpevole ritardo di ben 51 anni!) e ora eccoci qui.


Innanzitutto, va premesso che non si parla di un'operazione cronologica. Le tavole (che sono rimontate su due pagine ciascuna e a cui viene assegnato un titolo) sono pubblicate in ordine misto e suddivise secondo sette macro-argomenti (a ognuno dei quali è riservata una colorazione differente): Avventure in cilindro, L'arte dello "sbafo", Due "verdoni" di megalomania, Per mantenersi in forma, Redditi e tasse a orario continuo, Il risparmio: questo benemerito e Vita in Azienda.

Il rapinatore, tavola che apre il volume

Si tratta, per l'appunto, di un Paperone "altro" rispetto al coevo personaggio dei comic books proposto da Carl Barks e pochi altri. Sono storielle brevissime che strappano un sorriso e che hanno i loro elementi ricorrenti: penso, a titolo esemplificativo, allo scooter di Zio Paperone oppure alla sua villa o alle sue spese folli. In questo, potrebbe ricordare lo Scrooge ancora "acerbo" di titoli come Paperino e la scavatrice (Barks, 1949), pur mantenendo sempre gli autori un tono allegro e ironico.

Sequenza finale de Il parcheggio

Incomprensioni (da Il trasloco)

Il tratto di Taliaferro è veramente delizioso. Le espressioni, le pose, i paesaggi, le chine... è tutto così pulito e i disegni meritano davvero di soffermarcisi e di seguire attentamente ogni linea. L'alternarsi continuo di periodi differenti è, comunque, evidenziato dal diverso design di Paperone (che ora indossa la tipica palandrana ora invece frac e farfallino, gli occhi  gli si staccano dal becco, le basette cambiano forma...) e dai diversi collaboratori di cui Taliaferro deve avvalersi all'inchiostrazione a causa del peggioramento della sua malattia: Bill Wright, Al Hubbard, Kay Wright, Ellis Eringer, Bill Weaver e Frank Grundeen, che sarà poi il suo successore. 

Paperone a bordo del suo scooter (da Il monumento, L'ascensore, Il frigorifero, I divieti costosi e Le pizze pepate)

Dieci delle tavole proposte sono, appunto, interamente a opera di Grundeen mentre una, qui intitolata L'utilitaria, potrebbe essere opera di Ben De Nunez, "disegnatore di alcune vignette della serie Merry Menagerie nel 1960." [fonte: A. Becattini, "Un papero a strisce (e tavole)", in Gallinari P., Provenzano F. e Tamagnini L. (a cura di), Donald Duck. Le strisce inedite (1951-1952), ANAFI, Reggio Emilia 2016, p. 18]

Il Paperone di Grundeen (da La giusta protesta)

Segnalo, inoltre, la presenza di due tavole già discusse in questo post, qui intitolate La "fiducia" e Il ricevimento. Curiosamente, nella prima, il padre ("daddy") di Paperone diventa "nonno" nella traduzione italiana. In conclusione, non posso fare altro che esprimere un parere entusiasticamente positivo e consigliare questo libro. Non si può certo dire che ci troviamo di fronte a un lavoro filologico, completo e cronologico, ma trovo assolutamente interessante potere avere tra le mani una raccolta, a modo suo ragionata e non banale, di un periodo della produzione sindacata tra i meno esplorati e riproposti.

© Disney per le immagini pubblicate.

martedì 17 ottobre 2023

Le nipotine di Amelia

Credo di avere scritto molto poco della fattucchiera Amelia (aka Magica De Spell) su questo blog, perciò, direi ne è giunto il momento. In particolare, vorrei dedicare questo articolo alle nipotine della temibile papera partenopea.

Procedendo, dunque, in ordine cronologico, abbiamo Streghella (Witch Child) — resa anche come Maghetta o Nocina —, che fa la sua prima apparizione in Amelia e il mancato debutto (Kinney/Fletcher, 1967). Va, però, notato che Streghella — così come suo fratello Maghetto (Warlock) — non è propriamente nipote di Amelia, in quanto figlia di una sua amica e collega strega (Witch of the West).

