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martedì 1 aprile 2025

[ESCLUSIVA] Gedeone e Matilda per la prima volta insieme in una storia!

Ebbene sì, cari lettori, a volte i desideri si realizzano. Presto, i fratelli Gedeone e Matilda de' Paperoni (immancabilmente accompagnati dal facoltoso Paperone) condivideranno per la prima volta la scena in una storia a fumetti. Solo due anni fa, Matilda faceva il suo debutto da Papera adulta nella produzione italiana, a distanza di un paio di decenni dalla sua prima e (al tempo) unica apparizione in tale guisa, a opera dell'artista statunitense Don Rosa.


Gedeone, invece, introdotto da Romano Scarpa nel 1956, era stato visto per l'ultima volta in una storia in costume del 2022 facente parte del ciclo Paperingio, dopo avere vissuto tre avventure in compagnia del fratello maggiore giusto due anni prima, grazie all'autore Vito Stabile.


I tre, tuttavia, pur essendo parenti molto prossimi, non sono mai stati rappresentati uno a fianco all'altra prima della fine dello scorso anno, quando sono stati avvistati in una rivisitazione del famoso albero genealogico della famiglia dei Paperi illustrata da Federico Butticè.

Al momento, è possibile ottenere questa immagine solamente incollando gli sticker sull'apposito album, pertanto la qualità della foto è meno buona rispetto alle altre

Se questi recuperi a distanza ravvicinata potevano inizialmente sembrare delle semplici coincidenze, proprio ieri ho ricevuto la conferma inconfutabile che c'è sotto di più e sono pronto a rivelarla in esclusiva ai lettori di questo blog. Infatti, un artista di cui preferisco non fare il nome per evitargli problemi con il proprio editore (anche se ritengo sia abbastanza riconoscibile dallo stile di disegno) mi ha inviato l'anteprima di una tavola a cui sta lavorando, che condivido qui sotto.


Come potete notare, i tre fratelli si trovano insieme e sembrerebbero discutere di qualche questione (con i due maschietti che si spalleggiano a vicenda) e parrebbe poi di assistere a una sorta di flashback, in cui è possibile riconoscere il berretto del piccolo Scrooge. Inoltre, in una delle vignette, è presente anche il ritratto di un tale "Zio Jake", menzionato per la prima volta nel classico natalizio Paperino e il ventino fatale (Barks, 1952).

Da grande curioso quale sono, non posso fare altro che aspettare pazientemente questa storia per scoprire quali tematiche affronterà e come i suoi autori hanno caratterizzato il rapporto tra Gedeone e la sorella.

© Disney per le immagini pubblicate.




















Nella migliore delle tradizioni disneyane, il contenuto di questo articolo non è altro che un elaborato pesce d'aprile. Purtroppo, una storia del genere non è in lavorazione (o, almeno, non che io sappia) e nessun autore o disegnatore rischia di perdere il posto di lavoro per avere condiviso informazioni super riservate. Mi spiace avere illuso qualche sognatore come me, ma la speranza è l'ultima a morire. Alla prossima!

lunedì 6 novembre 2023

Una chiacchierata con... Francesco Guerrini

Qualche mese fa, ho avuto il piacere di conoscere Francesco Guerrini, disegnatore di fumetti Disney dal 1990 dal tratto unico e inconfondibile. Abbiamo avuto una lunga chiacchierata in cui si è ripercorsa la sua carriera e si è svelato qualche retroscena su alcune storie da lui disegnate. Buona lettura!

Francesco Guerrini (febbraio 2023)

SC: Simone Cavazzuti
FG: Francesco Guerrini

SC: Il tuo primo lavoro pubblicato è un'illustrazione raffigurante tanti volti di Paperino, vero?

FG: Quella era un'esercitazione che avevo fatto per me copiando le facce da Vita e Dollari di Paperon de' Paperoni, quel piccolo Oscar [Mondadori, ndr.] che era il “vangelino” dei disegnatori finché non si sapeva chi fosse Barks. L'ho portata a Milano, alla Disney, prima ancora di cominciare a disegnare le storie, e il direttore Capelli l'ha vista e ha detto: “La teniamo”, io ho detto: “Ma io veramente...”, “No, no, no, la prendiamo, la prendiamo”, e non so se mi abbiano dato un qualcosa tipo ottantamila lire, una cosa del genere. L'hanno pubblicata e bisognava indovinare quanti personaggi ci fossero. C'erano, mi sembra, poco più di duecento facce, solo che l'hanno pubblicata a doppia pagina; perciò, quelli che erano andati a finire al centro, in rilegatura, si vedevano male. Deve essere stato prima della prima storia, che poi è uscita su Paperino Mese.

La prima illustrazione pubblicata (su Topolino 1782, 1990)

SC: E come è stata, questa prima storia?

FG: Era una storia che io continuo a dire, sbagliando, che è di Carlo Panaro [in realtà, risulta accreditata a Giorgio Pezzin, ndr.]. In origine, si chiamava Paperino e il fascino dell'Agricoltura, ma poi le è stato messo un titolo che, praticamente, svelava il finale: Paperino e il minerale venuto da lontano. Questo minerale era un meteorite, di un metallo preziosissimo per le comunicazioni ma dannosissimo per l'agricoltura, che rovinava il lavoro agricolo di Paperino, che prima voleva fare il contadino e poi l'agriturismo. Per cui, la gag finale era che il terreno fosse assolutamente improduttivo per colpa di questo minerale e, metterlo nel titolo, per me, è stata una scelta opinabile.

Un'altra volta, mi è successa una cosa quasi analoga: c'era una storia basata tutta sull'equivoco di un pirata che aveva un galeone che non navigava e si doveva vedere soltanto nelle ultime tavole, che questo galeone in realtà era un'isola, modellata a galeone, con degli scogli intorno per attirare le navi e farle naufragare, e il pirata le assaliva. Si vede che, per distrazione, all'ultimo momento, lo sceneggiatore ha messo che nella splash page, cioè nella sestupla iniziale, si dovesse vedere un'isola a forma di nave. Ho telefonato alla redazione e ho detto: “Scusate, se deve essere un mistero fino alla fine, come si fa a metterlo nella prima pagina?”, così me l'hanno fatta cambiare, nonostante che la sceneggiatura fosse di uno molto famoso.

SC: Capita spesso di confrontarsi con gli sceneggiatori?

