Visualizzazione post con etichetta francesco guerrini. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta francesco guerrini. Mostra tutti i post

sabato 30 agosto 2025

... e sono 15!


Nato come Daily War Drum (dal titolo del quotidiano edito da Topolino in una ben nota storia a strisce del 1935), il blog su cui state leggendo questo articolo ha dato il via alle sue pubblicazioni esattamente quindici anni fa... auguri!

A dire il vero, però, a voler essere pignoli, non è proprio così. Come qualcuno saprà, infatti, Eco del Mondo non è che una copia del vecchio blog (cancellato anni fa perché non più accessibile) e, tecnicamente, è stato creato solo nel 2021. Tuttavia, se siete d'accordo con me, si tratta solamente di una questione di pura formalità. Eco del Mondo è Daily War Drum. Ne è una versione migliorata, certo, e questo è dovuto alla maturità acquisita dal suo autore negli anni grazie all'accrescere dell'età anagrafica, ai percorsi di studi, alle diverse influenze e suggestioni e a tutto ciò che ne consegue. Fatto sta che, in ogni caso, i post precedenti al 2021 sono tuttora consultabili, e tanto basta per dimostrare, a mio avviso, la continuità di questo spazio web.

Chiusa tale parentesi (forse necessaria forse no), possiamo tornare agli auguri. Quindici anni... questo blog mi accompagna da oltre metà della mia vita. In effetti, quando per qualche strana ragione ho deciso di aprirlo, io non li avevo ancora compiuti, quindici anni... a pensarci, fa uno strano effetto!

E se vi dicessi che, inoltre, al momento del mio primo acquisto consapevole, consideravo i fumetti Disney una cosa da bambini? Sacrilegio, me ne rendo conto! Non fraintendetemi, però... se avrete un po' di pazienza, vi spiego per bene come sono andate le cose e come ne sono "guarito". Come tutti, ho iniziato a leggerli da bambino: mi piaceva Pk, mi affascinavano le atmosfere di X-Mickey, leggevo Topolino e qualche raccolta di quelle che uscivano ai tempi... e poi stop. Ci deve essere stato un periodo di vuoto, da circa metà delle elementari, in cui, forse spinto dai gusti della massa, mi sono avvicinato a franchise che sembravano più "adulti". Ovviamente, c'erano i Pokémon, Dragon Ball, Yu-Gi-Oh!, la WWE... tutto quello che, insomma, si potesse seguire in televisione e collezionare sotto forma di carte acquistabili in edicola.

Un paio di anni più tardi, verso la fine del 2007, vedo una pubblicità in tv: reclamizza il numero 2710 del settimanale Topolino. "Cose da bambini", penso, ma c'è un particolare che attira la mia attenzione: un gadget. Allegata alla rivista, vi è una riproduzione della Numero Uno di Zio Paperone. Certo, con il senno di poi, non era proprio la Numero Uno... ma non è rilevante ai fini del racconto. Decido di acquistare il fumetto e, visto che ormai l'ho comprato, lo leggo. Tra le storie, ce ne è una che mi rapisce per i suoi bellissimi disegni: Zio Paperone e la carrozza fantasma (Hedman/Gattino, 2007). All'epoca, non lo sapevo, ma si trattava di una storia straniera, pubblicata quasi in contemporanea rispetto ai paesi scandinavi. Gattino (il cui nome, Wanda, mi faceva pensare a una disegnatrice nostrana) si rifaceva allo stile del suo mentore, il grande Daniel Branca, ma non sapevo neppure questo... mi piaceva e basta. La storia, però, non era completa: era soltanto il primo di sei episodi ed era persino accompagnata da un concorso sull'allora immaginifico sito internet della rivista. Non potevo lasciarne la lettura in sospeso e, così, sono tornato bambino.

Da quel momento, la mia vita ha preso una strada da cui non sarei più riuscito a tornare indietro. Acquistavo regolarmente tutto quello che usciva in edicola: I Classici, I Grandi Classici, Paperino, Mega (sigh), Zio Paperone (doppio sigh), Disney BIG, Pocket Love, Disney Comix, Disney Anni d'Oro... e chi se li ricorda tutti? Il punto di svolta è, comunque, rappresentato dal volumetto Vita e Dollari di Paperon de' Paperoni (2007), che riproponeva le sette storie di Carl Barks presenti nell'omonimo Oscar Mondadori del 1968, arricchite dai preziosi redazionali di due giganti: Alberto Becattini e Luca Boschi. Se scoprire Barks dopo avere letto giusto un paio di numeri di Topolino è un'esperienza in sé, non sono sicuro di riuscire a spiegare a parole cosa possa significare farlo attraverso i commenti dei due esperti toscani, che avrei imparato ad apprezzare molto presto. Ancora oggi, a distanza di diciotto anni dall'uscita di quel volume, ricordo addirittura le immagini che avevano selezionato per gli editoriali: Jones che tira una palla da football nella pancia di Paperino, i due emissari egiziani con i loro sguardi sinistri, la terribile Banda Bassotti... e una vignetta di Paperone da ragazzo nella barca di suo zio Manibuche. Cosa? Paperone da giovane? Quel disegno mi ha colpito come un fulmine a ciel sereno. Scoprivo che anche lo zio di Paperino aveva avuto un passato e che era stato narrato da un autore chiamato Don Rosa... dovevo per forza recuperarlo!

Così, accanto agli acquisti in edicola, vagavo per fumetterie, mercatini e fiere alla ricerca di tutto quello che potesse attrarmi. Negli anni, ho messo insieme una bella collezione di testate e letto migliaia di storie diverse, di autori diversi, realizzate in epoche diverse. Mi divertivo a riconoscere i disegnatori. Tornando un attimo indietro, va aggiunto anche che, per una fortunata congiunzione astrale, appena dopo che avevo preso a interessarmi, è iniziata una ristampa completa di Carl Barks, seguita da una di Floyd Gottfredson (peraltro la prima, e finora unica, al mondo!), e chi le cura? Becattini e Boschi! Ero giovane, ma come mi piaceva leggere i loro articoli: le curiosità, i dettagli... il modo in cui condividevano il loro sapere, le informazioni che avevano raccolto in decenni sugli autori, sui personaggi, sulle storie. Il loro amore per la materia era ravvisabile e mi è stato trasmesso attraverso l'attenta fruizione dei loro scritti.

