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lunedì 22 gennaio 2024

La storia migliore di Carl Barks compie 75 anni (... e non solo!)

Chi segue fedelmente questo blog sa bene che non sono solito fare recensioni o esprimermi in merito alla qualità narrativa e artistica delle storie che menziono o commento, ma oggi farò una sorta di eccezione. Infatti, tra esattamente un mese, saranno passati 75 anni dalla prima pubblicazione della storia che lo stesso Carl Barks ha in diverse occasioni definito una delle sue migliori, se non la migliore: Lost in the Andes!, ovvero Paperino e il mistero degli Incas (Barks, 1949). Semmai ci fosse stato bisogno di un'occasione particolare per rileggersi una tale perla fumettistica, ho ritenuto di non sprecarla e ho deciso di ripercorrere assieme a voi quanto accaduto alla famiglia più peculiare di Paperopoli, riportando qualche mia impressione a riguardo. Inoltre, ne approfitto per ricordare anche i due seguiti di questa avventura, dato che anche essi compiranno cifra tonda nei prossimi mesi.


Ebbene, la vicenda si apre con Paperino impiegato come quarto aiutante custode al museo di scienze naturali. Il suo compito è quello di spolverare alcune vecchie pietre provenienti dalle antiche rovine degli Incas in Perù, ma qualcosa non va secondo i piani. Una pietra quadrata, infatti, sfugge dalle mani del nostro eroe e si frantuma a terra, rivelandosi un uovo.

Un uovo quadrato!

Paperino lo comunica al suo sovrintendente e la scoperta sconvolge il mondo scientifico, attirando l'interesse di importanti commercianti di uova e allevatori di polli. La documentazione relativa alla collezione di quelle "pietre" è, però, andata perduta nell'incendio di Chicago e, quindi, non rimane altro da fare se non allestire una nuova spedizione in Perù. A capo dell'impresa, il professor Arcibaldo Gentiloni Arraffa (Artefact McArchives), seguito dal suo primo assistente Sventola (Tomsbury), il secondo assistente Caraffa (Wormsley), il terzo assistente Paperino e i suoi nipotini. Il professore desidera una omelette, ma, essendosi dimenticati di caricare le uova, i tre paperini si vedono costretti a ricorrere a quelle quadrate che stanno trasportando. L'omelette, assaggiata da tutti gli assistenti prima di giungere al professore, provoca a loro una strana malattia, chiamata "tetragogeocoliquadrite acuta" ("acute ptomaine ptosis of the ptummy"), che prevede che i dotti gastrici si attorciglino in nodi quadrati. Attraccati in un porto sulla costa del Perù, il professore e i suoi assistenti hanno perso interesse nella spedizione e l'onere viene affidato ai Paperi. A questo punto, mi permetto una piccola digressione: fin dalla loro prima apparizione in questa storia, Qui Quo e Qua vengono richiamati dallo zio (e dal medico di bordo!) perché continuano a gonfiare gomme da masticare... questo dettaglio tornerà utile in seguito. 

Le gomme da masticare

La spedizione sulle Ande dura diversi giorni e i Paperi incontrano alcuni abitanti delle montagne prima di raggiungere la destinazione. Tra questi, solo un anziano cacciatore di vigogne crede alla storia delle uova quadrate perché le aveva viste da ragazzo, credendole pietre. Infatti, racconta che, molto prima che nascesse, suo padre stava cacciando le vigogne quando ha visto un uomo sbucare dalla nebbia barcollando, quasi morto per la fame e per il freddo. L'uomo era americano e il padre non poteva comprendere le sue ultime parole, ma aveva notato il folle sguardo nei suoi occhi. Lo straniero non aveva addosso documenti o altro, soltanto stracci e un poncho riempito con quelle pietre quadrate. Tutto ciò era accaduto vicino alla regione delle nebbie e Paperino chiede indicazioni al cacciatore su dove si trovi, per poterla raggiungere. La nebbia è fortissima e non permette ai Paperi di vedere nulla. Giungono dinnanzi a un muro e passano attraverso un buco lasciato da una roccia caduta, ma scivolano e scivolano ancora lungo un pendio erboso, la nebbia si dirada e la temperatura si fa più calda, finché arrivano a un muretto dal quale possono ammirare sorpresi un mondo perduto sotto la nebbia.