L'amica di Amelia le manda in visita Streghella

Streghella al suo esordio

Siccome l'effettiva mancanza di parentela viene esplicitata solamente un paio di volte, e Streghella continua a chiamare affettuosamente "zia" Amelia (e pure Maga Magò!), è molto probabile che alcuni lettori e autori poco attenti abbiano creduto che si dovesse trattare di una nipote a tutti gli effetti. Nella produzione italiana, Streghella è stata utilizzata solamente in una manciata di storie. In ordine: Zio Paperone e il quadrifoglio portasfortuna (Gazzarri/Perego, 1976), Zio Paperone e la sfida del "mulino abbandonato" (Concina/Lostaffa, 1980), Strega... Streghella la magia può esser bella (Concina/Vian, 1995), Operazione Jonas Duck (Pesce/Migheli, 2011) e Dolce passione (Pesce/Palazzi, 2016). Viene generalmente rappresentata come una brava bambina, solidale con Qui Quo e Qua e con Emy Ely ed Evy. Gazzarri e Perego propongono, invece, una ragazzina adolescente e "ribelle", in pieno conflitto generazionale con la zia. Si potrebbe, volendo, considerare questo racconto ambientato tempo dopo gli altri.

Streghella secondo Perego

Streghella secondo Lostaffa

Streghella secondo Vian

Streghella secondo Migheli

Streghella secondo Palazzi

Curiosità: il duplice nome italiano, Streghella (o Maghetta) e Nocina, deriva dal fatto che il look datole dagli autori internazionali che la ritraevano (Jim Fletcher e Glenn Schmitz) era piuttosto differente.

Streghella/Nocina secondo Schmitz

Ciò ha fatto sì che, in Brasile, Streghella e Nocina siano apparse contemporaneamente come personaggi differenti in almeno due occasioni: A Corrida de Vassouras (Saidenberg/Herrero, 1975) e O Exame Final (Saidenberg/Lima, 1976).

Streghella e Nocina

Chiusa la parentesi Streghella, passerei all'unica vera nipotina di Amelia al momento conosciuta: Minima De Spell. Minima esordisce in una storia a fumetti ambientata nell'universo di DuckTales, intitolata Dime After Dime (Gilbert/Torreiro, Valenti, Bat, 1991). In questa avventura, ospitata dalla zia per qualche tempo prima che la madre torni a prenderla, frequenta un campo estivo dove viene derisa e isolata dalle compagne per via del suo nome e del suo abbigliamento. L'unica bambina che decide di starle vicino, diventando sua amica, è la piccola Gaia (Webby), "nipotina" acquisita di Paperone. Gilbert mi ha personalmente riferito che Minima ha "più o meno l'età di Gaia" e che l'ha concepita come una "Amelia in miniatura".

La prima vignetta in cui viene mostrata Minima

La prima interazione documentata tra Minima e la zia

Minima viene, quindi, recuperata in una serie made in Italy, ideata da Francesco Artibani e Lello Arena, che include: Amelia e la pietra pantarba (Artibani, Arena/Cavazzano, 1995), Amelia e la furia degli elementi (Artibani, Arena/Cavazzano, 1999) e Amelia e il segreto di Babbo Natale (Artibani, Arena/Camboni, 2002), a cui va aggiunta la promozionale Amelia e il diario d'Incagliostro (Sisti/Sciarrone, 1995). Come è possibile che degli autori italiani fossero a conoscenza di questo personaggio negli anni Novanta, visto che la sua storia d'esordio è tuttora inedita nel nostro paese? La risposta è stata svelata da Artibani in persona durante la nostra recente video-chiacchierata: "tutti e due eravamo abbonati a Disney Adventures". La Minima di Artibani e Arena risulta, comunque, più infantile di quella tratteggiata da Gilbert e co. e dimostra una strana ossessione per il povero Gennarino, destinato a essere strapazzato e travestito come un bambolotto. Che c'entri qualcosa il fratello di Amelia, Poe, tramutato in corvo nella serie televisiva?