Poi, chiaramente, c'è stato altro. Oltre alle pubblicazioni ufficiali, ho letto diversi saggi, recuperato vecchie fanzine, frequentato forum, ricercato e consultato il consultabile... e questo continuo a fare oggi. Se la matematica non mi inganna, non ho ancora trent'anni, ma faccio tesoro dell'esperienza che decine di studiosi hanno accumulato in circa sei decenni, senza contare gli studi e le ricerche che ho compiuto direttamente e le conversazioni che ho avuto con gli autori. Non vorrei peccare di immodestia, ma penso si tratti di un bel bagaglio di informazioni, e a mia volta cerco di condividerlo al mio meglio, non appena se ne presenti l'occasione.

In ogni caso, se oggi sono qui a scrivere questo articolo riepilogativo, lo devo ad alcune persone che negli anni mi hanno supportato e permesso di crescere a livello personale, tenendo sempre vivo in me l'interesse per queste cose da bambini. Probabilmente, ne scorderò qualcuna, ma vorrei provare a ringraziarle, in ordine rigorosamente cronologico: Tutti i collaboratori di INDUCKS, naturalmente, per il fondamentale servizio reso; Luca Boschi perché, oltre ad avermi trasmesso tantissime nozioni attraverso i suoi articoli, è stato il primo a credere in questo blog, ospitandolo e promuovendolo fin da subito nei suoi spazi, dando a un poco-più-che-bambino l'impressione di stare facendo qualcosa di importante e di utile e incoraggiandolo a proseguire; Carlo Chendi per la sua estrema disponibilità ad approfondire tematiche inerenti ai fumetti disneyani e per la generosità con cui mi ha fatto dono di aneddoti e oggetti che conservo ancora con affetto e gratitudine; Niels Jakob Søe Loft e Timo Ronkainen, rispettivamente ex-redattori di Rappet e Ankkalinnan Pamaus, per avere accettato di pubblicare (entrambi nel 2011) i miei primi articoli su fanzine, dando il via a un percorso parallelo al blog, stampato su carta; tutti gli autori che si sono lasciati intervistare negli anni e coloro i quali hanno risposto alle mie e-mail e ai miei messaggi per risolvere dubbi e curiosità; tutti i "colleghi" fanzinari sparsi per il mondo; gli autentici donaldisti di una volta per avere offerto ai posteri teorie strampalate e affascinanti e per avere trattato questi personaggi come un argomento meritevole di studi approfonditi; Jean-Baptiste Roux, caporedattore di Picsou Magazine e delle altre pubblicazioni Disney in Francia per avere trasformato questo ingombrante hobby in qualcosa di più; Alberto Becattini per tutto (!!!); la redazione disneyana di Panini Comics per la bella collaborazione che abbiamo intrapreso quest'anno; e, infine, ogni persona che abbia mai letto anche un solo mio articolo negli ultimi quindici anni. Chiedo davvero scusa se qualcuno si sentirà escluso da questa lista, ma la mia memoria non è proprio ottima... ci sono anche altre persone che non posso menzionare pubblicamente, ma che sicuramente hanno reso tutto questo più vero e più serio, e, se mai mi dovessero leggere, le ringrazio telepaticamente!

Prima di salutare tutti voi, vi lascio a una galleria di simpatici omaggi/pensierini che alcuni amici del blog hanno realizzato in occasione dell'odierna ricorrenza. Diversamente da come era stato per il post natalizio di due anni fa, gli artisti coinvolti non sono disposti in ordine alfabetico, ma ho cercato di costruire una sorta di percorso cronologico. 

WANDA GATTINO — Come scrivevo sopra, Wanda Gattino è stato il mio imprinting al fumetto disneyano. A lui va ascritto il merito/la colpa della mia predilezione per uno stile più classico e vicino ai modelli barksiani, seppur reinterpretati con una sensibilità che definirei elegante. Per questo motivo, è stato l'artista a cui da subito ho pensato per aprire questa galleria e lo ringrazio infinitamente per averne preso parte, andando in un certo senso a chiudere un metaforico cerchio. Nella sua illustrazione, possiamo ammirare due zii di Paperino: Gedeone e Pico, rispettivamente simboli del giornalismo e della cultura. Quale sintesi migliore per definire questo piccolo spazio online?


LUCIANO GATTO — Onestamente, non credo che Luciano Gatto abbia bisogno di presentazioni. È stato per decenni presenza fissa all'interno delle pubblicazioni disneyane e non solo. Diverse generazioni di lettori sono cresciute apprezzando i suoi disegni e sembra che ci sia da sempre. Esattamente quindici anni fa, l'intervista fatta con lui è stata il primo post sul Daily War Drum e lo ringrazio tantissimo per avere dedicato un po' del suo prezioso tempo per ricordarla attraverso una splendida illustrazione realizzata con il suo riconoscibilissimo stile, inchiostrata digitalmente da Rumpelstiltskin.


ADRIEN MIQUEU — Adrien Miqueu è un amico e collega donaldista da tanti anni. Per le pubblicazioni ufficiali, ha curato i fascicoli della collana Mickey Donald & Cie. Trovo molto interessante il suo stile di illustrazione, quasi underground. Sue sono le caricature che avete visto nel post riassuntivo dell'anno scorso e diverse copertine della fanzine Rappet, come questa, concepita per il trentacinquesimo numero, la cui ispirazione è stata il mio articolo sui fondatori delle Giovani Marmotte. Ps: riconoscete un nome familiare sulla busta tenuta in mano dal postino?


FRANCESCO GUERRINI — Ottimo "paperigrafo bolognese", come lui stesso si definisce, Francesco Guerrini è un caro amico del blog dal 2023, anno in cui ci siamo conosciuti di persona e in cui abbiamo avuto una lunga chiacchierata, molto apprezzata dai lettori di queste pagine. Per festeggiare l'anniversario, Francesco ha realizzato non uno, ma ben due ispiratissimi omaggi (il primo è in apertura al post). Grazie!


RUMPELSTILTSKIN — A proposito di questo strano nome... vi ricordate il pesce d'aprile pubblicato qualche mese fa? Ebbene sì: nonostante l'alta qualità del disegno, non si trattava di un artista professionista, bensì di un giovane appassionato dei Paperi Disney. L'idea è stata quella di ricreare una tavola della storia Zio Paperone e le notizie... fraterne (Sisti/Soave, 1996) come se fosse stata disegnata oggi, sostituendo Nonna Papera con la Zia Matilda (qui reminiscente della recente interpretazione di Libero Ermetti), effettivamente sorella di Gedeone e Paperone.