Il mondo perduto

I Paperi discendono verso la civiltà e scoprono un luogo dove ogni cosa è quadrata e i cui abitanti parlano in inglese con un forte accento del sud. Vengono invitati a cena dove tutto è presto spiegato. Tempo fa, esattamente tra il 1863 e il 1868, gli abitanti della valle sono stati visitati dal loro unico ospite, l'americano Sentimento Cuorcontento (Rhutt Betlah), professore della scuola di inglese di Birmingham. A tavola, vengono servite tre portate costituite unicamente da uova, sebbene cucinate in maniera differente. Alla fine del banchetto di benvenuto, gli eroi si allontanano sperando di trovare altro tipo di cibo, ma scoprono che le uova sono l'unica pietanza conosciuta dai nativi.


Inizia, così, una caccia alle galline che producono le uova quadrate e i quattro protagonisti si recano nella valle delle uova, dove ogni mattina sembrano comparire magicamente sul terreno. Grazie a una gomma da masticare gonfiata e appiccicata su una grande roccia quadrata, i paperini scoprono che le rocce sono in realtà galline accovacciate. Per aver trovato le elusive galline quadrate, i nostri vengono nominati segretari dell'agricoltura del luogo, che il professore di Birmingham aveva chiamato "Testaquadra" (in lingua originale, il nome dato dal professore sarebbe "Plain Awful", un gioco di parole pressoché intraducibile che, alla lettera, suonerebbe come "Semplicemente Orribile", mentre "Plain" significa anche "pianura"). La cerimonia viene, però, interrotta quando Qui Quo e Qua, per replicare ciò che è successo dinnanzi alla folla, gonfiano l'ennessima gomma, infrangendo l'unica legge di Testaquadra: produrre un oggetto rotondo.

Rotondo!

In virtù dei grandi meriti dei segretari, il presidente concede loro cinque giorni di sospensione della sentenza e promette di revocare loro la pena (un futuro di fatica e sudore nelle cave di pietra) se riusciranno a gonfiare delle bolle quadrate. Il tempo passa e i tentativi dei paperini sembrano essere inutili, fino a quando non vedono alcuni neonati pulcini quadrati e viene loro un'intuizione. Insegnano ai pulcini a masticare le gomme e, arrivato il giorno del giudizio, li nascondono sotto i loro vestiti per celare la vera provenienza delle bolle quadrate. I Paperi sono liberi, ma i giorni continuano a trascorrere senza che riescano a trovare una maniera di lasciare Testaquadra. Ecco che i nipotini decidono di visitare un edificio che ancora non avevano esplorato: il museo. Qui, i nostri trovano uno "strumento magico" donato dal professore di Birmingham al presidente: una bussola. Il presidente concede ai Paperi la bussola se questi insegnano al popolo qualcosa per essere più allegri. "Insegneremo loro a ballare le nostre danze popolari!" ("square dancing"), esclamano Qui Quo e Qua, e il patto è sugellato. Riescono, infine, a uscire dalla nebbia e a fare ritorno in America con due esemplari di polli quadrati e convocano un conclave di scienziati per poterli studiare. 

Il conclave di scienziati

Sembra essere una grande scoperta, gli scienziati già si figurano di poter allevare una specie di super pollame e sono tutti in estasi e fermento. Purtroppo, con grande disappunto e umiliazione di Paperino, si scopre che entrambi gli esemplari sono galli e i sogni scientifici si dissolvono presto. Niente più allevamenti, niente più uova quadrate. L'avventura di Barks è ricca di pathos e segue una struttura lineare, con elementi che vengono disseminati e ripresi nel corso dello sciogliersi dell'intreccio. Il mistero, le gag, il pericolo... è tutto calibrato ed equilibrato in modo tale che nulla sovrasti e risulti troppo pesante. La combinazione è perfetta e non sorprende che lo stesso autore ricordi la storia con vero compiacimento: "My best story, technically, is probably the square egg one", rivela a Malcolm Willits, Don e Maggie Thompson nel 1962 e, quando Erik Svane, nel 1994, gli chiede se abbia una storia preferita, l'autore di Merrill risponde: "I have a number of favorite stories, but I guess I would say the story of the square eggs".