Minima secondo Cavazzano

A oggi, Minima è presente in altre tre storie soltanto: Zio Paperone, Amelia & il patto della luna (Stabile/Guerrini, 2014), in cui viene menzionata brevemente dalla zia, e le olandesi Scherzetti da strega (Leever, van der Harst/Pérez, Fernández, 2021) e De betoverde boerderij (Leever, van der Harst/Pérez, Fernández, 2023). Nella prima delle due, si reca a Paperopoli durante la notte di Halloween per potersi finalmente sentire a sua agio ed essere libera di essere sé stessa. Qui, farà amicizia con le tre nipotine di Paperina. Nella storia più recente, invece, combina dispetti alla fattoria di Nonna Papera attraverso una serie di incantesimi. Semmai dovesse essere recuperata in produzioni italiane, credo che sarebbe interessante vederne una versione più cresciuta e, inevitabilmente, influenzata dal successo di personaggi simili, come Mercoledì Addams.

Minima in Il patto della luna

Minima in Scherzetti da strega

Minima in De betoverde boerderij

Sebbene non propriamente nipote, una menzione speciale va alla giovane e moderna cugina Matilda — figlia di una cugina Emma —, co-protagonista di tre racconti pubblicati nel 1999, realizzati da Giovanna Bo ed Emilio Urbano. Discorso differente, invece, quello che riguarda le piccole streghette Hocus e Pocus, ideate da Byron Erickson e introdotte in A Hocus Pocus Halloween (Erickson/Mota, 2010). Pur essendo molto simili, perfino nell'abbigliamento, questi personaggi non hanno alcuna parentela con la fattucchiera barksiana, se non in alcune traduzioni, nelle quali vengono erroneamente indicate come "nipoti". Come chiarisce lo stesso Erickson in un'interessante intervista rilasciata alla fanzine tedesca Bertel-Express: "Hocus e Pocus non sono nipoti di Amelia. In tutte le mie storie con Hocus e Pocus, Amelia dice sempre qualcosa sul fatto che non sono imparentate".

Non c'è nessuna parentela tra Amelia Hocus e Pocus

Curiosamente, secondo la pagina dedicata ad Amelia pubblicata nel numero 15 del 2020 del settimanale olandese Donald Duck, Hocus e Pocus sarebbero nipoti di Amelia, mentre Minima sarebbe solamente la figlia di una sua collega strega.

Una interpretazione singolare

Dovrei parlare anche di Lena, dal reboot di DuckTales? In questa sede, credo basti dire che, tecnicamente, non è nipote di Amelia e neppure una sua parente, dal momento che non è una "vera" persona, bensì un'ombra resa senziente. Eventualmente, più informazioni su questo personaggio sono recuperabili qui.

Lena

© Disney per le immagini pubblicate.

lunedì 2 ottobre 2023

Quanti nonni per Zio Paperone?

La ricerca di oggi tratta di un tema poco discusso da queste parti, la famiglia di Zio Paperone, e potrebbe essere quasi considerata una continuazione di questa, in cui andavo a indagare sul padre del papero più ricco del mondo. A tal proposito, ecco un'altra singolare interpretazione di Fergus (e Piumina), da Een ouderwets verhaal (ten Outen/Pérez, Fernández, 2022).


Orsù, dunque, senza ulteriori indugi, cerchiamo di risolvere la questione del giorno: quanti nonni ha Zio Paperone? Si potrebbe, per convenzione, rispondere: "due", uno per genitore. Ma, forse, le cose non sono così semplici...

La prima menzione a un nonno che sono riuscito a rintracciare è tutta italiana e avviene in Paperino e l'orologio parlante (?/Anzi, 1953). Qui, il magnate, si limita a ricordare l'avo come un "pioniere nel west".


Dopo questa prima storia, è possibile trovare riferimenti a un nonno paterno in almeno tre racconti: Zio Paperone e l'orologio dell'eclisse (Barks, 1955), Paperino e il castello stregato (Lockman/DeLara, 1955) e Il clan di Zio Paperone (Barks, 1960).


Fino a qui, come si suole dire, tutto bene. Ma quale è l'identità di questo nonno? Come si chiama? La risposta ci viene fornita in Paperino fotografo (Gregory/Strobl, 1960), pubblicata appena due mesi dopo Il clan di Zio Paperone. Qui, infatti, non solo ci viene presentato il nonno paterno, Titus McDuck, ma ci viene pure mostrato in un flashback raccontato da Zio Paperone.