VILLE TANTTU — Ville Tanttu è un artista finlandese che si occupa di fumetti Disney per l'editore olandese DPG dall'estate del 2023. Circa un anno prima, aveva disegnato la copertina dell'undicesimo numero della (ormai defunta, sigh sob!) fanzine francese Picsou-Soir, ispirata a un mio articolo su Fantomius, il ladro gentiluomo. Il suo contributo è un bel Paperino dal gusto tradizionale.


LUIS BÄRENFALLER — Indicizzatore per INDUCKS, nonché realizzatore di loghi per l'associazione donaldista tedesca D.O.N.A.L.D. dal 2024, Luis Bärenfaller ha uno stile originalissimo che trovo molto simpatico e divertente. Nell'omaggiare il blog, ha deciso di dare vita all'immagine visibile sul suo sfondo, animandola e palesando i pensieri e le frustrazioni di Paperino.


© Disney per le immagini pubblicate.
Si ringraziano altresì le pazienti persone che si sono rese disponibili a colorare le illustrazione seguendo ottimamente le mie richieste: Josh Jones per il disegno di Luciano Gatto, David Bühring per il disegno di Ville Tanttu e Simone Cavazzuti (che poi sarei io!) per i disegni di Francesco Guerrini e Rumpelstiltskin (per cui ho provato ad adottare quella che la redattrice Graziella Calatroni ha definito "colorazione sentimentale"). I disegni non menzionati in questa nota sono stati colorati dai propri artisti.

mercoledì 19 giugno 2024

Si parla di Zio Paperone e la giocodenarite contesa (Stabile/Guerrini, 2024) assieme ai suoi autori

Sulle pagine di Topolino 3578, in edicola da oggi fino a mercoledì prossimo, si può leggere Zio Paperone e la giocodenarite contesa, una storia che tratta di una competizione alquanto peculiare e inedita. Curiosamente, si tratta della prima sfida tra i due paperi più ricchi del mondo tanto per Vito Stabile (ai testi) quanto per Francesco Guerrini (ai disegni) e, senza indulgere in anticipazioni, ho deciso di raccogliere testimonianze e impressioni dalla viva voce dei due autori (che ringrazio), per confezionare la prima doppia chiacchierata che questo blog abbia mai ospitato. Buona lettura!

SC: Simone Cavazzuti
VS: Vito Stabile
FG: Francesco Guerrini

SCCiao, Vito! In Zio Paperone e la giocodenarite contesa, metti in scena una sfida atipica tra Paperone e Cuordipietra. Se, infatti, siamo stati abituati a vederli competere in gare per misurare le proprie ricchezze o a caccia di tesori, la tua trama verte su temi ludici. Come ti è venuta questa idea?

VS: Avevo il desiderio di mettere in scena un confronto tra i due rivali che richiamasse un po' quelli originali di Barks. In quelle storie, si trattava appunto di competizioni a tema ricchezze, mentre in questo caso per non ripetermi ho voluto giocare sull'aspetto di Cuordipietra che più mi sta a cuore, quello del “gemello cattivo” che tenta di surclassare Paperone prendendo il suo posto in tutto e per tutto: e allora perché non andare a colpire la “vecchia tuba” su un aspetto unico della sua personalità? Mi sembrava una mossa abbastanza subdola per un personaggio come Cuordipietra e così la storia si è scritta da sola.

SC: Solitamente, nelle storie di produzione italiana, a rivaleggiare con Paperone è il paperopolese Rockerduck. Come mai hai deciso di “scomodare” il secondo papero più ricco del mondo? Quali sono, per te, le differenze principali tra i due personaggi?

VS: Come dicevo sopra, quello che mi colpisce di Famedoro è il suo essere un Paperone più spietato, disonesto e senza scrupoli. Non avrei potuto raccontare questa vicenda con Rockerduck: se quest'ultimo ha comunque interesse nel superare Paperone (anche con mezzi non proprio leciti), rimane un papero con una personalità quasi opposta, uno spendaccione che vive nel lusso e che non ha alcuna intenzione di somigliare al rivale, che lui considera miserabile e sorpassato. I giochi con il denaro, per Rockerduck, verrebbero visti come una stupidaggine da vecchi spilorci.


SCSe è vero che hai scritto diverse storie dove, appunto, compare Rockerduck, finora avevi rappresentato il miliardario sudafricano solamente in una storia del ciclo Pianeta Paperone. Hai altri progetti in serbo per lui? 

VS: Certo! C'è sicuramente qualcosa di interessante che bolle in pentola, anche se non posso spoilerare niente. Posso solo dire che Cuordipietra è il mio antagonista preferito e uno dei paperi che mi piacciono di più (anche per via del mio imprinting con DuckTales), per cui sono molto contento di poterlo utilizzare, spero in modo degno.

SCDopo Zio Paperone, Amelia e il patto della luna (ristampata più volte in ben quattordici paesi) e Zio Paperone e le ronfate consigliere (pubblicata addirittura negli States), torni a collaborare con Francesco Guerrini, un artista dallo stile molto riconoscibile. Come trovi la sua interpretazione delle tue sceneggiature?

VS: Francesco Guerrini è da sempre uno dei disegnatori che preferisco e non ne ho mai fatto mistero. Il suo stile apparentemente nervoso e caotico nasconde una grande capacità recitativa; i suoi paperi sono vivi, si muovono in maniera sempre originale e le sue tavole sono piene di soluzioni interessanti. È un artista che tende a voler mettere sempre del suo e, quando mi chiede qualche modifica per arricchire o rendere più dinamica una scena, io lo lascio fare volentieri, perché un disegnatore sa sicuramente come visualizzare al meglio la tavola rispetto allo sceneggiatore.


SCVerso la fine della storia, inserisci celatamente riferimenti a storie di Barks come Paperino e il torneo monetario (“una sterlina sudafricana del 1956”) e Paperino e il ventino fatale (“uno storico ventino del 1952”). Quale è la lezione più importante che hai assimilato leggendo le avventure realizzate dall'Uomo dei Paperi?

VS: Quelli che menzioni non sono gli unici riferimenti! L'intera storia è un omaggio spassionato all'aspetto di Paperone che più amo in assoluto: la sua passione giocosa per il denaro, che è proprio l'elemento cardine del Paperone di Carl Barks, presente in tutta la sua opera, a partire dalle bellissime copertine della testata Uncle $crooge. In tutta la storia, le attività “giocodenarifere” sono riscontrabili in quelle storiche cover, da Paperone che suona il registratore di cassa ai biscotti a forma di dollaro fino alle immagini presenti sulla rivista che Paperone legge al parco. Oggi, questo è forse un aspetto che tendiamo a dare per scontato, ma dove è riscontrabile altrove un personaggio a cui piace il denaro fino a questo punto, da ricavarne puro piacere ludico? Di personaggi avidi e spilorci ne siamo pieni dall'alba dei tempi, ma ne esiste uno solo che imbarattola le monetine come fossero conserve ed è Paperon de' Paperoni. Direi che la più grande lezione barksiana è proprio aver creato qualcosa che dopo quasi ottant'anni è ancora lì, irraggiungibile e irripetibile. 