FG: A volte, gli sceneggiatori scrivono cose che non si riescono a disegnare oppure mettono vignette grandissime con una battuta singola oppure vignette piccole con dei botta-risposta o addirittura delle sequenze quasi cinematografiche da mettere in tre o quattro vignette: Paperino esce di casa, inciampa, va nella pozzanghera, si alza e dice “Quack!” Questa è una sequenza, non è una vignetta, come si fa? Bisogna imparare a calibrare le cose. Io guardo molto Barks e si vede che Barks ha una grandissima esperienza in sceneggiatura di cartoni animati. Infatti, nelle prime storie, spesso le comincia già a metà dell'azione, mentre invece, purtroppo, molte volte c'è tutta una preparazione di battutine, eccetera eccetera. Le storie di Barks, se venissero fatte a sei vignette, come in Topolino, prenderebbero dodici, massimo tredici pagine. E, in ottanta vignette, succede di tutto. Io non me ne ero accorto che metà delle storie di Barks fossero dieci pagine, me le sono dovute andare a rivedere quando ho letto il libro di Saccomano e altri [Introduzione a Paperino, ndr.], che diceva: “Sono storie da dieci pagine”, “Come dieci pagine?” Sono andato a vedere ed erano tutte di dieci pagine... succede un mucchio di cose!

Particolare da Paperino & la Moda del Pavone (Gualtieri/Guerrini, 2023)

SC: Ci sono state volte in cui sei intervenuto sulle sceneggiature, aggiungendo o sistemando dettagli o parti di trama?

FG: Ad esempio, realizzando il prequel del Cimiero vichingo. Il testo non mi piaceva e, allora, ho chiesto a Davide Catenacci [caporedattore comics del settimanale Topolino, ndr.] se potevo fare qualche modifica. Me l'ero proprio presa a cuore, questa storia. Avevo introdotto gli antenati degli indiani Pikoletos (Peeweegahs in originale), che interagiscono sia con i Vichinghi che con i Paperi. Non ho potuto scrivere tutto in rima, ma ho scritto tutto quanto in versi ottonari. Hanno tolto molti di questi fumetti perché “occupavano troppo posto”. Mi sono documentato veramente molto sui villaggi. In Norvegia, fanno le vacanze vichinghe: hanno i villaggi vichinghi, cucinano alla maniera vichinga, si vestono vichingo... E ho messo anche delle ricostruzioni prese dal vero. 

Credo di aver fatto un lavoro abbastanza approfondito. Ogni volta, davo dei titoli diversi sia a Paperino che ai nipotini e questo l'ho letto da storie orali messe per iscritto soltanto nel Settecento/Ottocento da qualche letterato che si era interessato alla materia. Odino veniva chiamato successivamente, nei racconti orali, tutte le volte con caratteristiche diverse. Avevo introdotto un paio di gag in cui Paperino è geniale, qualche altra volta è tonto e ho scritto più della metà delle pagine. Avevo curato anche delle “stupidaggini”, particolari che possono sfuggire, tipo: partono tre navi, la prima nave che è già partita ha già le vele spiegate, la seconda nave sta issando le vele, la terza nave è ancora a remi. Non si nota, sono quelle cose che dici: “Se non lo sai, non lo vedi”, però io ho pensato: “Se un lettore ha fatto un piccolo corso di vela, secondo me se ne accorge”. Non si parte mai a vela dalla riva o dal porto, bisogna andare un po' in là. Poi, anche il fatto di tirare su le vele con l'argano: le vele non sono una bandiera, pesano. In sceneggiatura non c'era, l'ho messo io. “Stupidaggini”, però ho voluto curare queste cose.

SC: È mai capitato che uno sceneggiatore gradisse poco questi tuoi interventi?

FG: Mi è capitato una volta di abbreviare una storia e lo sceneggiatore si è arrabbiato a mille. Ho tagliato delle pagine e lui ha detto: “Non la firmo”. Hanno messo un nome falso. Dopodiché, sono uscite delle buone recensioni, hanno scritto: “Guerrini ha fatto questa storia, dove c'è questo nuovo sceneggiatore, ed è bella”. Dopo, lui mi ha detto: “Quello che è giusto è giusto, riconosco che hai fatto un bel lavoro”, però all'inizio se l'era presa perché gli avevo cambiato delle gag.

SC: Il disegnatore quanto margine ha di cambiare e aggiungere cose?

FG: Il signor Carpi diceva: “Il disegnatore è l'ultimo regista”. Ultimamente, sono molto più “severi” sulle sceneggiature, anche perché dall'America ricevono molti “fermini”, hanno molti “paletti”. Ad esempio, proprio ieri, Davide Catenacci mi ha telefonato dicendo: “Non mettere mai più nelle storie animali che non abbiano il becco”. Io faccio sempre storie di Paperino e gli unici personaggi che non hanno il becco sono i Bassotti, Lusky e Battista. Mi ero divertito a fare, alla maniera di Barks, molti colleghi di Paperone, miliardari, che erano animali differenti. Avevo messo un bufalo vestito da texano, un cavallo vestito da cavallerizzo inglese e vari altri personaggi al Club dei Miliardari. Dovevo mettere 10/15 personaggi, tutti paperi, e non sapevo più come fare. Allora, ho introdotto altri animali. E, invece, la Disney ha chiesto di limitare la cosa, motivando: “Le storie a fumetti non devono sembrare Zootopia...”

Alcuni miliardari "atipici" da Un C.E.N.T. per il Club dei Miliardari (Gagnor, Valentini/Guerrini, 2023)

SC: Le tue prime storie sono dei primi anni Novanta...

FG: Sì. Nell'Ottantanove è partita la Disney Italia e c'erano dei cartelli “mercoledì esci con un amico”. In quel periodo, stavo facendo il disegnatore per la pubblicità e, un giorno, ho detto: “O faccio un salto oppure mi riduco a fare gli scarabocchini, i Santini sui marciapiedi”, come diceva Castelli. Allora, ho detto: “Adesso prendo il telefono”, ho guardato su Topolino, ho telefonato: “Pronto, sono un disegnatore di Bologna e volevo chiedere se posso mandare dei disegni e a chi posso rivolgermi”, e la segretaria che mi ha risposto mi fa: “Le passo Carpi”. Io, dopo un attimo di silenzio, faccio: “Quel Carpi?”, “Sì, sì, quel Carpi”, e mi ha passato Giovan Battista Carpi, che in quel momento stava organizzando tutto quello che poi è diventata la Scuola Disney, l'Accademia Disney. Ha detto: “Sì, sì, portami dei disegni”. Era l'inizio dell'estate, ho passato tutto agosto a fare dei gran disegni guardando Vita e Dollari di Paperon de' Paperoni e gli ho portato questo paccone, saranno stati cinquanta fogli. Lui ha guardato e ha detto: “Sì, va bene, come matitista ci sei”.