Ottimo. Ora che abbiamo il nome di uno dei due nonni, ci basterà trovare l'altro e dovremmo essere a posto. L'attesa dura meno di un anno! In Zio Paperone e il ratto di Brigitta (Scarpa, 1961), l'autore veneziano ci svela l'identità del nonno materno di Paperone: Mac Paperson. Tuttavia, occorre indicare che, nell'adattamento statunitense della storia (2005), a cura dell'esperto David Gerstein, Mac Paperson sparisce per lasciare il posto a Fergus McDuck, il padre di Paperone.


E, ora, iniziano a complicarsi le cose. In Zio Paperone e la scadenza della discordia (?/Bradbury, 1968), il nonno di Paperone è ricordato come Ebenezer McDuck.


In, Zio Paperone va alla guerra (Martina/De Vita, 1969), il nonno di Paperone, disertore della guerra del 1876, è chiamato (Paperone) Geremia de' Paperoni. Da notare che, in ogni dialogo in cui Paperone esplicita la propria parentela con il defunto, la dicitura "mio avo" è stata aggiunta successivamente dalla redazione. Rimane, quindi, ignota l'esatta relazione tra i due secondo l'autore.


Lo stesso Martina ci presenta un altro nonno di Paperone, appena un mese dopo, all'interno di Paperino e i chiodi di mago Pampero (Martina/Bottaro, 1969): Don Pepe Pampero Pamperòn. Che sia questo, dunque, il nonno materno?

In questa vignetta, Paperone ha due mani sinistre!

Passa solo un anno e l'autore piemontese delinea un ulteriore nonno, Paperhone, in Zio Paperone e i cannoni del Mississippi (Martina/Scarpa, 1970). All'interno del ciclo di storie di cui fa parte I cannoni del Mississippi, Paperhone appartiene al ramo paterno della famiglia.


Il prossimo nonno, in ordine cronologico, è Arpagone de' Paperoni, ricordato in Nonna Papera candidata all'eredità (Chendi/Rebuffi, 1971), scritta da Carlo Chendi basandosi su una trama internazionale proveniente dallo Studio Disney. Ancora un nonno paterno, quindi! Curiosamente, David Gerstein rivela che, nel soggetto originale, il nome del nonno era Pokerface Drake. Ciò ci permetterebbe di considerarlo, piuttosto, un nonno materno. E il cognome è così simile a quello della madre di Paperone (O'Drake)!


In Paperino e il fantasma cornamusa (?/Strobl, 1974), il nome del nonno è Scott de' Paperoni nella traduzione italiana.


In Zio Paperone e la pepita zuccona (Fallberg/Strobl, 1976), il nome del nonno è, invece, Fortunato de' Paperoni. Lo stesso nome è presente sia nella versione italiana sia in quella spagnola, ma il corrispettivo anglofono non è pervenuto.


Come se la situazione non fosse abbastanza confusa, il "professore" torna alla carica regalandoci un nuovo nonno in Zio Paperone e l'oro di California (Martina/Bargadà Studio, 1981): "Sciupone" McDuck. Va notato che "Sciupone", così come Don Pepe e il nonno anonimo de L'orologio parlante (che alcuni attribuiscono proprio a Martina), è stato pioniere nel West.


A questo punto, pare difficile trovare un'identità univoca tra tutti i personaggi elencati, se non forzando qualche elemento qua e là. Don Rosa entra a gamba tesa proponendoci il suo Dingus McDuck, attualmente unico nonno "ufficiale" di Paperone. Coerentemente con l'affermazione di Paperone in Il clan di Zio Paperone, Dingus è stato reso un minatore dal cartoonist del Kentucky.


L'ultimo nonno di Paperone introdotto in una storia a fumetti di mia conoscenza è Seabass (Zeebaars nell'originale; alla lettera: "Spigola"), creato da Ralph du Mosch per De schat van kapitein Zeebaars (du Mosch/Pérez, 2022).


Questi sono tutti i nonni del multimiliardario che sono riuscito a recuperare in decenni di produzioni. Personalmente, ritengo considerabili e sovrascrivibili almeno Titus e Dingus, in quanto entrambi scozzesi. Dal lato materno, Seabass sembrerebbe l'unico idoneo, visto che Don Pepe e Arpagone hanno a che fare con gli Stati Uniti d'America. Per quanto il nome Pokerface Drake mi piaccia, e non poco...

© Disney per le immagini pubblicate.