"Avevano così poco di tutto, eppure erano il popolo più felice che abbiamo mai conosciuto!"

Cinquantacinque anni dopo, la storia di Barks viene ripresa esattamente dal punto in cui era stata lasciata, dall'autore finlandese Kari Korhonen, all'interno di una pagina intitolata Vaativa maku (Korhonen/Vicar, 2004), pubblicata in un libro di cucina a tema disneyano, pubblicato dall'editore Sanoma. Questa tavola è stata ristampata solamente in Olanda, in un numero celebrativo del settimanale Donald Duck che mescolava storie d'epoca e pagine create ad hoc, inserite in un ideale flusso cronologico. Per completezza (e, ovviamente, maggiore comprensione), l'ho tradotta in italiano e mi accingo a riportarla di seguito.


Tenendo in considerazione la pubblicazione di origine, la gag è tutto sommato simpatica e i disegni di Vicar, abile emulo barksiano, non fanno altro che renderle giustizia. Tuttavia, come molti di voi sapranno bene, non si tratta dell'unico seguito dell'avventura originale e, anzi, ne esiste un altro ben più conosciuto e diffuso, scritto e disegnato nientemeno che da Don Rosa, Paperino e il ritorno a Testaquadra (Rosa, 1989), sedicesima storia Disney del cartoonist di Louisville, nonché suo primo seguito diretto di una avventura barksiana. Prima di proseguire, però, ritengo che sia utile un po' di contesto: è il 1988 e Bruce Hamilton, fondatore della Gladstone Publishing, chiede a Don Rosa di scrivere e disegnare un sequel per Paperino e il mistero degli Incas. La ragione? La compagnia madre della Gladstone, la Another Rainbow Publishing (fondata dallo stesso Hamilton, assieme a Russ Cochran, nel 1981) stava producendo delle litografie dei quadri dipinti in quel periodo da Carl Barks e uno dei prossimi soggetti sarebbe stato, appunto, Return to Plain Awful, essenzialmente una scena della storia originale, con in aggiunta Zio Paperone e un vessillo delle Giovani Marmotte.

Il dipinto che ha dato il là al sequel firmato da Don Rosa

Riassumendo: un po' di tempo è passato dal viaggio dei Paperi e i galli si stanno ammalando a vista d'occhio, perciò Qui Quo e Qua, in veste di Giovani Marmotte, chiedono a Zio Paperone di finanziare una nuova spedizione in Perù, temendo per il peggioramento della salute degli animali. Inaspettatamente, Paperone accetta, con l'intenzione di farsi concedere i diritti di esportazione per il commercio delle uova quadrate, e si porta dietro un miliardo di dollari in contanti. La voce si sparge rapidamente e Cuordipietra Famedoro si mette in viaggio per soffiare l'affare al rivale. Giunti sulle Ande, il miliardario sudafricano entra subito in contatto con il cacciatore di vigogne, che lo conduce all'accampamento dei nostri, a cui ruba i due galli. Passano alcuni giorni e la famiglia dei Paperi raggiunge il muretto da cui si può ammirare la valle segreta.

Il ritorno al mondo perduto

Paperino e nipoti procedono a preparare lo zio per entrare nella città. Gli enunciano l'unica legge del luogo e gli spiegano che i testaquadrati (Awfultonians) sono proprio come gli americani, che l'unica persona ad aver mai visitato il luogo è stato il professor Rhutt Betler dall'Alabama e che l'intera società è modellata sulla vecchia ospitalità del sud. Quello che i Paperi non possono immaginare è che qualcosa è cambiato dalla loro ultima visita. E qualcosa di importante! Infatti, se prima la società era modellata sull'ospitalità del sud e i testaquadrati parlavano con accento di quelle parti, ora parlano e vestono tutti come Paperino (e vanno pazzi per le amache!). Come notano i tre paperini, Testaquadra è talmente isolata che ogni visitatore dal mondo esterno causa profondi cambi sociologici e i suoi abitanti seguono pedissequamente ogni nuova idea o moda, indipendentemente da quale sia.