SC: Come è stato, in seguito, il tuo rapporto con Carpi?

FG: In realtà, Carpi non faceva lezione di disegno, parlava più che altro di come bisogna pensare la cosa. Infatti, di suggerimenti tecnici, ne dava pochissimi: la rotondità della testa, la piega del becco, il disegno delle orbite degli occhi di Paperino, poca roba. Non faceva scuola di disegno, però, secondo me, come insegnante era insuperabile perché diceva: “Tu guarda tutto quello che ti piace, guarda questo, guarda quello, guarda quell'altro, impara copiando, dopodiché fai da solo”. E, a differenza di altri, che magari hanno detto: “Fai come faccio io”, lui non l'ha mai detto. Solo questi particolarini tecnici, proprio piccolezze, diciamo trucchettini, finezze del disegno, ma mai: “Fai il papero come faccio io”. Infatti, tutti quelli che sono stati allievi di Carpi, alla fine, si sono diversificati tantissimo. Considera che erano persone come Roberto Santillo, Silvio Camboni, Fabio Celoni — che aveva già fatto la scuola di fumetto —, Mottura, Faccini...

Ziche, Mastantuono e Intini erano andati, invece, a lezione da Giorgio Cavazzano. Infatti, all'inizio, disegnavano un po' come lui. Però, evidentemente, lui è stato capace di dargli delle indicazioni e loro hanno del talento e non sono più “Cavazzano”. Qualcun altro scopiazzava un po' e infatti sarebbe stato meglio non fare così. Certe volte, c'erano dei disegnatori che si confondevano quasi con Cavazzano, ma questo non è un bene. Andrea Freccero, che adesso è diventato supervisore artistico, è stato allievo personale di Carpi. All'inizio, disegnava come lui, però, dopo, è stato assolutamente capace di diventare Freccero. So che esistono dei perfetti “falsi Carpi”, perché mi ricordo una scena buffa: a Lucca, un tizio venne un paio di volte o tre a presentarsi al signor Carpi dandogli dei pacchettini di cartoline postali: “Per favore, maestro…”; il signor Carpi mi guarda e fa: “Lui crede che io non capisca che dopo li va a vendere?” Per cui, passava questo pacchettino di cartoline postali a Freccero, che, di sera in albergo, invece di dormire, disegnava alla maniera di Carpi. Dopodiché, la mattina dopo, lui firmava. Siamo tornati a Lucca quando è stata fatta la storia più lunga del mondo [Ciccio e il compleanno sottosopra, ndr.], non mi ricordo in quanti fossimo, ma in molti.

SC: Quante pagine avete disegnato a testa?

FG: Una striscia, intorno alle sei vignette. Io credo di avere avuto quattro vignette singole e una doppia, se non sbaglio. C'era questo tendone in piazza e tutti i disegnatori avevano i loro sketch, i loro storyboard. Era anche piovuto e, dopo che era stato sbaraccato tutto, c'erano gli appassionati che andavano a tirare su i fogli dei disegnatori famosi dalle pozzanghere.

Particolare da Zio Paperone & la Palandrana del Sartomante (Giunta/Guerrini, 2023)

SC: Tornando un po' indietro, ti va di dire qualcosa su Zio Paperone e l'inversore gravitazionale?

FG: Quella l'ho scritta io. Ho anche sentito che Romano Scarpa ha detto: “Oh, ci ha voluto metter dentro tutto”. Mi ero molto ispirato al modo di fare di Barks: c'era un fatto iniziale che generava una seconda parte della storia. Mi ero divertito. C'erano dei momenti in cui Paperino era geniale e dei momenti in cui Paperino era stupido, un po' come faceva Barks.

SC: E questa l'hanno pubblicata anche in Brasile, recentemente...

FG: Quando sono stato a Desenzano, alla mostra per i novant'anni di Topolino organizzata da Federico Fiecconi, si presenta questo omino, che era Thiago Gardinali, dicendo: “Io sono un giornalista, posso intervistarti?” “Sì, va bene.” Poi, così, di punto in bianco, mi fa: “Vuoi venire in Brasile?”, io gli ho risposto: “Sei sicuro?” E, così, mi ha invitato in Brasile. Era sotto Pasqua del ‘19.

SC: Chi è Thiago Gardinali?

FG: Al momento in cui mi si è avvicinato, credevo che fosse un topo di redazione, ma è un giornalista d'assalto. Possiede uno studio radiotelevisivo, è andato in tutto il mondo ed è così alla mano, veramente un amico, simpaticissimo, cordiale, gentile. Conoscendo le lingue, traduce i fumetti per Culturama [attuale casa editrice di comics Disney in Brasile, ndr.], però è uno che viaggia il mondo per fare il telecronista. È pazzesco. Mi ha dato la sua amicizia e sono contentissimo perché è una persona eccezionale e fa anche queste cose modestissime: “Ho tradotto una tua storia, mi sono divertito!”.

SC: E, invece, come hai conosciuto Federico Fiecconi?

FG: Federico l'avevo conosciuto qui a Bologna perché mi aveva fatto fare dei lavoretti non Disney, delle copertine per delle raccolte di canzoni dello Zecchino d'Oro. Gli ho telefonato dicendo: “Mi piacerebbe venire a vedere la mostra, ma una volta che ci sei tu che me la spieghi”. Mi fa: “Vieni a disegnare”. Così, sono andato lì alcuni fine settimana e facevo dei disegni omaggio a richiesta. Ho anche fatto dei piccoli laboratori di disegno, spiegavo brevissimamente in venti minuti come si fa a disegnare un personaggio.

SC: … e come si fa a disegnare un personaggio?

FG: Non ci sono segreti, ci sono solo delle regole di disegno. L'unico segreto è che bisogna avere voglia di stare tante ore seduti a disegnare. Se uno non ha voglia di disegnare, non ce la fa.

Tutto parte da un cerchio

SC: Quanto è importante il ruolo del disegno nel medium fumetto?

FG: È il disegno che racconta. Le parole spiegano qualcosa, ma il disegno deve raccontare. Poi, ci sono quelli che fanno il fumetto dove non succede niente, ma lo fanno apposta. Se devi fare capire che uno è un fornaio, lo vesti da fornaio. Se lo metti in abito da sera, devi sapere il perché: è una gag? È a un ballo? Non devi far capire che è un fornaio? E via così... Il buffo dei Bassotti, che anche quando sono travestiti hanno la maschera, è la stessa cosa di Spirit di Eisner che è continuamente con la maschera.