SCCiao, Francesco! Questa storia è la prima in cui disegni il personaggio di Cuordipietra Famedoro. Quali sono stati i tuoi modelli di riferimento per rappresentarlo?

FG: Ciao, Simone! Il modello che ho cercato è l'originale di “the Maestro” Carl Barks, anche se ho controllato le ultime versioni italiane. Questo “Pietrino” (ho chiesto all'autore Vito Stabile di poterlo chiamare almeno una volta così, come nelle prime traduzioni) non è cattivo come l'originale, che non esitava a sparare e bombardare... cerchiamo però di non confonderlo con John D. Rockerduck!


SCOltre al deposito di Paperone e al parco di Paperopoli (Cornelius Park), ti sei trovato a raffigurare (egregiamente) la residenza paperopolese di Cuordipietra e la Banca del Calisota. Come ti sei documentato in questo caso?

FG: In sceneggiatura, erano già allegate dall'autore le bellissime illustrazioni dei palazzi importanti di Paperopoli, realizzate da Blasco Pisapia. Erano molto particolareggiate e mi sono attenuto per quanto ho potuto.

SCSi parlava, nella nostra ultima chiacchierata, della libertà del disegnatore di apportare modifiche a quanto scritto in sceneggiatura. In questo caso, c'è qualcosa di tuo?

FG: Nella sceneggiatura originale, l'autore aveva descritto un elemento che io non riuscivo a disegnare e a manipolare, così gli ho fatto presente la mia difficoltà e, dato che era un particolare che non influisce sullo svolgimento della storia, Vito Stabile gentilmente mi ha permesso di sostituirlo con una cosa che ho saputo disegnare. Per il resto, mi sono sforzato di seguire e rendere la storia come meglio potevo.


SCZio Paperone e la giocodenarite contesa rappresenta la terza collaborazione tra te e Vito Stabile. Come ti sei trovato a trasformare in disegni le sue storie?

FG: Mi sono trovato benissimo. Avevamo anche avuto modo di confrontarci di persona durante Lucca Comics e ho trovato una persona disponibilissima e paziente. Come autore mi piace, scrive cose divertenti e serrate; Il patto della luna è una delle storie più varie e divertenti che mi siano capitate ed è piena di spunti narrativi, come l'infanzia di Amelia, le tre Streghe Supreme e le vicende dei due nemici sull'isola (e ne sono ancora assai soddisfatto), ma anche Le ronfate consigliere è stata molto stimolante, per le prove inusuali che affronta Paperone

SCAbbiamo già discusso del tuo stile riconoscibile e della tua aderenza a modelli classici. Tuttavia, ritieni utile trovare soluzioni differenti e innovative nell'ambito del fumetto disneyano? Noti un'evoluzione nel tuo modo di approcciarti al tuo lavoro?

FG: Cerco sempre di guardare il lavoro degli altri disegnatori disneyani, come rileggo anche i maestri del fumetto realistico e comico, per la costruzione della tavola e il modo di raccontare con le immagini. Per qualcuno passo per “barksiano”, ma per quanto riguarda il tratto e il disegno vorrei essere anche “carpiano” e “hubbardiano”. Se c'è evoluzione, spero proprio che i lettori possano ravvisarla nell'insieme delle mie tavole. Io mi sto impegnando per imparare a usare bene il pennello, dato che continuo a pasticciare con carta e china.

SCA cosa stai lavorando al momento?

FG: In questi giorni, sto disegnando una storia piena di corse ciclistiche. Cercare di mettere un papero su una bicicletta da corsa in modo verosimile non è cosa da poco! Per il resto, è una storia con varie situazioni disneyanamente buffe (nessuna rissa, né burroni o torte in faccia), che spero di raccontare il meglio possibile.

© Disney per le immagini pubblicate.

lunedì 6 novembre 2023

Una chiacchierata con... Francesco Guerrini

Qualche mese fa, ho avuto il piacere di conoscere Francesco Guerrini, disegnatore di fumetti Disney dal 1990 dal tratto unico e inconfondibile. Abbiamo avuto una lunga chiacchierata in cui si è ripercorsa la sua carriera e si è svelato qualche retroscena su alcune storie da lui disegnate. Buona lettura!

Francesco Guerrini (febbraio 2023)

SC: Simone Cavazzuti
FG: Francesco Guerrini

SC: Il tuo primo lavoro pubblicato è un'illustrazione raffigurante tanti volti di Paperino, vero?

FG: Quella era un'esercitazione che avevo fatto per me copiando le facce da Vita e Dollari di Paperon de' Paperoni, quel piccolo Oscar [Mondadori, ndr.] che era il “vangelino” dei disegnatori finché non si sapeva chi fosse Barks. L'ho portata a Milano, alla Disney, prima ancora di cominciare a disegnare le storie, e il direttore Capelli l'ha vista e ha detto: “La teniamo”, io ho detto: “Ma io veramente...”, “No, no, no, la prendiamo, la prendiamo”, e non so se mi abbiano dato un qualcosa tipo ottantamila lire, una cosa del genere. L'hanno pubblicata e bisognava indovinare quanti personaggi ci fossero. C'erano, mi sembra, poco più di duecento facce, solo che l'hanno pubblicata a doppia pagina; perciò, quelli che erano andati a finire al centro, in rilegatura, si vedevano male. Deve essere stato prima della prima storia, che poi è uscita su Paperino Mese.

La prima illustrazione pubblicata (su Topolino 1782, 1990)

SC: E come è stata, questa prima storia?

FG: Era una storia che io continuo a dire, sbagliando, che è di Carlo Panaro [in realtà, risulta accreditata a Giorgio Pezzin, ndr.]. In origine, si chiamava Paperino e il fascino dell'Agricoltura, ma poi le è stato messo un titolo che, praticamente, svelava il finale: Paperino e il minerale venuto da lontano. Questo minerale era un meteorite, di un metallo preziosissimo per le comunicazioni ma dannosissimo per l'agricoltura, che rovinava il lavoro agricolo di Paperino, che prima voleva fare il contadino e poi l'agriturismo. Per cui, la gag finale era che il terreno fosse assolutamente improduttivo per colpa di questo minerale e, metterlo nel titolo, per me, è stata una scelta opinabile.