La musica è cambiata a Testaquadra

I nativi accolgono a braccia aperte i loro vecchi amici e Zio Paperone, che si appresta a tenere un pubblico discorso per convincerli dell'importanza del denaro. Inavvertitamente, nell'elencare i suoi possedimenti, estrae dalla tasca il filo di spago a cui è legata la sua Numero Uno. Sacrilegio! La scena della prima storia si ripete, Paperone ha commesso l'unico crimine imperdonabile ed è condannato a rimanere nelle cave di pietra per sempre. Mentre i Paperi tentano di fuggire, Cuordipietra cade dal precipizio tenendo i galli al guinzaglio e plana sopra il rivale. La situazione non può che peggiorare: la Numero Uno viene inghiottita da una gallina e Paperone viene imprigionato. L'unico modo per liberarlo è portare al presidente un gelato con la gazzosa. Famedoro e i Paperi stipulano un patto: si recheranno assieme a cercare il gelato e torneranno per liberare lo zio. 

L'incubo di Zio Paperone

Dopo alcune peripezie, riescono ad andare e tornare con il gelato, ma il miliardario non mantiene la parola data e, per sbeffeggiare il rivale in catene, gli scaglia contro un uovo. Per rimediare al tradimento, Paperino e nipoti fabbricano un gelato con ingredienti di fortuna e lo portano allo zio. Sorpresa: nell'uovo lanciato da Cuordipietra era contenuta la monetina portafortuna. Ora, Paperone si sente invincibile, spezza (metaforicamente e letteralmente) le catene e raggiunge il rivale con il suo gelato in mano. Ma, giunti alla volta della città, i due si rendono conto che tutto è nuovamente cambiato. Ora la personalità degli abitanti è basata proprio su di loro, i negozi vendono (vendono?) bastoni, cilindri, ghette e il presidente (ora presidente del consiglio di amministrazione) si è fatto costruire un enorme deposito e non è più interessato al gelato con la gazzosa.

Una nuova città

La nuova richiesta per la liberazione di Paperone è ora denaro, per poter riempire il nuovo deposito/museo. Il papero più ricco del mondo consegna, così, il miliardo di dollari che si era portato appresso e il presidente, con estremo stupore dei presenti, taglia le banconote in due con un'accetta, rendendole quadrate e causando lo svenimento dei due rivali. La storia si conclude così, la nuova società è solo in apparenza basata su Paperone e Cuordipietra, ma i nativi lo prendono come un gioco, imitandoli superficialmente, senza condividerne (e nemmeno comprenderne) realmente i valori e i significati. I sei paperi si allontanano da Testaquadra, forse per sempre, lasciandola in preda a questa nuova moda. Comunque, prima di partire, Qui consegna a un gruppo di nativi un manuale delle Giovani Marmotte e il loro vessillo, con la speranza che riescano a mantenere uno spirito puro e incontaminato. 

L'ingenuo gesto del buon selvaggio è inaccettabile per il capitalista occidentale