SC: Come mai disegni solo storie di Paperi?

FG: La prima volta che Massimo Marconi, il caporedattore di Topolino, mi ha dato una sceneggiatura, mi ha chiesto se volessi Topi o Paperi. Sono andato per passione e ho chiesto Paperi; da allora, sono andato avanti così. Il fatto è che Topolino deve vincere, minimo minimo deve pareggiare, e invece Paperino è buffo anche quando perde. Nelle strisce disegnate da Gottfredson, Topolino ne faceva di tutti i colori e, oltretutto, delle volte, perdeva anche. Era un mascalzoncello. Adesso, non è più possibile.

SC: Hai disegnato alcune storie di PK...

FG: Sì, è stata una gran bella occasione.

SC: In Terremoto, ad esempio, compaiono alcuni personaggi per la prima volta, come la Flagstarr. Li hai concepiti graficamente tu o esistevano degli studi?

FG: Sì, anche il villain. È stata una cosa molto interessante perché, nella prima serie di PK, si facevano le riunioni sceneggiatori-redazione-disegnatori e la ricordo come una cosa particolarmente interessante perché mi hanno detto: “Adesso tu disegni questo”, ho dato una scorsa al soggetto e, parlando con Artibani, gli ho detto: “Magari, quando deve entrare Morgan Fairfax, mi piacerebbe fare una presentazione copiata dalla leggendaria prima tavola di Steve Canyon, analizzata da Umberto Eco”. Per cui, il personaggio incontra altri, saltano fuori le sue qualità e appare buono, solo alla fine si scopre che in realtà è così troppo buono che diventa cattivo. Poi, alla fine, dicono a PK qualcosa come: “Com'è che non la smetti? non hai capito che stai perdendo?” Io avevo visto due o tre volte il film di Cyrano con Depardieu, che mi piace tantissimo, e ho detto: “Facciamogli dire una frase à la Cyrano”; “Solo chi deve rovesciare la sorte lotta fino all'ultimo! Chi sa di aver già vinto non combatte”, e lui ce l'ha messa. Era bello il fatto di poter collaborare. Ora, invece, arrivano le storie, ma è difficile poter interagire con lo sceneggiatore. Secondo me, quella “tempesta di cervelli” era il massimo che si potesse avere perché c'era l'interazione tra chi racconta con le parole e chi racconta col disegno.

Una deliziosa interpretazione di PK

SC: C'era anche un bel coinvolgimento con i lettori...

FG: Sì, perché era una bella novità. Io l'ho scoperto in edicola perché avevano tenuto tutto segreto, vado in edicola e vedo il numero 0. Ed è stata una gran cosa il fatto che l'abbiano fatto inventare ad Alberto Lavoradori, perché mi hanno detto che avevano fatto fare delle prove anche ad altri, ma, lungimiranti, non avevano voluto fare un “Paperinik”.

SC: … se hai scoperto PK in edicola, come hai fatto a entrare nella redazione?

FG: Ero a Milano, in ufficio da Ezio Sisto [responsabile del progetto editoriale PK, ndr.], e c'era Simone Stenti e sono stati così buoni da chiedermi: “Te la sentiresti di disegnare PK?” Io ho risposto: “Io disegno tutto quello che volete!” “Bravo, questo è lo spirito!” E, così, mi hanno messo nel team.

SC: È stato difficile entrare in quella mentalità, quel tipo di struttura?

FG: No, è stato molto interessante. Giovan Battista Carpi diceva: “La gabbia non è un limite, ma una spinta”. Era tutto scritto in sceneggiatura.

Esempi di sperimentazione visiva in Terremoto (Artibani/Guerrini, 1997)

SC: … e Carpi cosa ne pensava di PK?

FG: A me non l'hai mai detto. Mi hanno detto che non l'amava perché, essendo il creatore di Paperinik, non amava queste narrazioni parallele.

SC: … e, a proposito di storie firmate con nomi falsi, proprio in PK, abbiamo conosciuto Paul Ackerman...

FG: Era la prima storia che aveva fatto Stefano Intini di PK. Lui aveva disegnato tutti i PK come i “suoi” paperi e, siccome volevano uno stile differente, hanno dato le sue tavole a otto o nove allievi dell'Accademia Disney, che li hanno ridisegnati. Perciò, ci sono otto o nove tipi di paperi diversi: c'è un Donald — disegnato all'americana —, c'è un Paperino, c'è un PK... e lui ha detto: “Io non la firmo”. Quando in redazione l’hanno riferito al direttore Paolo Cavaglione, lui ha detto un nome a caso di un giornalista americano, che adesso è accreditato come autore di una storia di PK.

SC: La tua prima storia è del '90 e ora siamo nel 2023. Sono passati trentatré anni...

FG: … e non è cambiato niente. Il lavoro creativo si svolge sullo storyboard, che è la parte più divertente perché lì si inventa: leggi la sceneggiatura, cerchi di capire, cerchi di vedere cosa volesse lo sceneggiatore, si prova a rendere anche bello da vedere il disegno, cerchi di raccontare anche qualcosa che lui non ha pensato e che magari ti viene meglio. Si va a scarabocchi. Dopodiché, si ricopia tutto quanto per bene.

SC: Il tuo stile, molto dettagliato, è sempre stato ben riconoscibile per me, ma mi sono sorpreso vedendo che in realtà hai realizzato “poche” storie: 120 lunghe più una quarantina da una tavola...

FG: Sono lentissimo. Ho fatto 5/6 storie all'anno, 7/8 al massimo.

SC: Il tuo stile mi ha sempre un po' ricordato Don Rosa, sbaglio?

FG: Questa mi è nuova. A me Rosa non piace come disegnatore, però devo riconoscere che, come sceneggiatore, non è male. Anche se alcune sono un po' delle forzature perché andare per forza a ricostruire quand'è che è nato quello, quand'è che è nato quell'altro, chi è la moglie e il suo marito... Quando poi, nelle storie di Barks, la volta che devono esserci delle gag sul fiume, Paperino abita sul fiume, le volte che ci sono delle gag con i vicini, Paperino abita nella stradina dove ci sono Paperina, Gastone, Archimede... abitano tutti lì. Altre volte, ancora, c'è il vicino Jones... A seconda della storia, Barks costruisce la città come scenario, come comprimario del personaggio.

Suggestive vedute di Paperopoli

SC: Possiamo dire che Barks sia un punto di riferimento imprescindibile?

FG: Imprescindibile. Se uno non tiene conto di Barks, come fa a disegnare i Paperi?