Un'altra volta, mi è successa una cosa quasi analoga: c'era una storia basata tutta sull'equivoco di un pirata che aveva un galeone che non navigava e si doveva vedere soltanto nelle ultime tavole, che questo galeone in realtà era un'isola, modellata a galeone, con degli scogli intorno per attirare le navi e farle naufragare, e il pirata le assaliva. Si vede che, per distrazione, all'ultimo momento, lo sceneggiatore ha messo che nella splash page, cioè nella sestupla iniziale, si dovesse vedere un'isola a forma di nave. Ho telefonato alla redazione e ho detto: “Scusate, se deve essere un mistero fino alla fine, come si fa a metterlo nella prima pagina?”, così me l'hanno fatta cambiare, nonostante che la sceneggiatura fosse di uno molto famoso.

SC: Capita spesso di confrontarsi con gli sceneggiatori?

FG: A volte, gli sceneggiatori scrivono cose che non si riescono a disegnare oppure mettono vignette grandissime con una battuta singola oppure vignette piccole con dei botta-risposta o addirittura delle sequenze quasi cinematografiche da mettere in tre o quattro vignette: Paperino esce di casa, inciampa, va nella pozzanghera, si alza e dice “Quack!” Questa è una sequenza, non è una vignetta, come si fa? Bisogna imparare a calibrare le cose. Io guardo molto Barks e si vede che Barks ha una grandissima esperienza in sceneggiatura di cartoni animati. Infatti, nelle prime storie, spesso le comincia già a metà dell'azione, mentre invece, purtroppo, molte volte c'è tutta una preparazione di battutine, eccetera eccetera. Le storie di Barks, se venissero fatte a sei vignette, come in Topolino, prenderebbero dodici, massimo tredici pagine. E, in ottanta vignette, succede di tutto. Io non me ne ero accorto che metà delle storie di Barks fossero dieci pagine, me le sono dovute andare a rivedere quando ho letto il libro di Saccomano e altri [Introduzione a Paperino, ndr.], che diceva: “Sono storie da dieci pagine”, “Come dieci pagine?” Sono andato a vedere ed erano tutte di dieci pagine... succede un mucchio di cose!

Particolare da Paperino & la Moda del Pavone (Gualtieri/Guerrini, 2023)

SC: Ci sono state volte in cui sei intervenuto sulle sceneggiature, aggiungendo o sistemando dettagli o parti di trama?

FG: Ad esempio, realizzando il prequel del Cimiero vichingo. Il testo non mi piaceva e, allora, ho chiesto a Davide Catenacci [caporedattore comics del settimanale Topolino, ndr.] se potevo fare qualche modifica. Me l'ero proprio presa a cuore, questa storia. Avevo introdotto gli antenati degli indiani Pikoletos (Peeweegahs in originale), che interagiscono sia con i Vichinghi che con i Paperi. Non ho potuto scrivere tutto in rima, ma ho scritto tutto quanto in versi ottonari. Hanno tolto molti di questi fumetti perché “occupavano troppo posto”. Mi sono documentato veramente molto sui villaggi. In Norvegia, fanno le vacanze vichinghe: hanno i villaggi vichinghi, cucinano alla maniera vichinga, si vestono vichingo... E ho messo anche delle ricostruzioni prese dal vero. 

Credo di aver fatto un lavoro abbastanza approfondito. Ogni volta, davo dei titoli diversi sia a Paperino che ai nipotini e questo l'ho letto da storie orali messe per iscritto soltanto nel Settecento/Ottocento da qualche letterato che si era interessato alla materia. Odino veniva chiamato successivamente, nei racconti orali, tutte le volte con caratteristiche diverse. Avevo introdotto un paio di gag in cui Paperino è geniale, qualche altra volta è tonto e ho scritto più della metà delle pagine. Avevo curato anche delle “stupidaggini”, particolari che possono sfuggire, tipo: partono tre navi, la prima nave che è già partita ha già le vele spiegate, la seconda nave sta issando le vele, la terza nave è ancora a remi. Non si nota, sono quelle cose che dici: “Se non lo sai, non lo vedi”, però io ho pensato: “Se un lettore ha fatto un piccolo corso di vela, secondo me se ne accorge”. Non si parte mai a vela dalla riva o dal porto, bisogna andare un po' in là. Poi, anche il fatto di tirare su le vele con l'argano: le vele non sono una bandiera, pesano. In sceneggiatura non c'era, l'ho messo io. “Stupidaggini”, però ho voluto curare queste cose.

SC: È mai capitato che uno sceneggiatore gradisse poco questi tuoi interventi?

FG: Mi è capitato una volta di abbreviare una storia e lo sceneggiatore si è arrabbiato a mille. Ho tagliato delle pagine e lui ha detto: “Non la firmo”. Hanno messo un nome falso. Dopodiché, sono uscite delle buone recensioni, hanno scritto: “Guerrini ha fatto questa storia, dove c'è questo nuovo sceneggiatore, ed è bella”. Dopo, lui mi ha detto: “Quello che è giusto è giusto, riconosco che hai fatto un bel lavoro”, però all'inizio se l'era presa perché gli avevo cambiato delle gag.

SC: Il disegnatore quanto margine ha di cambiare e aggiungere cose?

FG: Il signor Carpi diceva: “Il disegnatore è l'ultimo regista”. Ultimamente, sono molto più “severi” sulle sceneggiature, anche perché dall'America ricevono molti “fermini”, hanno molti “paletti”. Ad esempio, proprio ieri, Davide Catenacci mi ha telefonato dicendo: “Non mettere mai più nelle storie animali che non abbiano il becco”. Io faccio sempre storie di Paperino e gli unici personaggi che non hanno il becco sono i Bassotti, Lusky e Battista. Mi ero divertito a fare, alla maniera di Barks, molti colleghi di Paperone, miliardari, che erano animali differenti. Avevo messo un bufalo vestito da texano, un cavallo vestito da cavallerizzo inglese e vari altri personaggi al Club dei Miliardari. Dovevo mettere 10/15 personaggi, tutti paperi, e non sapevo più come fare. Allora, ho introdotto altri animali. E, invece, la Disney ha chiesto di limitare la cosa, motivando: “Le storie a fumetti non devono sembrare Zootopia...”

Alcuni miliardari "atipici" da Un C.E.N.T. per il Club dei Miliardari (Gagnor, Valentini/Guerrini, 2023)

SC: Le tue prime storie sono dei primi anni Novanta...