Il racconto di Don Rosa prosegue in maniera interessante quanto già narrato da Barks e lo fa in modo credibile. Nonostante ciò, il lettore più esigente potrà notare che alcuni dettagli non sono spiegati a fondo: come mai il cacciatore di vigogne pare vederci, mentre nella storia originale afferma di non poter vedere nulla senza i suoi occhiali? Come fanno i nativi a cucinare dei chicken burger se nella storia originale i polli quadrati non erano commestibili neppure dopo essere stati bolliti per un giorno e mezzo? Perché Paperino e nipoti si premuniscono di togliere ogni bottone dai loro vestiti, mentre nella storia originale li mantenevano? I cappellini di Qui Quo e Qua non hanno una forma rotonda? Perché Cuordipietra non viene accusato quando, alla fine della storia, estrae una monetina rotonda di fronte al presidente? La spiegazione per alcune di tali questioni potrebbe essere che Rosa ha forzato (coscientemente o meno) l'interpretazione della legge. Di fatto, in Barks, era considerato crimine solamente produrre oggetti rotondi, non indossarli o utilizzarli. Motivo per cui le bolle dei nipotini sono state incriminate, mentre i bottoni della giubba di Paperino o la bussola (che era rotonda) no. Ma, forse, mi sto scervellando troppo su questioni minori che non vanno a inficiare il significato complessivo. Per contro, l'affermazione che Zio Paperone porterebbe spesso con sé il suo primo decino come portafortuna, che qualcuno potrebbe ritenere incoerente, non mi disturba affatto, in quanto trova almeno un precedente nell'opera barksiana, in Paperino reporter degli abissi (Barks, 1963).

Il decino portafortuna

A ogni modo, quest'anno segna il novantesimo anniversario dell'esordio di Donald Duck (e vi prometto che ne riparleremo), il settantacinquesimo de Il mistero degli Incas, il trentacinquesimo de Il ritorno a Testaquadra e il ventesimo della tavola nordeuropea che ho appositamente tradotto e pubblicato per la prima volta in italiano. Capirete bene che non mi potevo esimere dallo scriverne qualcosa a riguardo, ricordando e celebrando questi personaggi e le bellissime avventure che hanno vissuto. Cento di queste storie, quindi, ma anche mille, diecimila e oltre!

© Disney per le immagini pubblicate.

giovedì 12 gennaio 2023

Sulla Numero Uno

La Numero Uno di Zio Paperone (Old Number One) è probabilmente la monetina più famosa del mondo e mi sembrava una mancanza non scrivere qualcosa a riguardo. Innanzitutto, viene introdotta in Paperone e la Banda Bassotti (Barks, 1953), dove gioca un ruolo decisivo per la liberazione della famiglia dei Paperi.

Paperone si ricorda di avere ancora il suo primo decino

A dire il vero, la prima versione di questa sequenza (pubblicata solamente nel 1984) differiva leggermente dalla versione definitiva. Come Barks stesso riferisce in un'intervista datata 1984: Il paragone tra queste quattro vignette scartate e le vignette pubblicate dimostra come le ultime rendano meglio l'idea. [...] I dialoghi e i disegni sono più pertinenti”. (fonte: J. Michael Catron, “It Was the Best of Dimes”, in The Complete Carl Barks Disney Library, n. 26, agosto 2022, p. 203; trad. mia)

La prima versione (scartata) della stessa sequenza

Nata quindi come semplice espediente narrativo per proseguire il racconto mostrando al tempo stesso l'estrema parsimonia di Zio Paperone, quella monetina da dieci centesimi verrà recuperata regolarmente nelle storie di Barks, fino a ricoprire un ruolo di prim'ordine con l'introduzione della fattucchiera Amelia (Magica De Spell), avvenuta in Zio Paperone e la fattucchiera (Barks, 1961). Da qui in avanti, infatti, Amelia cercherà in ogni modo di impadronirsi del decino, convinta che le possa permettere di generare un amuleto in grado di renderla “ricca, ricca, ricca!”

Il piano della fattucchiera

Non solo i Bassotti e Amelia, ma pure Cuordipietra Famedoro ha avuto a che fare con il decino, proprio nel corso della sua prima apparizione, in Paperino e il torneo monetario (Barks, 1956). Lo spago con cui Paperone avvolge la monetina gli permette, infatti, di vincere la sfida come papero più ricco del mondo.

Paperone porta con sé il suo primo decino legato a uno spago

Ma come mai questa moneta è così importante? Da dove arriva? Barks non lo dice direttamente. In Zio Paperone e la fattucchiera, Paperone nega ogni coinvolgimento talismanico della monetina, affermando che si tratti invece del “simbolo del risparmio”. Successivamente, però, in Paperino reporter degli abissi (Barks, 1963), gli affari di Paperone iniziano a colare a picco quando questi perde il suo “portafortuna” e finché esso non viene infine recuperato.