SC: Quindi, immagino l'emozione quando hai dovuto disegnare Il dollaro fatale...

FG: Sì, ma non si può rifare un'opera d'arte. Mi sentivo super onorato, ma assolutamente inadeguato. Ho dovuto anche inventare alcune gag funzionali alla storia che mancavano in sceneggiatura.

SC: Lavorando con sei direttori differenti, volevo chiederti se il tuo rapporto con loro fosse diverso.

FG: Bertani è molto più visibile. Il direttore Capelli io l'ho visto due volte in tutto. Ognuno ha il suo modo: Capelli era proprio “il direttore”; Massimo Marconi è il primo caporedattore che non è passato a dirigere, peccato perché conosceva tutto e tutti; Paolo Cavaglione anche era un po' “il direttore”; Bono l'ho visto una volta sola; la Muci era una persona molto particolare perché non conosceva i fumetti, però aveva un rapporto molto buono con tutti i disegnatori; la De Poli, invece, la conoscevo perché era l'assistente di Elisa Penna e ci scherzavo sopra col fatto che era diventata direttrice.

SC: Un insegnamento che ti hanno lasciato?

FG: La Muci mi ha detto una cosa che mi ha molto scosso: “I tuoi personaggi sono sempre nervosi, arrabbiati, hanno sempre qualcosa che non va”. Ci ho fatto caso e aveva ragione. Anche Marconi mi diceva, giustamente: “Tu fai sempre delle storie sopra le righe”. Se tutte le tavole hanno azioni sparate, diventa tutto quanto isterico e non va bene. Bisogna alternare emozioni, tempi e inquadrature. In questo, Carpi era un maestro.

Un Paperino decisamente arrabbiato

SC: Un ricordo di Capelli?

FG: Una volta, ha rifiutato una mia storia. Io non ho mai avuto un buon rapporto con il pennello e l'avevo inchiostrata molto pesante. Era una storia in tre puntate di Nino Russo e due puntate le ha dovute inchiostrare un altro. Poi, per la storia successiva, non ho avuto un rifiuto ed ero preoccupato che il direttore non me la volesse far fare, ma Massimo Marconi mi ha detto: “Non è arrabbiato con te perché lo hai spiazzato, chiedendo scusa per il tuo errore, mentre altri avrebbero voluto difendere il lavoro e discutere!” 

SC: Con il pennello, va meglio ora?

FG: Dopo tanti anni, ho preso più confidenza con il pennello. Trent'anni fa, Roberto Santillo mi ha detto: “Sembra che hai la traccia di matita sotto e poi, dopo, rifai il disegno da zero con il pennello, tenendola soltanto come traccia”. Finalmente, credo di aver capito e, negli ultimi anni, sto cercando di fare il tratto a pennello che c'entri di più con la matita, perché la matita è sempre bella. Anche Gottfredson diceva: “Disegnare a matita è un ruscello di montagna, quando devi inchiostrare è un canale di acqua lenta in pianura”.

SC: … e con Freccero che rapporto c'è? Ti dà delle indicazioni?

FG: Freccero è un amico. Mi ha detto che sono troppo pasticcione e che riempio troppo le vignette. Bisogna imparare sempre. Diventato supervisore artistico, mi ha detto: “Lavoriamo per sottrazione, non per aggiunta”. Io cerco di vedere cosa fanno di buono gli altri e se riesco a imparare da loro.

"Z!"

SC: Per concludere, cosa ne pensi delle nuove serie e del nuovo tipo di storie pubblicate oggi sul settimanale?

FG: Stanno cercando di fare una cosa estremamente giusta. Anche il signor Carpi diceva: “Le storie devono essere assolutamente attualissime, i lettori piccoli devono riconoscersi”. È per quello che non disegniamo più una persona che fa finta di essere un telecronista con uno scatolone in testa, perché nessun bambino ha mai visto un tubo catodico. Tutti i televisori sono piatti. Ci sono i video, in rete, dove fanno vedere il telefono a disco a certi ragazzini che non sanno neanche cosa sia la cornetta... Non si possono più disegnare i grandi letti con i pomi di legno dove i tre nipotini dormono insieme perché i bambini non hanno mai visto una cosa del genere. Il fatto che ci siano i computer, i cellulari, il cloud, eccetera deve diventare fonte di nuove gag. 

Il direttore l'ha ribadito, ma ricordo che l'aveva già detto Carpi: “L'umorismo Disney non può essere quello delle torte in faccia”. Sì, una volta o due, Barks ha disegnato le torte in faccia, ma non stiamo guardando Wile Coyote, che aspetti soltanto che cada nel burrone, e nemmeno Tom e Jerry, con la cassaforte che gli piomba in testa e lui diventa una fisarmonica. L’umorismo Disney deve nascere dalle situazioni, deve essere una comicità à la Buster Keaton, non à la Stanlio e Ollio, che cascano dal tetto, pure se sono comici in modo insuperabile. Ma tutti loro fanno film, nel fumetto c'è di meno e c'è di più, basta guardare Jacovitti.

Il giovane Paperino da Topolino giornalista (Osborne/Gottfredson, 1935), suo zio Gedeone e Lyla Lay di Canale 00 convivono in questa bellissima illustrazione realizzata dal disegnatore bolognese per il sottoscritto

© Disney per le immagini pubblicate.

sabato 28 gennaio 2023

Il post definitivo su Gedeone de' Paperoni

Gedeone de' Paperoni, lo zio di Paperino introdotto in Paperino e i gamberi in salmì (Scarpa, 1956), è un personaggio che mi ha sempre affascinato e, perciò, ho deciso di recuperare tutte le sue apparizioni ufficiali (tra storie e illustrazioni) per commentarle qui, in quella che idealmente potrebbe essere una scheda completa e definitiva sul personaggio (almeno fino a quando non verranno prodotte nuove avventure a cui prenderà parte).

Gedeone de' Paperoni

Innanzitutto, è da considerare che, sei mesi prima del suo debutto, Guido Martina e Giovan Battista Carpi (qui ancora coadiuvato da Giulio Chierchini) avevano già assegnato  in Paperino e l'uomo del West (Martina/Carpi, 1955)  un parente prossimo alla famiglia dei Paperi: nientemeno che il fratello gemello di Zio Paperone. Questo insolito, e mai più ripreso, personaggio si chiama esattamente Paperon de' Paperoni e non mostra alcuna differenza fisica con il fratello, tanto che Paperino e nipotini credono inizialmente di trovarsi al cospetto dell'usuale parente. 