FG: Sì. Nell'Ottantanove è partita la Disney Italia e c'erano dei cartelli “mercoledì esci con un amico”. In quel periodo, stavo facendo il disegnatore per la pubblicità e, un giorno, ho detto: “O faccio un salto oppure mi riduco a fare gli scarabocchini, i Santini sui marciapiedi”, come diceva Castelli. Allora, ho detto: “Adesso prendo il telefono”, ho guardato su Topolino, ho telefonato: “Pronto, sono un disegnatore di Bologna e volevo chiedere se posso mandare dei disegni e a chi posso rivolgermi”, e la segretaria che mi ha risposto mi fa: “Le passo Carpi”. Io, dopo un attimo di silenzio, faccio: “Quel Carpi?”, “Sì, sì, quel Carpi”, e mi ha passato Giovan Battista Carpi, che in quel momento stava organizzando tutto quello che poi è diventata la Scuola Disney, l'Accademia Disney. Ha detto: “Sì, sì, portami dei disegni”. Era l'inizio dell'estate, ho passato tutto agosto a fare dei gran disegni guardando Vita e Dollari di Paperon de' Paperoni e gli ho portato questo paccone, saranno stati cinquanta fogli. Lui ha guardato e ha detto: “Sì, va bene, come matitista ci sei”.

SC: Come è stato, in seguito, il tuo rapporto con Carpi?

FG: In realtà, Carpi non faceva lezione di disegno, parlava più che altro di come bisogna pensare la cosa. Infatti, di suggerimenti tecnici, ne dava pochissimi: la rotondità della testa, la piega del becco, il disegno delle orbite degli occhi di Paperino, poca roba. Non faceva scuola di disegno, però, secondo me, come insegnante era insuperabile perché diceva: “Tu guarda tutto quello che ti piace, guarda questo, guarda quello, guarda quell'altro, impara copiando, dopodiché fai da solo”. E, a differenza di altri, che magari hanno detto: “Fai come faccio io”, lui non l'ha mai detto. Solo questi particolarini tecnici, proprio piccolezze, diciamo trucchettini, finezze del disegno, ma mai: “Fai il papero come faccio io”. Infatti, tutti quelli che sono stati allievi di Carpi, alla fine, si sono diversificati tantissimo. Considera che erano persone come Roberto Santillo, Silvio Camboni, Fabio Celoni — che aveva già fatto la scuola di fumetto —, Mottura, Faccini...

Ziche, Mastantuono e Intini erano andati, invece, a lezione da Giorgio Cavazzano. Infatti, all'inizio, disegnavano un po' come lui. Però, evidentemente, lui è stato capace di dargli delle indicazioni e loro hanno del talento e non sono più “Cavazzano”. Qualcun altro scopiazzava un po' e infatti sarebbe stato meglio non fare così. Certe volte, c'erano dei disegnatori che si confondevano quasi con Cavazzano, ma questo non è un bene. Andrea Freccero, che adesso è diventato supervisore artistico, è stato allievo personale di Carpi. All'inizio, disegnava come lui, però, dopo, è stato assolutamente capace di diventare Freccero. So che esistono dei perfetti “falsi Carpi”, perché mi ricordo una scena buffa: a Lucca, un tizio venne un paio di volte o tre a presentarsi al signor Carpi dandogli dei pacchettini di cartoline postali: “Per favore, maestro…”; il signor Carpi mi guarda e fa: “Lui crede che io non capisca che dopo li va a vendere?” Per cui, passava questo pacchettino di cartoline postali a Freccero, che, di sera in albergo, invece di dormire, disegnava alla maniera di Carpi. Dopodiché, la mattina dopo, lui firmava. Siamo tornati a Lucca quando è stata fatta la storia più lunga del mondo [Ciccio e il compleanno sottosopra, ndr.], non mi ricordo in quanti fossimo, ma in molti.

SC: Quante pagine avete disegnato a testa?

FG: Una striscia, intorno alle sei vignette. Io credo di avere avuto quattro vignette singole e una doppia, se non sbaglio. C'era questo tendone in piazza e tutti i disegnatori avevano i loro sketch, i loro storyboard. Era anche piovuto e, dopo che era stato sbaraccato tutto, c'erano gli appassionati che andavano a tirare su i fogli dei disegnatori famosi dalle pozzanghere.

Particolare da Zio Paperone & la Palandrana del Sartomante (Giunta/Guerrini, 2023)

SC: Tornando un po' indietro, ti va di dire qualcosa su Zio Paperone e l'inversore gravitazionale?

FG: Quella l'ho scritta io. Ho anche sentito che Romano Scarpa ha detto: “Oh, ci ha voluto metter dentro tutto”. Mi ero molto ispirato al modo di fare di Barks: c'era un fatto iniziale che generava una seconda parte della storia. Mi ero divertito. C'erano dei momenti in cui Paperino era geniale e dei momenti in cui Paperino era stupido, un po' come faceva Barks.

SC: E questa l'hanno pubblicata anche in Brasile, recentemente...

FG: Quando sono stato a Desenzano, alla mostra per i novant'anni di Topolino organizzata da Federico Fiecconi, si presenta questo omino, che era Thiago Gardinali, dicendo: “Io sono un giornalista, posso intervistarti?” “Sì, va bene.” Poi, così, di punto in bianco, mi fa: “Vuoi venire in Brasile?”, io gli ho risposto: “Sei sicuro?” E, così, mi ha invitato in Brasile. Era sotto Pasqua del ‘19.

SC: Chi è Thiago Gardinali?

FG: Al momento in cui mi si è avvicinato, credevo che fosse un topo di redazione, ma è un giornalista d'assalto. Possiede uno studio radiotelevisivo, è andato in tutto il mondo ed è così alla mano, veramente un amico, simpaticissimo, cordiale, gentile. Conoscendo le lingue, traduce i fumetti per Culturama [attuale casa editrice di comics Disney in Brasile, ndr.], però è uno che viaggia il mondo per fare il telecronista. È pazzesco. Mi ha dato la sua amicizia e sono contentissimo perché è una persona eccezionale e fa anche queste cose modestissime: “Ho tradotto una tua storia, mi sono divertito!”.

SC: E, invece, come hai conosciuto Federico Fiecconi?