Il diverso atteggiamento di Paperone nei confronti della Numero Uno in La fattucchiera (sopra) e in Reporter degli abissi (sotto)

Per conoscere l'origine del decino, bisogna attendere una storia non-barksiana, Paperon de' Paperoni e la noia da dollaro (Fallberg/Strobl, 1964), in cui un flashback corre in nostro aiuto, mostrandoci come Paperone ha ottenuto il suo primo decino lustrando gli scarponi di uno scavafossi.

Paperone ricorda come ha guadagnato la Numero Uno

Significativo il fatto che questo evento sia stato apprezzato da Don Rosa e inserito in L'ultimo del Clan de' Paperoni (Rosa, 1992), primo capitolo della sua Saga di Paperon de' Paperoni, divenendo perciò più noto e fruibile da chi non conoscesse la storia di Fallberg.

Il piccolo Paperone ottiene il suo primo decino in L'ultimo del Clan de' Paperoni

Da notare, inoltre, che il mestiere di lustrascarpe era già stato anticipato in Zio Paperone e l'intruso invisibile (Lockman/Barks, 1963), da cui Rosa riprende (sempre all'interno del primo capitolo della sua Saga) un flashback pari pari, modificando solamente il design del giovane Paperone e convertendo la valuta da centesimi a pence.

Il piccolo Paperone lustrascarpe

Confronto del flashback tra L'intruso invisibile (sinistra) e L'ultimo del clan de' Paperoni (destra)

Sebbene mostrato soltanto da Lockman e Fallberg in terra straniera prima dell'avvento di Rosa, il passato di Paperone come lustrascarpe entra subito a far parte dell'immaginario degli autori italiani, che lo ripropongono di tanto in tanto. Si potrebbe citare, per esempio, Amelia e il sogno sfortunato (Cimino/Gatto, 1969), in cui la scena accade in un sogno della protagonista, Zio Paperone e il decino scalognato (Bencivenni/Bordini, 1982) oppure Zio Paperone e la Numero Uno... bis (Ramello/Comicup Studio, 1995). Rare sono, al contrario, eventuali varianti: secondo quanto narrato in Zio Paperone la storia miliardaria (?/?, 1988), Paperone avrebbe guadagnato la Numero Uno nelle miniere di carbone, mentre, stando ad Amelia e la scopa temposonica (Volta/Comicup Studio, 1992), la avrebbe ottenuta nel Klondike, vendendo un setaccio a tale Smith.

Paperone guadagna la monetina nel sogno di Amelia

Paperone ricorda il suo passato da lustrascarpe

Don Rosa spiega, inoltre, come sia stato possibile per un paperotto in Scozia entrare in possesso di un decino americano all'interno di Zio Paperone in decini e destini (Rosa, 1995), mostrando come la moneta passi dalle mani di Howard Rockerduck (padre del rivale di Paperone), in quelle di Fergus (padre di Paperone) e quindi in quelle di Burt lo scavafossi, a cui Fergus porge il decino per insegnare al figlio una lezione.

Howard Rockerduck si disfa di varie monete tra cui la Numero Uno

Fergus consegna la monetina a Burt istruendolo sul da farsi

Perciò, Paperone che guadagna la sua prima monetina lustrando scarpe diventa un fatto assodato per i diversi autori internazionali, che spesso riprendono (più o meno) fedelmente quanto narrato nella Saga.

La Numero Uno in Zio Paperone e il processo numismatico (Martinoli/Panaro, 2014)

... in Zio Paperone e la comoda tentazione (Arrighini/Tosolini, 2020)

... in Una questione di piumaggio (Nucci/Soffritti, 2020)

... e in Paperino e la lucidatura delucidata (Fontana/Greppi, 2022)

Curioso, però, notare come Fallberg stesso avesse successivamente recuperato la trama de La noia da dollaro, riproponendola in Zio Paperone e il tesoro vichingo (Fallberg/Uzal, 1983), offrendo una diversa origine per la prima monetina di Paperone. In questa storia, che ricalca l'incipit della precedente, il miliardario ricorda come ha ottenuto il suo primo stipendio arando i campi. Nella versione italiana della storia in questione, il valore della moneta è pari a un dollaro, mentre, in quella brasiliana, a venti centesimi.

