La nostra ultima chiacchierata risale al 2011, undici anni fa, e si era conclusa con la sua frase
“irreparabile tempus fugit”. Vediamo cosa è successo nel frattempo...
SC: È stata per me
una piacevole sorpresa trovare il tuo nome all’interno del volume collettivo Mickey All Stars, edito dalla casa editrice francese Glénat. Come è stato
realizzare una tavola che si dovesse incastrare narrativamente all’interno del
lavoro di altri artisti, ognuno con uno stile personale e differente? Quando
hai scritto la tua gag, avevi già modo di sapere come si sarebbe sviluppata la
storia o si trattava di un continuo work in progress?
CF: A dire il vero, l’incarico era libero. L’unica
condizione era che Topolino nella prima vignetta dovesse entrare da una porta, e
nell’ultima uscire per un’altra. Quel che succedesse lungo la pagina era affare
nostro, e nessuno aveva modo di sapere quale fosse l’autore precedente o quello
che veniva dopo (se ben ricordo), in modo che loro, nel montaggio finale,
immagino che abbiano deciso l’ordine.
La tavola di Ferioli per il volume francese Mickey All Stars |
SC: L’anno scorso [2020], in Francia, è stata ristampata una tua storia che non conoscevo, Twice Upon a Time (Åstrup/Ferioli,
2011) e, leggendola, mi sono davvero commosso per la sua intensità e per la
riflessione su quanto un singolo istante possa effettivamente cambiare il corso
della vita. Ovviamente, questo tema era già presente nel film a cui la
sceneggiatrice della storia si è ispirata (Sliding Doors), ma come ti
sei sentito a trasformare quel testo in disegni? Graficamente, le tavole sono
suddivise in due parti quasi simmetriche che dimostrano come potrebbero andare
le cose in entrambe le direzioni; quanto ti ha messo alla prova a livello
creativo/artistico questo tipo di rappresentazione?
CF: Era una sceneggiatura di Maya Åstrup, e la ricordo
bene per la sua particolarità. Conoscevo anche il film. Ricordo una certa
difficoltà nel risolvere gli shot per mostrare le storie parallele, ma
in complesso la storia filò liscia. Questo genere di discorsi nuovi nelle
sceneggiature è sempre molto interessante. Se i fumetti sono stati sempre una
fonte di contenuti per il cinema, è bello che ogni tanto ci restituiscano
qualche idea innovativa.
SC: Al di fuori di
questa storia in particolare, pensi che Donald e Daisy potrebbero mai sposarsi
o preferisci immaginarli nel loro eterno limbo immutabile?
CF: Preferisco che il loro rapporto rimanga lo stesso.
Spesso tutto crolla quando si cade nella consuetudine familiare: le storie
sarebbero diverse e sempre condizionate dal legame. Il fatto che i personaggi
tra di loro non abbiano dei legami ben definiti permette una più grande libertà
creativa.
SC: Da INDUCKS, vedo
che stai attualmente lavorando a una storia in cui, stando alla descrizione
fornita sul sito, appare il padre di Gastone (!). Se questa informazione fosse
corretta, sarebbe un’ottima notizia per chi come me si occupa di genealogia
papera, trattandosi di un personaggio che (fuori dall’albero genealogico di Don
Rosa) non era mai apparso in storie a fumetti prima d’ora.
CF: È vero, e questa storia la sto proprio
inchiostrando in questi giorni. La sceneggiatura era schizzata, e ho fatto una
ricerca per sapere se questo personaggio esistesse in precedenza, trovando il
famoso albero genealogico creato da Don Rosa. Comunque, in questa storia, il
padre di Gastone è un militare non troppo orgoglioso di suo figlio. Ho cercato
di combinare il disegno di Rosa con l’idea di un sergente un po’ alla
“britannica”.
Il severo padre di Gastone raffigurato da Ferioli |
SC: Che rapporto
hai con il personaggio di Gastone? Ricordo ancora la tua storia realizzata come tributo a Barks e non mi era sembrato troppo simpatico e, nel finale, non si
poteva dire che avesse avuto la meglio.
CF: La storia del tributo a Barks è stata la mia unica sceneggiatura.
Come omaggio mi sono mantenuto stretto al cliché del personaggio, il
finale non buono per Gastone è il desiderio che molti di noi hanno sempre
avuto.
SC: Trovi che in
Olanda (e forse in generale nel Nord Europa) ci sia più libertà su certi temi
nelle storie a fumetti Disney?
CF: Libertà? Non saprei dirti… forse negli ’80,
specialmente in Olanda. Adesso siamo tutti sotto controllo della Disney e il
politicamente corretto, perciò i criteri, in sostanza, sono più o meno gli
stessi dappertutto.