FG: Federico l'avevo conosciuto qui a Bologna perché mi aveva fatto fare dei lavoretti non Disney, delle copertine per delle raccolte di canzoni dello Zecchino d'Oro. Gli ho telefonato dicendo: “Mi piacerebbe venire a vedere la mostra, ma una volta che ci sei tu che me la spieghi”. Mi fa: “Vieni a disegnare”. Così, sono andato lì alcuni fine settimana e facevo dei disegni omaggio a richiesta. Ho anche fatto dei piccoli laboratori di disegno, spiegavo brevissimamente in venti minuti come si fa a disegnare un personaggio.

SC: … e come si fa a disegnare un personaggio?

FG: Non ci sono segreti, ci sono solo delle regole di disegno. L'unico segreto è che bisogna avere voglia di stare tante ore seduti a disegnare. Se uno non ha voglia di disegnare, non ce la fa.

Tutto parte da un cerchio

SC: Quanto è importante il ruolo del disegno nel medium fumetto?

FG: È il disegno che racconta. Le parole spiegano qualcosa, ma il disegno deve raccontare. Poi, ci sono quelli che fanno il fumetto dove non succede niente, ma lo fanno apposta. Se devi fare capire che uno è un fornaio, lo vesti da fornaio. Se lo metti in abito da sera, devi sapere il perché: è una gag? È a un ballo? Non devi far capire che è un fornaio? E via così... Il buffo dei Bassotti, che anche quando sono travestiti hanno la maschera, è la stessa cosa di Spirit di Eisner che è continuamente con la maschera.

SC: Come mai disegni solo storie di Paperi?

FG: La prima volta che Massimo Marconi, il caporedattore di Topolino, mi ha dato una sceneggiatura, mi ha chiesto se volessi Topi o Paperi. Sono andato per passione e ho chiesto Paperi; da allora, sono andato avanti così. Il fatto è che Topolino deve vincere, minimo minimo deve pareggiare, e invece Paperino è buffo anche quando perde. Nelle strisce disegnate da Gottfredson, Topolino ne faceva di tutti i colori e, oltretutto, delle volte, perdeva anche. Era un mascalzoncello. Adesso, non è più possibile.

SC: Hai disegnato alcune storie di PK...

FG: Sì, è stata una gran bella occasione.

SC: In Terremoto, ad esempio, compaiono alcuni personaggi per la prima volta, come la Flagstarr. Li hai concepiti graficamente tu o esistevano degli studi?

FG: Sì, anche il villain. È stata una cosa molto interessante perché, nella prima serie di PK, si facevano le riunioni sceneggiatori-redazione-disegnatori e la ricordo come una cosa particolarmente interessante perché mi hanno detto: “Adesso tu disegni questo”, ho dato una scorsa al soggetto e, parlando con Artibani, gli ho detto: “Magari, quando deve entrare Morgan Fairfax, mi piacerebbe fare una presentazione copiata dalla leggendaria prima tavola di Steve Canyon, analizzata da Umberto Eco”. Per cui, il personaggio incontra altri, saltano fuori le sue qualità e appare buono, solo alla fine si scopre che in realtà è così troppo buono che diventa cattivo. Poi, alla fine, dicono a PK qualcosa come: “Com'è che non la smetti? non hai capito che stai perdendo?” Io avevo visto due o tre volte il film di Cyrano con Depardieu, che mi piace tantissimo, e ho detto: “Facciamogli dire una frase à la Cyrano”; “Solo chi deve rovesciare la sorte lotta fino all'ultimo! Chi sa di aver già vinto non combatte”, e lui ce l'ha messa. Era bello il fatto di poter collaborare. Ora, invece, arrivano le storie, ma è difficile poter interagire con lo sceneggiatore. Secondo me, quella “tempesta di cervelli” era il massimo che si potesse avere perché c'era l'interazione tra chi racconta con le parole e chi racconta col disegno.

Una deliziosa interpretazione di PK

SC: C'era anche un bel coinvolgimento con i lettori...

FG: Sì, perché era una bella novità. Io l'ho scoperto in edicola perché avevano tenuto tutto segreto, vado in edicola e vedo il numero 0. Ed è stata una gran cosa il fatto che l'abbiano fatto inventare ad Alberto Lavoradori, perché mi hanno detto che avevano fatto fare delle prove anche ad altri, ma, lungimiranti, non avevano voluto fare un “Paperinik”.

SC: … se hai scoperto PK in edicola, come hai fatto a entrare nella redazione?

FG: Ero a Milano, in ufficio da Ezio Sisto [responsabile del progetto editoriale PK, ndr.], e c'era Simone Stenti e sono stati così buoni da chiedermi: “Te la sentiresti di disegnare PK?” Io ho risposto: “Io disegno tutto quello che volete!” “Bravo, questo è lo spirito!” E, così, mi hanno messo nel team.

SC: È stato difficile entrare in quella mentalità, quel tipo di struttura?

FG: No, è stato molto interessante. Giovan Battista Carpi diceva: “La gabbia non è un limite, ma una spinta”. Era tutto scritto in sceneggiatura.

Esempi di sperimentazione visiva in Terremoto (Artibani/Guerrini, 1997)

SC: … e Carpi cosa ne pensava di PK?

FG: A me non l'hai mai detto. Mi hanno detto che non l'amava perché, essendo il creatore di Paperinik, non amava queste narrazioni parallele.

SC: … e, a proposito di storie firmate con nomi falsi, proprio in PK, abbiamo conosciuto Paul Ackerman...

FG: Era la prima storia che aveva fatto Stefano Intini di PK. Lui aveva disegnato tutti i PK come i “suoi” paperi e, siccome volevano uno stile differente, hanno dato le sue tavole a otto o nove allievi dell'Accademia Disney, che li hanno ridisegnati. Perciò, ci sono otto o nove tipi di paperi diversi: c'è un Donald — disegnato all'americana —, c'è un Paperino, c'è un PK... e lui ha detto: “Io non la firmo”. Quando in redazione l’hanno riferito al direttore Paolo Cavaglione, lui ha detto un nome a caso di un giornalista americano, che adesso è accreditato come autore di una storia di PK.

SC: La tua prima storia è del '90 e ora siamo nel 2023. Sono passati trentatré anni...

FG: … e non è cambiato niente. Il lavoro creativo si svolge sullo storyboard, che è la parte più divertente perché lì si inventa: leggi la sceneggiatura, cerchi di capire, cerchi di vedere cosa volesse lo sceneggiatore, si prova a rendere anche bello da vedere il disegno, cerchi di raccontare anche qualcosa che lui non ha pensato e che magari ti viene meglio. Si va a scarabocchi. Dopodiché, si ricopia tutto quanto per bene.