Tutto comincia quando Paperino riceve una raccomandata contenente cinquanta dollari e una lettera dello zio Paperon de' Paperoni che lo invita a trascorrere un mese di villeggiatura a Città d'Oro sul Fiume d'Oro (Texas), per festeggiare la scoperta della sua 745sima miniera d'oro. 

L'insolita lettera dello Zio Paperone

I Paperi, in bolletta cronica e stanchi di sopportare il caldo estivo della città, partono subito alla volta del West. Con loro stupore, la piazza principale di Città d'Oro ospita un asilo, una scuola, un ospedale e un ente assistenza intitolati a Paperon de' Paperoni, nonché una statua che lo raffigura, con incisa la dicitura: “A Paperon de' Paperoni. Benefattore e filantropo. La cittadinanza riconoscente.” 

L'arrivo a Città d'Oro

Il mistero è presto svelato: l'anziano papero che ha invitato Paperino non è il Paperone di città, “il taccagno arci-arci-arci-triliardario”, bensì il suo gemello, generoso e filantropo scopritore di miniere d'oro (che regala), il quale aveva conosciuto il nipote quando questi non aveva che pochi mesi. Curiosamente, nonostante nell'avventura appaiano entrambi i fratelli de' Paperoni, Paperone e Mani Buche (questo il soprannome affibbiato al filantropo) non si incontrano mai.

La rivelazione

Ne I gamberi in salmì — prima storia di Romano Scarpa come autore completo , facciamo quindi la conoscenza del secondo (in ordine di creazione), e decisamente più fortunato (a livello editoriale), fratello di Paperone: Gedeone de' Paperoni. Gedeone è da quarant'anni direttore del Grillo Parlante, “il più grande quotidiano del paese”, e viene da subito mostrato alle prese con un'attività di coordinazione dei suoi dipendenti a dir poco frenetica, che gli permette di non tradire la fiducia dei suoi 4.275.421 lettori.

Il colloquio di Paperino con lo zio

Il buon giornalismo d'inchiesta, la ricerca della verità e la libertà dell'informazione vengono messi al primo posto da Gedeone, che “centinaia di volte” si è rifiutato di vendere la testata al fratello (già proprietario di novantanove pubblicazioni) di fronte a un'offerta di quasi tre milioni di dollari. Il Grillo Parlante viene da lui infatti definito “un quotidiano libero e obiettivo, che costituisce la vera e propria coscienza del paese”.

L'importanza della libera informazione

Va comunque fatto presente che, nella prima stesura di questa storia, intitolata Paperino agente investigativo (Scarpa, 1953), il direttore era solamente un amico di Paperino.

Confronto tra Paperino agente investigativo (sinistra) e Paperino e i gamberi in salmì (destra)

Sei anni dopo I gamberi in salmì, Gedeone viene recuperato in Paperino cronista del giorno dopo (Barosso, Pavese/Perego, 1962), che, come la precedente, vede il personaggio titolare della storia desideroso di entrare nel mondo del giornalismo. Parallelamente a una variegata gavetta (ingrassaggio degli ingranaggi delle rotative, impaccatura dei giornali, composizione in linotipia e correzione delle bozze) presso lo zio, Paperino frequenta l'archivio del quotidiano, dove legge con grande ammirazione gli articoli di un tale Pap Paper, pubblicati tra l'ultimo ventennio del 1800 e il 1903 (anno in cui è stato cacciato dal giornale). 

L'ammirazione di Paperino per Pap Paper

Gedeone ricorda che, quando ancora era cucciolo di redazione, il direttore dell'epoca additava Pap Paper come “esempio di incapacità e progressivo regresso mentale”. Paperino non si convince e continua a documentarsi sul giornalista del passato, che comincia ad apparirgli sotto forma di fantasma, consegnandoli edizioni dei quotidiani del giorno dopo. In questo modo, il papero vestito da marinaio ha la possibilità di conoscere in anticipo le notizie prima che esse accadano e prova a sfruttare ciò a proprio favore, accorgendosi presto che non è così semplice come potrebbe sembrare. A partire da questa storia, Gedeone e Paperone non condivideranno la scena fino agli anni Novanta.

La prima apparizione non-scarpiana di Gedeone

Giampaolo Barosso, ormai assurto a secondo padre di Gedeone, lo riutilizza (qui in coppia con il fratello Adamo) in Paperino e l'intervista volante (Barosso, Barosso/Perego, 1966), ancora come datore di lavoro dello sventurato Paperino. Il nipote, inizialmente un semplice fattorino sfruttato dai vari giornalisti presenti in redazione, viene infatti messo alla prova come reporter. Il suo improbabile compito è quello di intervistare lo spericolato paracadutista “Jumping” Jim Jones, noto per avere un caratteraccio e una indisposizione nei confronti della stampa. 

Gedeone mette alla prova il nipote

Per riuscire nell'impresa, Gedeone recluta anche Gastone Paperone, che si riferisce a lui come “zio”. Nonostante il direttore affermi di avere a cuore solo il suo giornale, in questa storia, iniziano a emergere alcuni lati del carattere che lo avvicinano al fratello Paperone. Memorabile, a questo proposito, la frase: “Preferisco avere due interviste uguali che nessuna!” 

Gedeone decide di raddoppiare le possibilità di successo

Tuttavia, la comparsa del parente pare essere solamente un pretesto per introdurre la varie disavventure affrontate da Paperino nel tentare di ottenere l'agognata intervista e, a partire dalla settima tavola (di ventisette), non verrà più mostrato né menzionato

Anche nella successiva Paperino e le zanzare Za-Za (Barosso, Barosso/De Vita, 1966), Gedeone serve a dare il via (comparendo in una vignetta a tavola quattro e poi in tredici vignette, delle quali tre come silhouette, nelle tavole dalla diciotto alla ventuno) a questa storia, che vede Paperino in disputa con Gastone. Il cugino fortunato, invidioso dell'occupazione di Paperino come giornalista (nello specifico, “reporter gastronomico”) per il Grillo Parlante, decide di proporsi al giornale in modo da ottenere anch'egli biglietti omaggio per il cinema. Tra un sotterfugio e un equivoco, Paperino se la vede brutta e chi uscirà vincitore da questa avventura saranno (oltre a Gastone) i suoi nipotini.

Il Gedeone dei Barosso continua a mostrare una somiglianza di carattere con il fratello

Scarpa si re-impadronisce del personaggio in Paperetta Yè-Yè e i gatti indossatori (Scarpa, 1967), in cui — come suggerisce il titolo — si trova in coppia con un'altra fresca creazione del Maestro veneziano: la nipote di Doretta Doremì, introdotta in Arriva Paperetta Yè-Yè (Scarpa, 1966) e qui alla sua seconda apparizione assoluta.