Paperone ricorda diversamente il modo in cui ha guadagnato la sua prima monetina

In che anno è stata coniata la Numero Uno? In Zio Paperone e il riduttore atomico (Barks, 1961), è possibile leggere la data 1899 sulla moneta.

1899

Don Rosa, però, trovando questo anno troppo in là nel tempo (all'epoca, Paperone avrebbe già dovuto aver fatto fortuna in Klondike), decide di anticipare la data sulla monetina, portandola al 1875 (come mostrato in L'ultimo del Clan de' Paperoni).


1875

Una terza data è mostrata, forse per errore, in Size Matters (McGreal, McGreal/Tortajada Aguilar, 2009): 1857.

1857

Nonostante, appunto, questa ultima data potrebbe semplicemente essere stata scritta per errore (invertendo le ultime due cifre di quella proposta da Rosa), i coniugi americani hanno deciso di riprenderla in The New Year that Wasn't (McGreal, McGreal/Pérez, 2019), spiegandone l'origine. Qui, infatti, Paperone è costretto a cedere la sua Numero Uno ad Amelia e decide perciò di tornare nel passato per dare al piccolo sé stesso un decino del 1857 invece di quello canonico, rendendo di fatto inutile quello in possesso di Amelia nel presente. Questa storia potrebbe essere dunque collocata temporalmente prima di quella del 2009, correggendone di fatto l'errore.

Paperone prende il posto dello scavafossi

... e conferisce a sé stesso la nuova Numero Uno

© Disney per le immagini pubblicate.

giovedì 30 giugno 2022

Curiosità varie

Nel corso delle ricerche svolte negli ultimi due anni, mi sono spesso imbattuto in curiosità che avrei desiderato condividere, ne ho preso nota e le ho tenute da parte per il momento giusto. Alcune di queste hanno trovato spazio nei diversi articoli a sfondo genealogico, in quelli sui rimaneggiamenti brasiliani, o nel più recente a proposito dell'evoluzione di Rockerduck, ma per altre non ho mai individuato una collocazione adatta; per tale motivo, ho deciso di redigere oggi un post contenitore per raccogliere (a mo' di elenco) informazioni sparse, recuperate consultando centinaia di albi statunitensi del passato. Purtroppo, pur trattandosi di storie con vari decenni di età, la maggior parte di esse è stata ristampata solamente una o due volte nel nostro paese (e nemmeno di recente).

  • In Paperino e i ladri di bestiame (?/Murry, 1951), il palazzo di Paperon de' Paperoni risulta essere situato nella cittadina di Sanifornia, in Califrisco;
  • Anche in Paperino fotografo (Gregory/Strobl, 1960), la città natale di Paperone è chiamata Cheapside e si trova in Scozia;
  • In Paperino dà lustro al clan (Lockman/Strobl, 1967), Paperone compare al fianco di due paperi misteriosi chiamati "gli anziani del clan dei Paperi" ("the elders of the Duck Clan" nella versione originale);
  • In Burle tra i ranghi (Lockman/Strobl, 1968), i nomi dei Bassottini sono Snitty, Bitty e Fitty;
  • In Qui, Quo, Qua a caccia di buone azioni (Gregory, 1974), la città natale di Paperone (che si trova sempre in Scozia) è chiamata invece Pinchpenny, e Paperone afferma di avere trascorso la sua gioventù in una sorta di collegio chiamato "Pinchpenny Boys Home";
  • In Zio Paperone e la sindrome da sabbia (Lockman/Alvarado, 1979), Paperone ricorda uno zio Sourdough (il cognome non è rivelato), che diventò ricco facendo il minatore d'oro nel 1849;
  • In Zio Paperone e le grandi scuse (Gregory, 1980), Paperone apprende che metà del terreno su cui sorge il suo deposito apparteneva a un certo Jason Duck, nonno di Paperina;

© Disney per le immagini pubblicate.