SC: Il tuo stile, molto dettagliato, è sempre stato ben riconoscibile per me, ma mi sono sorpreso vedendo che in realtà hai realizzato “poche” storie: 120 lunghe più una quarantina da una tavola...

FG: Sono lentissimo. Ho fatto 5/6 storie all'anno, 7/8 al massimo.

SC: Il tuo stile mi ha sempre un po' ricordato Don Rosa, sbaglio?

FG: Questa mi è nuova. A me Rosa non piace come disegnatore, però devo riconoscere che, come sceneggiatore, non è male. Anche se alcune sono un po' delle forzature perché andare per forza a ricostruire quand'è che è nato quello, quand'è che è nato quell'altro, chi è la moglie e il suo marito... Quando poi, nelle storie di Barks, la volta che devono esserci delle gag sul fiume, Paperino abita sul fiume, le volte che ci sono delle gag con i vicini, Paperino abita nella stradina dove ci sono Paperina, Gastone, Archimede... abitano tutti lì. Altre volte, ancora, c'è il vicino Jones... A seconda della storia, Barks costruisce la città come scenario, come comprimario del personaggio.

Suggestive vedute di Paperopoli

SC: Possiamo dire che Barks sia un punto di riferimento imprescindibile?

FG: Imprescindibile. Se uno non tiene conto di Barks, come fa a disegnare i Paperi?

SC: Quindi, immagino l'emozione quando hai dovuto disegnare Il dollaro fatale...

FG: Sì, ma non si può rifare un'opera d'arte. Mi sentivo super onorato, ma assolutamente inadeguato. Ho dovuto anche inventare alcune gag funzionali alla storia che mancavano in sceneggiatura.

SC: Lavorando con sei direttori differenti, volevo chiederti se il tuo rapporto con loro fosse diverso.

FG: Bertani è molto più visibile. Il direttore Capelli io l'ho visto due volte in tutto. Ognuno ha il suo modo: Capelli era proprio “il direttore”; Massimo Marconi è il primo caporedattore che non è passato a dirigere, peccato perché conosceva tutto e tutti; Paolo Cavaglione anche era un po' “il direttore”; Bono l'ho visto una volta sola; la Muci era una persona molto particolare perché non conosceva i fumetti, però aveva un rapporto molto buono con tutti i disegnatori; la De Poli, invece, la conoscevo perché era l'assistente di Elisa Penna e ci scherzavo sopra col fatto che era diventata direttrice.

SC: Un insegnamento che ti hanno lasciato?

FG: La Muci mi ha detto una cosa che mi ha molto scosso: “I tuoi personaggi sono sempre nervosi, arrabbiati, hanno sempre qualcosa che non va”. Ci ho fatto caso e aveva ragione. Anche Marconi mi diceva, giustamente: “Tu fai sempre delle storie sopra le righe”. Se tutte le tavole hanno azioni sparate, diventa tutto quanto isterico e non va bene. Bisogna alternare emozioni, tempi e inquadrature. In questo, Carpi era un maestro.

Un Paperino decisamente arrabbiato

SC: Un ricordo di Capelli?

FG: Una volta, ha rifiutato una mia storia. Io non ho mai avuto un buon rapporto con il pennello e l'avevo inchiostrata molto pesante. Era una storia in tre puntate di Nino Russo e due puntate le ha dovute inchiostrare un altro. Poi, per la storia successiva, non ho avuto un rifiuto ed ero preoccupato che il direttore non me la volesse far fare, ma Massimo Marconi mi ha detto: “Non è arrabbiato con te perché lo hai spiazzato, chiedendo scusa per il tuo errore, mentre altri avrebbero voluto difendere il lavoro e discutere!” 

SC: Con il pennello, va meglio ora?

FG: Dopo tanti anni, ho preso più confidenza con il pennello. Trent'anni fa, Roberto Santillo mi ha detto: “Sembra che hai la traccia di matita sotto e poi, dopo, rifai il disegno da zero con il pennello, tenendola soltanto come traccia”. Finalmente, credo di aver capito e, negli ultimi anni, sto cercando di fare il tratto a pennello che c'entri di più con la matita, perché la matita è sempre bella. Anche Gottfredson diceva: “Disegnare a matita è un ruscello di montagna, quando devi inchiostrare è un canale di acqua lenta in pianura”.

SC: … e con Freccero che rapporto c'è? Ti dà delle indicazioni?

FG: Freccero è un amico. Mi ha detto che sono troppo pasticcione e che riempio troppo le vignette. Bisogna imparare sempre. Diventato supervisore artistico, mi ha detto: “Lavoriamo per sottrazione, non per aggiunta”. Io cerco di vedere cosa fanno di buono gli altri e se riesco a imparare da loro.

"Z!"

SC: Per concludere, cosa ne pensi delle nuove serie e del nuovo tipo di storie pubblicate oggi sul settimanale?

FG: Stanno cercando di fare una cosa estremamente giusta. Anche il signor Carpi diceva: “Le storie devono essere assolutamente attualissime, i lettori piccoli devono riconoscersi”. È per quello che non disegniamo più una persona che fa finta di essere un telecronista con uno scatolone in testa, perché nessun bambino ha mai visto un tubo catodico. Tutti i televisori sono piatti. Ci sono i video, in rete, dove fanno vedere il telefono a disco a certi ragazzini che non sanno neanche cosa sia la cornetta... Non si possono più disegnare i grandi letti con i pomi di legno dove i tre nipotini dormono insieme perché i bambini non hanno mai visto una cosa del genere. Il fatto che ci siano i computer, i cellulari, il cloud, eccetera deve diventare fonte di nuove gag. 

Il direttore l'ha ribadito, ma ricordo che l'aveva già detto Carpi: “L'umorismo Disney non può essere quello delle torte in faccia”. Sì, una volta o due, Barks ha disegnato le torte in faccia, ma non stiamo guardando Wile Coyote, che aspetti soltanto che cada nel burrone, e nemmeno Tom e Jerry, con la cassaforte che gli piomba in testa e lui diventa una fisarmonica. L’umorismo Disney deve nascere dalle situazioni, deve essere una comicità à la Buster Keaton, non à la Stanlio e Ollio, che cascano dal tetto, pure se sono comici in modo insuperabile. Ma tutti loro fanno film, nel fumetto c'è di meno e c'è di più, basta guardare Jacovitti.

Il giovane Paperino da Topolino giornalista (Osborne/Gottfredson, 1935), suo zio Gedeone e Lyla Lay di Canale 00 convivono in questa bellissima illustrazione realizzata dal disegnatore bolognese per il sottoscritto

© Disney per le immagini pubblicate.