Il burrascoso rapporto tra Gedeone e Paperetta

Curiosamente, in questa storia — così come nella successiva Paperino e la quiete creativa (Cimino/Scarpa, 1969) —, Gedeone sfoggia un look rinnovato (senza occhiali, ma con “sopracciglioni e capelli più folti ai lati), che ricorda maggiormente quello dell'allora direttore di Topolino Mario Gentilini (già di ispirazione per il carattere del personaggio), e il suo quotidiano cambia nome in Grillo della Sera. Inoltre, ne La quiete creativa, Paperino è qualificato come “vice sostituto narratore in prova” presso il giornale dello zio, che  purtroppo — ha un ruolo parecchio marginale e viene mostrato solamente in cinque vignette.

Confronto del design di Gedeone tra I gamberi in salmì (sopra) e I gatti indossatori (sotto)

Con la fine degli anni Sessanta, Gedeone de' Paperoni sparisce dalle scene per una trentina di anni, probabilmente a causa della serie di storie inaugurata da Dick Kinney e Tony Strobl che presenta Paperino e suo cugino Paperoga alle prese con un altro quotidiano paperopolese, il Papersera (Duckburg Chronicle), alle dipendenze di Zio Paperone. La prima di queste avventure è infatti Zio Paperone bianco papero (Kinney/Strobl, 1970), pubblicata un anno dopo La quiete creativa.

Oltre alle storie citate, lo stesso Scarpa parrebbe raffigurare Gedeone solamente in quattro illustrazioni note (19671986; 19921994), operando quella che parrebbe una fusione tra i due design utilizzati nei fumetti, restituendogli una spessa montatura di occhiali, ma mantenendo le folte sopracciglia solamente nel primo disegno. Nelle tre illustrazioni più recenti, inoltre, Gedeone sembrerebbe possedere un terzo giornale, intitolato La Tromba (di Paperopoli) o The Trumpet.


Un disegno di Gedeone pubblicato su I Disney Italiani (1990) e, prima ancora, sulla monografia Romano Scarpa. Un cartoonist italiano tra animazione e fumetti (1988), “eseguito a matita nel 1967” (fonte: Alberto Becattini, “Cronologia delle Opere di Romano Scarpa”, in Le Grandi Storie Disney — L'opera omnia di Romano Scarpa, n. 51, gennaio 2015, p. 217)

A dire il vero, il disegno che apre questa carrellata risulta provenire da questo foglio di prova inedito, probabilmente realizzato in prossimità de I gatti indossatori

Omaggio di Scarpa per il ventennale del Salone Internazionale dei Comics di Lucca (1986)

Illustrazione di Scarpa per i risguardi della collana Capolavori Disney (1992)

Gedeone dall'illustrazione di Scarpa per il numero 2000 di Topolino (1994)

Gedeone appare poi in un'unica vignetta di Paperino in Accade un Giorno (Panaro/Gorlero, 1993)  parodia della pellicola Accadde una notte (It Happened One Night, Frank Capra, 1934) — nei panni di Gedeone Gordon (corrispettivo del Joe Gordon interpretato da Charles C. Wilson), direttore del giornale Duck News, e in un'unica vignetta (questa volta muta) della storia celebrativa 60 anni insieme con Topolino (Boschi/Camboni, 1994). In entrambe, Gedeone mostra la chioma delle ultime illustrazioni scarpiane.

Gedeone Gordon

Gedeone assieme ad altre creazioni scarpiane

Per vedere il personaggio in un ruolo da protagonista, bisogna attendere la curiosa Zio Paperone e le notizie... fraterne (Sisti/Soave, 1996). Qui, infatti, si hanno alcuni flashback dei due fratelli de' Paperoni da piccoli in Scozia e la storia li vede competere nella Paperopoli contemporanea, affiancati dalla loro sorella maggiore [sic!] Elvira (Nonna Papera). Da notare che, secondo Sisti, ciascuno dei fratelli possiede il quarantotto per cento delle azioni del Grillo Parlante (il restante quattro per cento verrà destinato a fine storia proprio a Nonna Papera). In questa storia, Gedeone recupera il look della sua prima apparizione, abbandonando quindi sopracciglia e capelli a lato, e viene recuperato persino il portiere del palazzo del suo quotidiano, qui nomato Tom.

Gedeone, Nonna Papera e Zio Paperone da piccoli in Scozia

Non mi soffermo oltre sulla presunta parentela tra Gedeone, Nonna Papera, Zio Paperone, peraltro già smentita dall'albero genealogico pubblicato in Walt Disney presenta Paperina e le altre (Boschi/Carpi, 1994), limitandomi invece a rimandare a questa mia precedente ricerca.

Gedeone e Paperone accanto al cugino Cirillo (erroneamente indicato come fratello...), da Paperino fotografo (Gregory/Strobl, 1960), nell'albero genealogico dei Paperi secondo Boschi e Carpi

Ci pensa proprio l'esperto Luca Boschi a riesumare il personaggio come si deve in una storia che mescola sapientemente elementi di precedenti produzioni americane e nostrane. In Sgrizzo reporter ma non troppo (Boschi/Freccero, 1997), Paperino e Paperoga lavorano infatti per il Papersera, lo stato in cui vivono si chiama Calisota, come rivelato in Paperino contro l'uomo d'oro (Barks, 1952), e viene recuperata dall'opera di Don Rosa l'impresa di Francis Drake, del quale ci viene perfino mostrato un suo discendente, Carolambo. Ma le citazioni non si limitano appunto al panorama statunitense: il protagonista di questa storia è dunque Sgrizzo, quarto cugino di Paperino introdotto in Sgrizzo il più balzano papero del mondo (Scarpa, 1964) e già ripreso dallo stesso Boschi in Una baita per Ciccio (Boschi/Scarpa, 1997), e Gedeone menziona l'avo Pap Mc Paper, co-protagonista in Paperino e la leggenda dello «scozzese volante» (Scarpa, 1957). 

Tre personaggi scarpiani in un'unica vignetta

Si tratta della prima di tre storie (tutte sceneggiate da Boschi) in cui Sgrizzo lavora per il Grillo Parlante. Da notare come il protagonista si riferisca a Gedeone come suo “bis-zio di secondo o terzo grado”, riadattando così l'improbabile parentela proposta da Scarpa tra lui e Paperino.