CF: Sì, ricordo quel papero in sedia a rotelle. Forse
una creazione degli autori olandesi. L’ho disegnato in una sola storia e ho
adoperato i modelli di storie precedenti che mi sono state fornite dagli
editori.
Un bellissimo Paperino di Ferioli |
SC: Al momento su
cosa stai lavorando? Ti ho chiesto solamente di progetti Disney, ma hai avuto
modo di realizzare qualcosa al difuori di questo universo?
CF: Siccome i prezzi non sono variati dal 2007! (anzi
in qualche caso pagano anche meno!), sono costretto a lavorare per più
editoriali, sempre sul piano dei Main Standard Characters della Disney
(Danimarca, Olanda, Italia…), ma sto anche facendo qualche altro personaggio,
come Bamse, ogni tanto per l’Egmont svedese.
Qualche tempo fa ho iniziato un progetto con Jukka
Heiskanen, creando dei personaggi propri per una sua storia che si è concretizzata
finalmente in un racconto illustrato, colorato dalla superba Cris Alencar.
Comunque, non è ancora stato pubblicato ed è da un po’ che non ne parlo con
Jukka.
SC: Come i recenti
accadimenti mondiali hanno condizionato il tuo lavoro o il tuo modo di
rapportarti a esso (se l’hanno fatto)? E a cosa ti piacerebbe dedicarti in
futuro?
CF: Gli ultimi sono stati degli anni difficili, e ancora non ne vedo la fine: la crisi economica iniziata nel 2008 che ci ha resi
“quasi” tutti più poveri (ci sono quei pochi che diventano sempre più ricchi
sulle spalle degli altri), la pandemia del Covid-19 e la minaccia climatica che
incombe sul pianeta e della quale non saremo capaci di fare un granché per
evitarla…
Sul piano personale si invecchia (un fatto
biologico normale), ma non lo si può fare in pace nel vedere come va tutto e
come questo ti arriva e ti genera dei grossi problemi e continui motivi per
preoccuparti. Avere cura degli anziani 24 ore su 24 (la suocera che vive con
noi che ha dei grossi problemi di salute), vedere che i figli lavorano
tantissimo e sono mal pagati (l’unica soluzione è andare via dal paese), ecc.
Niente che non possa vedere da te stesso nella tua propria realtà, penso…
SC: Quanto
tempo, in media, impieghi a lavorare su una tavola nelle varie fasi? (bozze
preparatorie, matita, inchiostro…)
CF: Questa è forse la domanda che mi è stata posta più
volte lungo la mia carriera. Non potrei dirti… molte sono le variabili da
considerare: la voglia con cui prendi la storia, il tuo “momentum” personale,
la difficoltà della sceneggiatura e la quantità di personaggi o cose che vi
appaiono, il fatto che sia l’inizio della storia o la fine (quando ormai tutto
quanto è in testa)… Prima controllavo di più, adesso vado avanti quando “si
puote, ciò che si vuole…”
SC: Quale
è il tuo approccio quando ricevi una nuova sceneggiatura? come inizi a pensare
alla resa grafica?
CF: Leggerla, innanzitutto. E visualizzarla. Se
ambedue le azioni sono concordanti nel tempo, vuol dire che la sceneggiatura è
buona e ben spiegata. Se non riesco a visualizzarla in modo immediato, so che
avrò dei problemi.
Molti anni fa mi servivo di libri per cercare gli
oggetti o certi personaggi da disegnare. Adesso, con la ricerca delle immagini sul
Mac, si fa tutto. Però i vecchi libri ancora non mi decido a buttarli via… non
li adopero, ma non mi piace distruggere i libri. Forse finirò per farlo, so
quanto duro sia ereditare delle case piene zeppe di roba inutile… non si
finisce di svuotarle mai.
SC: C’è
qualche storia che ancora, a distanza di anni, ricordi a causa di qualche
particolare nel corso della sua lavorazione?
CF: Molte. Quelle più popolari come la saga di Mythos Island o quella di Shambor, ma anche, come dici, storie che hanno
segnato qualcosa sul mio percorso professionale o fatti accaduti nella mia vita
personale. Anche se è un fatto che si è mitigato lungo gli anni, è un po’ come
se adesso fossi in grado di dissociare meglio quel che disegno e quello che mi
capita lungo la vita. Comunque, ancora me ne ricordo, ogni tanto… come la
storia che dovetti interrompere più di un mese mentre ero ricoverato
all’ospedale per il Covid-19 e quanto mi costò essere in grado di ricuperare la
capacità di lavorare.
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