Gedeone riappare quindi in La grande corsa Paperopoli-Ocopoli (Boschi/Faccini, 1998) e Sgrizzo cronista di spettacolo (Boschi/Ferraris, 1999), per poi comparire in una tavola autoconclusiva dal titolo Paparazzo Yè-Yè (Sisti/De Lellis, 2004), pubblicata sul volume della collana Disney Parade dedicato a Paperetta. Nelle storie di Boschi (ad eccezione di quella disegnata da Faccini), Gedeone sembra essere ringiovanito, mostrando una folta capigliatura castana, mentre De Lellis recupera invece il design delle illustrazioni scarpiane (con tanto di “sopracciglioni”). A oggi, le storie di Boschi sono le ultime in cui Gedeone dirige il Grillo Parlante (sostituito in tutte le successive dal Grillo della Sera).

Gedeone nelle sue tre apparizioni sceneggiate da Luca Boschi

Passano quasi dieci anni ed è nuovamente Carlo Panaro a interrompere l'assenza del personaggio dalla carta stampata, riportandolo sulle pagine in Paperetta Yè-Yè e il verde paese (Panaro/Dalena, 2013). Come si intuisce dal titolo, viene qui riproposta la dinamica de I gatti indossatori e Gedeone — che appare solamente in due tavole su trentadue — viene presentato come editore e direttore del Grillo della Sera. Lo stesso Panaro è fautore della successiva apparizione del personaggio, in Il malfunzionamento (Panaro/Baldoni, 2014), in cui il direttore del Grillo della Sera ha a che fare per la prima volta (documentata) con l'inventore Archimede Pitagorico. In entrambe le storie, Gedeone sfoggia il look delle illustrazioni scarpiane più recenti.

Passano i decenni, ma Gedeone rimane sempre molto indaffarato

Gedeone ha poi un ruolo chiave nella lunga Zio Paperone e il segreto di Cuordipietra (Artibani/Perina, 2017), nella quale viene attirato in trappola dal miliardario sudafricano Cuordipietra Famedoro per poi essere usato dallo stesso come esca per Paperone, facendo leva sul lato sentimentale del papero più ricco del mondo.

Cuordipietra fa leva sui sentimenti di Paperone

È alla fine di questa avventura che i due fratelli recuperano il legame da tempo messo da parte. Qui, Gedeone è rappresentato graficamente come ne I gatti indossatori. Da notare come Artibani tenti di inserire Gedeone nelle coordinate proposte da Don Rosa; esclama infatti Paperone nella penultima vignetta della storia: “Tutto è cominciato con i nostri genitori, Fergus e Piumina! Insieme a me e Gedeone c'erano anche le nostre sorelle Matilda e Ortensia...

I due fratelli si ricongiungono

In seguito a questo riconciliamento, l'autore Vito Stabile decide di sfruttare le diverse caratterizzazioni dei personaggi (avventuroso e visionario Zio Paperone, e sedentario e ‘concreto’ Gedeone”) per dare vita a una serie di storie da dieci pagine in cui i due partono assieme per nuove avventure. I fratelli De' Paperoni (questo il titolo della serie) conta al momento tre storie: Lo scarabeo d'oro (Stabile/Asaro, 2020), Il cilindro del potere (Stabile/Meloni, 2020) e Il formaggio perpetuo (Stabile/Coppola, 2020). Da notare che lo Scarabeo d'Oro era il quotidiano di Paperone nella prima apparizione del fratello giornalista. A differenza de Il segreto di Cuordipietra, Gedeone recupera qui il design più utilizzato dell'ultimo ventennio: occhialoni rossi, papillon al posto della cravatta e niente folte sopracciglia. 

Gedeone nelle tre storie sceneggiate da Vito Stabile

A oggi, l'ultima storia in cui appare Gedeone è Paperino e il torneo del Re (Panaro/Palazzi, 2022), una storia in costume in cui veste i panni di Gedeone Paperingio, fratello di Papero Magno scomparso in mare da tanti anni.

Gedeone Paperingio assieme al fratello


Il Gedeone di Zanchi

Il Gedeone di Intini

Ufficialmente, l'età di Gedeone non è mai stata rivelata. Nella scheda del personaggio pubblicata nel primo volume de L'opera omnia di Romano Scarpa, Becattini ne attesta la data di nascita intorno al 1910, ma ciò contraddirebbe quanto affermato dallo stesso Gedeone nella sua prima storia a proposito dei suoi quarant'anni di attività. Ad ogni modo, nel volume Romano Scarpa. Sognando la Calidornia (Becattini, Boschi, Gori, Sani, 2001), così come nella traduzione americana de I gamberi in salmì (Gray, 2015), in questo redazionale firmato da Valerio Paccagnella (2018) e nelle prime due storie del ciclo I fratelli De' Paperoni, viene riconosciuto come fratello minore di Paperone.

Lo scarso e altalenante successo che ha ottenuto questo personaggio  apparso in un totale di 20 storie in 66 anni  non gli ha permesso di diventare membro fisso del clan dei Paperi né di essere particolarmente conosciuto all'estero, da dove arriva invece un altro fratello di Paperone: il fratellastro Rumpus McFowl, introdotto come zio di Paperino in It's All Relative (Van Horn, 1994) e apparso anch'egli in un totale di 20 storie tra il 1994 e il 2014 (tutte scritte e disegnate da William Van Horn). 

Va comunque tenuto in considerazione che Francisco Angones (showrunner del reboot di DuckTales) è a conoscenza dell'esistenza di Gedeone. In un post sul suo profilo Tumblr datato 4 luglio 2018, in risposta alla domanda di un fan che chiedeva quanti fratelli avesse Paperone, Angones sentenzia: “Al momento solo Ortensia e Matilda. Non ci sono piani immediati per Gedeone.”

La sconvolgente rivelazione di Rumpus McFowl in Travails (Van Horn, 2000)

Per rimanere in terra straniera, ritengo doveroso citare la striscia giornaliera del 4 maggio 1966 (Karp/Taliaferro, 1966), in cui Nonna Papera menziona un fratello senza nome di Zio Paperone, e la bellissima illustrazione di Daan Jippes realizzata come copertina del ventunesimo numero della fanzine danese Rappet (2013).

Il fratello di Zio Paperone



Il Gedeone di Jippes inchiostrato e a colori

Per concludere, trovo interessante menzionare un soggetto mai realizzato, descritto dallo stesso Scarpa nell'intervista pubblicata nel volume Romano Scarpa. Sognando la Calidornia. Dice Scarpa: “Ma [il Grillo Parlante] è in ribasso. Forse scriverò una storia in cui, sottobanco, Paperone stesso gli farà superare le difficoltà di bilancio.

© Disney per le immagini pubblicate.